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venerdì 24 aprile 2015

La Resistenza e gli Internati Militari Italiani

Copertina della rivista dell'ANPI del 1996 in cui
troviamo riprodotto un quadro di Ettore Ponzi
La verità non si insegna; bisogna scoprirla, conquistarla. Pensare, farsi una coscienza. Non cercare uno che pensi per voi, che vi insegni come dovete essere liberi. Qui si vedono gli effetti: dagli effetti risalire alle cause, individuare il male. Strapparsi dalla massa, dal pensiero collettivo, come una pietra dall’acciottolato, ritrovare in se stessi l’individuo, la coscienza personale. Impostare il problema morale. Domani, appena toccherete col piede la vostra terra, troverete uno che vi insegnerà la verità, poi un secondo che vorrà insegnarvela, poi un quarto, un quinto che vorranno tutti insegnarvi la verità in termini diversi, spesso contrastanti. Bisogna prepararsi qui, ‘liberarsi’ qui in prigionia, per non rimanere prigionieri del primo che v’aspetta alla stazione, o del secondo o del terzo. Ma passare ogni parola loro al vaglio della propria coscienza e, dalle individuate falsità d’ognuno, scoprire la verità” G. Guareschi, Diario clandestino, 158-159
Quello che Giovannino prevedeva puntualmente si è verificato, per quaranta e più anni dalla fine della II Guerra Mondiale e della Guerra Civile sugli Internati Militari Italiani non si è parlato. 
Per denotarne un possibile legame tra internamento e resistenza sono state coniate definizioni riduttive quali: resistenza “passiva”, “disarmata”, “senz’armi”, “bianca”, “di sopravvivenza”, “altra”. 
Esemplare il caso del termine “l’altra resistenza” coniato dell’ex-I.M.I. di Wietzendorf,  Alessandro Natta, segretario generale del P.C.I. dal 1984 al 1988. Nel 1954 infatti Natta titolò "L'altra resistenza" un libro sull’internamento, ma si dovette attendere il 1997 per veder pubblicato questo libro oggi disponibile anche on-line. 
Era per il vecchio PCI un libro proibito, d'altra parte la censura comunista e delle associazioni collaterali colpì in modo diverso ma efficace altre testimonianze. Basterà ricordare la testimonianza del padre dei Fratelli Cervi che solo recentemente è stata pubblicata senza le manomissioni strumentali cui era stata sottoposta.
Ma si andò allora ben oltre creando un clima ostile verso i Reduci che dall'agosto 1945 cominciarono a ritornare in patria. 
Clima ostile, episodi incresciosi, anche qui da noi a Fidenza che, se non bastasse la nostra memoria, ce lo ricorda questo articolo datato 15 settembre 1945. 

Chi volesse approfondire la vicenda degli IMI suggerisco l'ottimo studio pubblicato dal sito reggiano "Inventori di strade" dell'omologa associazione culturale. 

1 commento:

  1. I poveri IMI furono bistrattati dai trinariciuti ignoranti di allora, che li consideravano fascisti, ma non furono certo ben accolti nemmeno dalla Chiesa. tant'è che i principale criminali nazisti riuscirono a fuggir in Meedioriente o in Sudamerica, grazie al solerte ed alacre intervento di alti papaveri vaticani. come ad esempio, mons .Baldelli, che, da Genova, si dava da fare per far transitare oltreoceano i peggiori assassini della storia: Mengele, , Eichmann, Rauff, Ferenc Vajta,Brunner, Wagner. Ma si sa, Deus Caritas est! E i nemici erano comuni, per i nazisti come per il Vaticano: Stalin e gli ebrei.

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