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lunedì 18 luglio 2016

I Fiori del Male

"Dovremmo introdurre, nel processo di globalizzazione, uno scorcio di futuro per chi non ne vede, alle condizioni imposte da noi occidentali."


I Fiori del Male

Qualcuno ha paragonato questo terrorismo a quello che insanguinò l’Italia, negli anni '70, ma è un paragone totalmente sbagliato. Quei terroristi conoscevano il nome e l’indirizzo delle loro vittime; avevano ripudiato un passato e si proponevano un futuro, un’ideologia, un assetto diverso della società. I terroristi di oggi non si propongono alcun futuro e non hanno alcun passato sociale e politico da ricordare. Vivono soltanto un presente e alcuni di loro vagheggiano un Aldilà, dove un Allah soddisfi i loro desideri - così si espresse Eugenio Scalfari.

Nessun brigatista rosso, infatti, è mai arrivato a compiere infamità simili a quelle che compiono oggi i terroristi islamici. Le BR non hanno mai colpito dei bambini, come ha fatto chi, a Nizza, ne ha schiacciati a decine. Il brigatista non pensava di compiacere Dio. Persino i fanatici kamikaze giapponesi si scagliavano, come un “Vento divino”, su bersagli militari, ma non su folle di innocenti inermi. I terroristi islamici sono convinti, invece, che il loro Dio premii chi  sgozza o fa  a pezzi degli innocenti.
Da quel fatale 11 settembre, il messaggio dei terroristi è questo: “D'ora in avanti, saprete quanto è implacabile il nostro odio contro di voi!” Essi dispongono di un’arma micidiale: la loro propria morte. Essi travalicano tutti i mezzi moderni di distruzione con quest’arma altamente simbolica ed hanno introdotto nella giornata di noi occidentali l'angoscia dell'Imprevedibile.
I terroristi sanno di dover morire, ma compiono comunque il loro atto, abbattendo tutte le nostre difese, convinti, come siamo, che anche il nemico sia fornito dell'istinto di sopravvivenza. Il terrorista non teme la Morte, perché non ha nulla per cui vivere.
Oggi in Occidente, dove impera l'ipocrisia del "politicamente corretto", non si vuole riconoscere che il terrorismo islamico abbia una matrice religiosa. Non sono la povertà e la disperazione a muovere i kamikaze; il “camionista” di Nizza aveva un lavoro e una casa; gli assassini, che, in Bangladesh, hanno sgozzato chi non conosceva il Corano, erano ricchi.
Il mondo islamico “moderato” deve cominciare a prendere le distanze dai terroristi, a isolarli, a denunciarli. Finora si è comportato come quella sinistra, che chiamava i brigatisti «compagni che sbagliano».
Quando il culto sostituisce la cultura, inizia il fanatismo - aveva detto Benigni.
Ma, fin dall’inizio gli uomini hanno usato il nome di Dio per perpetrare il Male  entusiasticamente, in una follia religiosa, cupa e cieca, anche se poi tutti i fanatici si ritengono in buona fede.
Il fanatismo è cieco e sordo, e una volta che abbia incancrenito il cervello, è incurabile.
E non esiste il  profilo di un attentatore suicida, esso appartiene a qualsiasi ceto, censo, età e sesso.
La vera guerra al terrorismo, comunque,  non si conduce devastando  le città e i villaggi dell’Iraq, della Siria o dell’Afghanistan, ma cancellando i debiti dei Paesi poveri, aprendo i nostri mercati ai loro prodotti, finanziando l’istruzione. Dovremmo introdurre, nel processo di globalizzazione, uno scorcio di futuro per chi non ne vede, alle condizioni imposte da noi occidentali.

Franco Bifani

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