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mercoledì 23 gennaio 2013

Una pagina per il Giorno della Memoria




A Fidenza due eventi


Il 25 gennaio alle ore 17.30 si terrà un consiglio comunale straordinario al Centro Giovanile

Il 27 gennaio alle 11.00 a Casa Cremonini incontro con gli autori Bettelli e Gennazzano

Fidenza, 17 gennaio 2013 – Fidenza celebra il Giorno della Memoria per ricordare lo sterminio del popolo ebraico con due appuntamenti.
Venerdì 25 gennaio alle ore 17.30 il consiglio comunale si riunirà in una seduta straordinaria al Centro giovanile di via Mazzini.
Le celebrazioni si apriranno con il saluto del presidente del consiglio comunale,Francesca Gambarini, e del sindaco Mario Cantini. Seguirà lo spettacolo teatrale “La notte” di Elie Wiesel, realizzato da Franco Tanzi con le scuole secondarie di primo grado di Fidenza. Lo spettacolo - ispirato a “La notte”, il romanzo autobiografico di Elie Wiesel, che racconta l’esperienza dell’autore nei lager nazisti – presenterà una nuova elaborazione e nuove installazioni rispetto al 2012.

Il 27 gennaio alle ore 11.00 a Casa Cremonini il Giorno della memoria sarà celebrato con “Ebrei ieri e oggi – Un popolo perseguitato. Una religione proibita”: incontro con Francesca Bettelli, autrice di “La fabbrica dei fantasmi” e Robert Gennazzaro, autore di “Tredici milioni. Prognosi riservata della comunità ebraica”. Nel corso dell’evento avverrà un collegamento radio con la trasmissione culturale “Carta vetrata”.

“La fabbrica dei fantasmi”, di Francesca Bettelli, è un racconto di taglio teatrale, dove si immagina un cineoperatore americano che, chiamato a filmare l’apertura dei lager per l’esercito Usa, si dedica a raccogliere le giustificazioni dei cittadini che hanno convissuto con l’abominio dell’Olocausto.

Tredici milioni. Prognosi riservata della comunità ebraica”, di Robert Gennazzaro (alias di Piero Di Nepi), è uno sguardo dall’interno, disincantato, perfino impietoso, sulla più antica minoranza mondiale, che vede in una certa riappropriazione di se stessi e delle proprie radici dei nuovi muri, dove le pietre e i mattoni non ci sono più, ma gli effetti sono ugualmente nefasti.

LA GAZZETTA DI PARMA su: “La fabbrica dei fantasmi”, di Francesca Bettelli (Gaffi editore)
Otto persone. Tutte senza nome. Ma in una tragedia così immane le individualità non hanno più importanza. Perciò la vecchia, il padre, il fratello, la sorella, l’ufficiale tedesco, il colluso, l’amico, il rosso, sono un’umanità non più sull’orlo dell’abisso, ma ormai sul fondo di quell’abisso, nella Germania anno zero, quando i soldati statunitensi spalancano al mondo l’insopportabile verità sui campi di sterminio. Nemmeno il paese in cui i personaggi si muovono ha un nome. Si sa soltanto che vive intorno a una cupa, misteriosa «fabbrica», uno stabilimento che ha portato un’inattesa prosperità alle famiglie. E questo nonostante in produzione ci sia l’orrore. E` quello che si dice un pugno allo stomaco «La fabbrica dei fantasmi» di Francesca Bettelli, autrice che esibisce uno stile disidratato e folgorante, dalla punteggiatura diluitissima, di grande efficacia nell’enfatizzare la potenza del soliloquio desolato e annientato, perfetta per focalizzare dettagli atroci che valgono per l’abominio dell’Olocausto nella sua sconvolgente interezza. Da una parte c’è la quotidianità ottusamente serena di una famiglia, ariana, inconsapevole o autoanestetizzata, dall’altra il disperato nulla di un’altra famiglia, ebrea, che aveva tutto e adesso semplicemente non esiste più dopo avere attraversato il martirio. E così, nel nucleo ariano, «la figlia» sogna il matrimonio con l’algido ufficiale, la «vecchia» prepara solerte il corredo, «il vecchio» non dice nulla ma sa già che le nozze non ci saranno, mentre l`assassinio di massa procede nella catena di montaggio perfettamente oliata dal delirio nazista e in piena funzione a pochi passi dalla loro casa e dalle case degli altrettanto ignari vicini, tutti ciechi nonostante la fuliggine della morte vada ricoprendo le loro abitazioni, le loro strade, i loro abiti, le loro vite. Il «ragazzo», dopo avere scorto la mano inerte di un bambino spuntare da un vagone in arrivo nello stabilimento, è l’unico a intuire che perlomeno qualcosa di strano c’è, anche se troppo in fretta rinuncia a farsi domande sul perché l’«amico» e la sua bella e benestante famiglia siano spariti di punto in bianco dal paese. E alla fine - fisicamente o umanamente nessuno si salverà. Sui campi di concentramento è stato scritto quasi tutto, ma questa opera della Bettelli rimette in azione con inedita crudezza da reportage gli spietati riflettori del dolore sulle pagine più nere della storia dell’umanità.

SHALOM su: “Tredici milioni, prognosi riservata della comunità ebraica” di Robert Gennazzano (Gaffi editore)


Il titolo è inequivocabile - “13 milioni, prognosi riservata della comunità ebraica” (Gaffi editore) quanto le conclusioni: “pochi se ne rendono conto davvero - scrive lucidamente Robert Gennazzano, pseudonimo di uno dei personaggi noti della comunità ebraica romana - ma l’ebraismo diasporico ha ormai qualcosa di molto importante in comune con gli orsacchiotti più famosi del mondo, i placidi panda (…) tra qualche decennio la comunità oggi più a rischio potrebbero non esistere più”. | Amaro, impietoso e scomodo almeno quanto è drammaticamente autentico “13 milioni” si legge con facilità ma è un libro difficile: ventidue capitoletti rapidi e densi che analizzano non la demografia, liquidata in una pagina di dati iniziali, ma i nodi dell’identità ebraica contemporanea tessendo continui rimandi non solo all’interno degli eventi ebraici del secondo dopoguerra ma anche alle più grandi vicende della storia collettiva in uno sforzo costante di uscire di uscire da quel provincialismo che spesso è uno dei tratti salienti della riflessione ebraica italiana. Difficile, appunto, delinearne un tracciato lineare, è più semplice (per quanto rischioso togliendole dal contesto di una scrittura sarcastica e complessa) proporre alcune citazioni traendole da centoquaranta pagine pirotecniche e intellettualmente irritanti: “Imprevedibile. Gli ebrei d’Italia e d’Europa sembrano felici di tornare in quegli stessi antichi quartieri, talvolta ricostruiti da specialisti, nei quali una storia di esclusioni e intolleranze li aveva isolati per secoli. Se e quando possono acquistano a caro prezzo appartamenti e immobili, come pregiati uccelli di voliera desiderosi di rinchiudersi nuovamente timorosi della libertà. È un tornare in gabbia fingendo di restarne fuori”. E ancora: “sono andate scomparendo perfino le tracce di quell’individuo davvero molto speciale che era ‘l’ebreo sul confine’. E cioè l’ebreo che in solitudine definiva il perpetuarsi di una condizione ebraica creativa e contraddittoria che ha fecondato per secoli la storia dell’Occidente e dell’Oriente. Paradossalmente, nell’ebraismo anche gli eretici hanno aiutato la continuità di quella stessa tradizione che il chassid, l’osservante, garantisce da sempre con la più scrupolosa fedeltà”. | Nel capitolo “Traditional owners - proprietari per tradizione”, si legge: “Quel certo grado di separatezza che le collettività ebraiche intendono conservare deve essere funzionale alla conservazione della differenza… Il virus dell’ebraismo modernamente autoreferenziale va invece diffondendosi. È un virus del tutto artificiale e nuovo, che sembra spingere l’ebreo a stare con l’ebreo, a non prendersi le misure con l’aiuto dell’altro sé”. | L’elenco delle questioni che “13 milioni” affronta si allarga nell’orizzonte temporale e, a proposito del 1967 - la guerra dei sei giorni  per Israele, momento di un mutamento esistenziale per l’ebraismo diasporico - racconta: “Era finito il patto di mutua assistenza con la sinistra europea, nella condivisione del ricordo della resistenza al nazifascismo e della sanguinosa epopea della seconda guerra mondiale”, mentre Roma era “probabilmente la città più sonnolenta del pianeta e c’era chi trascorreva le proprie domeniche a Fiumicino per vedere decolli e atterraggi dei jet…”. | Che in Medio Oriente Israele sia “il vero lupo” a scapito del “povero agnello” è una fiaba moderna, invenzione di allora che sopravvive ancora oggi. Da qualche anno questa e altre banalità sono entrate a far parte, a pieno titolo, del grande repertorio di ciò che chiamiamo ”stupidità di sinistra”, ovviamente la più dannosa e pericolosa”. Per aggiungere alcune pagine oltre: “in Europa, e qui in Italia, il solo visibile risultato degli eventi mediorientali  del ’67 fu che al ’68 mancarono alcune migliaia di militanti ebrei”. | Ma le riflessioni di ’13 milioni’, inquietante copertina nera nel quale campeggia un maghen david ovviamente giallo, spaziano dalla scuola ebraica alla memoria della Shoah, dalla resistenza europea al potere dei petrodollari, in un panorama ancora lontano dalla conclusione: una boccata di ossigeno per i lettori e l’ironica preoccupazione di Robert Gennazzano che, per i lettori di Shalom scioglie lo pseudonimo: Piero Di Nepi, protagonista di decenni di vita ebraica, professore e vicepreside della scuola ebraica capitolina, ora in pensione e inarrestabile.






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