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mercoledì 5 marzo 2014

La recensione di Franco Bifani al Film di Sorrentino "La Grand Bellezza"

La Grande Bellezza
Immagine da Il Messaggero

La Grande Illusione

Ho seguito, rapito, ieri, in TV -dove credo che renda, senza alcun dubbio, molto meno che sul grande schermo- il film di Sorrentino, La Grande Bellezza; titolo che, secondo me, non si riferisce a Roma, ma all'Illusione, tout court, in ogni senso, in ogni settore, dell'esistenza umana, pubblica e privata. Roma fa solo da sfondo scenografico, in un nesso, etico, fisico e iconico, coerente ed irrinunciabile.

Roma deconcentra, tutto e tutti, come confessa Jep, distesa, mollemente, sui suoi colli, sorniona, infingarda, ammiccante, stuzzicante, come la Ferilli, adagiata, seminuda, sul letto, accanto a Servillo, dove non avevano fatto l'amore, ed era stato bello; perché Roma, grande cortigiana d'er monno infame, si concede a tutti e a nessuno, da quasi tre millenni. 
Servillo vi si aggira, disincantato e scettico, icona vivente del contrasto al divieto di fumare, con quel suo napoletano strascicato, liquefatto, da quartieri alti partenopei, svelando altarini, a tutti noti, dissolvendo e corrodendo ipocrisie decennali, sue  proprie e del prossimo, con quel suo sorriso sornione.
Ad ogni passo, Sorrentino semina simboli, accenna misteri, lancia ermetismi, propone soluzioni aperte ad una pluralità di intendimenti, di sbocchi e di scelte, forse tanto chiari da parere sempre oscuri e criptati.  Roma può ancora apparire bella solo a quel turista nipponico, che pare morirne, schiantato dal suo fulgore immortale; ma solo forse, poteva essere solo una coincidenza fatale.  
Roma è un mare magnum, sempre pronto ad inghiottire, anche se apparentemente in calma piatta, i naufraghi che popolano il film; è quello stesso mare sornione, ceruleo e ed apparentemente fisso, dipinto sul soffitto della camera da letto di Jep.  
I personaggi tutti vagano sospesi in un vuoto etico, fisico e psichico, mediocri sia nel Bene che nel Male, né angeli, né demoni, ominicchi ignavi, quaquaraquà, come diceva, sprezzante, Don Mariano, ne  “Il giorno della civetta”.
Ho trovato inquietante, quasi sinistra e demoniaca, la figura di quella vecchia santa, ultracentenaria, e miserabile il monsignore, che non sa parlare che di arte culinaria. 
Ma, forse, è un suo modo di esorcizzare l'esorcista che era stato, un tempo; la fede lo ha terrorizzato e lo fa rabbrividire ancora.  Eppure, sono costui e la suora semi-mummificata, insieme al ricordo dell'amore perduto dei suoi diciotto anni, quelli che fanno scattare ancora, in Jep, un'ultima scintilla di ribellione  e di riscatto dal gorgo vasto in cui stava affondando, sono loro l'appiglio estremo per cavarsi fuori da quella morta gora puteolente.  
E Jep riesce persino, dopo averne scrostato e demolito le vane e caduche incrostazioni, da snob e da radical-chic intellettualoide, ad operare un miracolo di redenzione sulla povera autoillusa Stefania. 
Il film, che tutto pare tranne che tale, tanto ti prende dentro, segue un suo visionario ritmo onirico, come tutti i racconti di Sorrentino, veri, ma falsi, come la vita stessa, e sfugge, ad una prima visione, ad ogni precisa definizione; ed è per questo che mi è piaciuto, che mi ha riempito i vuoti che avevo e che sempre avrò ancora, come ogni misera creatura umana.  
Non è un film, è un puzzle di tante vite, tutte appese, per un filo sottile, ad un ramoscello scheletrico, tremanti foglioline caduche, come in quella poesia, breve ed intensa, di Ungaretti.  
Ho notato che un critico cinematografico, che io amo sopra ogni altro, Paolo Mereghetti, non cita, tra i migliori attori, Verdone e la Ferilli, e non riesco a dargli torto. Forse per il medesimo motivo  i due non sono stati invitati, ad Hollywood, e, al posto loro, sono stati convocati Letta e Rossella? 
Ad altri critici l'ardua sentenza.
Franco Bifani


2 commenti:

  1. Raffinatissima critica, prof Bifani. Ho capito più cose leggendo la tua recensione che non guardando il film. Grazie.

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  2. Lady Clary e Madonna Claretta, la tua approvazione mi illumina d'immenso! Sto volando per la mia magione ad un metro da terra, devo stare attento a non dare una capocciata nel soffitto; ciao, piccola grande donna, Sibilla ed Oracolo mio.

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