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domenica 1 gennaio 2017

"I Magi: tradizioni, arte e storia" di Fausto Negri

I MAGI:
TRADIZIONI, ARTE E STORIA

Le prime immagini che i pellegrini vedono giungendo davanti al Duomo, in due bassorilievi posti sulla torre del Folletto, sono i Magi che fuggono dal re Erode.
Poiché tutto è simmetrico nella facciata, si può supporre che nel progetto iniziale fosse stata prevista una terza formella (la strage degli innocenti?), così da formare una fascia parallela a quella che si trova nella torre del Trabucco. Essendo venuto meno questo terzo bassorilievo, quello dei Magi è forse stato posto in posizione più elevata rispetto a quello del Re Erode per meglio simularne la fuga.


I MAGI
L’evangelista Matteo è l’unico che riporta il racconto dei magi, ma non ne specifica né il numero né il nome. Di essi dice solamente che venivano dall’Oriente.
Essi vengono chiamati Magi non perché fossero dei maghi, ma per la loro grande competenza nel campo dell’astrologia. In Erodoto la parola ‘magoi’ era associata a personaggi dell’aristocrazia della Media e, in particolare, ai sacerdoti astronomi della religione di Zoroastro, quindi di origine persiana.
Essi, nella tradizione cristiana, diventano poi tre in riferimento ai tre doni che portano al Bambino Gesù. Tertulliano, nel II secolo, concede loro la qualifica di re, poiché la festa dell’Epifania nella liturgia cristiana è collegata al Salmo 72 che, parlando del Messia-Re, afferma: “Il re di Tarsis e delle isole porteranno offerte, i re degli Arabi e di Saba offriranno tributi. A lui tutti i re si prostreranno, lo serviranno tutte le nazioni” (vv.10-11).

Una leggenda armena, infine, riferisce i loro nomi, che sono incisi nel nostro duomo a lettere capitali sia sulla formella della torre che su quella dell’adorazione a lato del portale centrale:
- Gaspare ha origine persiana e significa “stimabile maestro”.
- Baldassarre dall’ebraico “Belsha’zar”, adattamento dell’assiro-babilonese “Belshar-uzur”, e significa “Dio proteggi il re”.
- Melchiorre è un nome di origine ebraica, deriva da Melki’or e vuol dire “il mio re è luce”.
Nel bassorilievo della torre i Magi son raffigurati a cavallo, con le corone in testa, mentre fuggono dalla reggia di Erode. La scena è ricca di movimento, con i destrieri al galoppo che calpestano l’erba. Dietro di loro, nell’angolo a sinistra di chi guarda, la stella che li ha guidati (oggi quasi interamente scomparsa).

L’adorazione
 

In alto alla sinistra del protiro centrale viene rappresentata la conclusione del viaggio dei Magi. I tre, procedendo da sinistra verso destra rendono omaggio al Bambino benedicente (Matteo 2,11) seduto sulle ginocchia della Madre in maestà. 
Attraverso i loro volti – così come nella torre - vengono rappresentate simbolicamente le tre età dell’uomo. Melchiorre, l’uomo anziano, è ritratto di profilo mentre offre oro con le mani nascoste del mantello in segno di rispetto; è già quasi inginocchiato, come per dare l’esempio agli altri due. Baldassare, ritratto in posizione frontale con la mano sinistra ad indicare il fine del viaggio, è l’uomo maturo che porta incenso con la destra. Gaspare, che offre mirra, rappresenta l’età giovanile.
I loro piedi calpestano l’erba, simbolo del lungo viaggio compiuto.


Offrirono i loro doni
Sant’Ireneo di Lione, nel II secolo d.C., interpreta i doni dei Magi in riferimento a Cristo: “La mirra, perché in quanto uomo era destinato a morire ed essere sepolto; l’oro, poiché era il re, il cui regno non avrà fine; e l’incenso, poiché era Dio, che si è fatto conoscere in Giudea”.
I tre doni possono anche essere il simbolo del “tesoro” che i Magi hanno nel cuore. Così l’oro, ricchezza visibile, rappresenta ciò che uno ha; l’incenso, che sale in alto come profumo, raffigura ciò che uno desidera; la mirra, unguento che cura le ferite, simboleggia ciò che uno è con i suoi limiti. La regalità, la divinità, la mortalità dell’essere umano (le cose, le aspirazioni, le fragilità) vengono poste ai piedi del Dio-Bambino. Qui si compie il cammino!

Modelli dei pellegrini
I Magi sono presentati ai pellegrini come modelli da imitare. Il loro percorso diventa il simbolo del viaggio spirituale dell’uomo. I loro occhi vedono una luminosa congiunzione di astri: l’avvicinamento di Giove (re dei pianeti) a Saturno (il pianeta protettore di Israele), avvenuto nella costellazione dei Pesci (l’inizio di un’epoca di pace). Le loro menti interpretano ciò che i segni del cielo rivelano: In Israele sta nascendo un re che porterà giustizia e pace nel mondo. I loro piedi si mettono in cammino. Con la bocca domandano («Dov’è il re dei Giudei che è nato?») e con orecchie ben attente ascoltano la risposta (“E tu Betlemme non sei la più piccola delle città di Giuda. Perché da te nascerà il Messia-re”). Il loro cuore gioisce al rivedere la stella (ora hanno capito la direzione da prendere). Le loro ginocchia si piegano per adorare il Bambino. Le loro mani si aprono per offrire doni. “Per un’altra strada” fanno ritorno alle loro occupazioni quotidiane. L’incontro col Bambino Gesù li ha profondamente cambiati.
Razionali ed acculturati, li sentiamo a noi più vicini che non i pastori. Si può allora riconoscere nei Magi la figura di ogni onesto cercatore di Dio, mosso dal bisogno radicale, di cui si fa voce Sant’Agostino all’inizio delle sue Confessioni: “Ci hai fatto per Te ed inquieto è il nostro cuore finché non riposi in Te” (I, 1).

Un po’ di storia
Non possiamo qui ripercorrere l’importanza dei Magi nella storia e nella tradizione del cristianesimo. Ci basta citare due fatti:
- Quando la Palestina fu occupata nel 614 d.C., i Persiani distrussero quasi tutte le chiese cristiane; risparmiarono però la Basilica della Natività di Betlemme perché sulla facciata vi era un mosaico raffigurante i Magi vestiti con l’abito tradizionale persiano.
- Marco Polo afferma di aver visitato le tombe dei Magi nella città di Saba, a sud di Teheran, intorno al 1270 (Il Milione, cap. 30).
A noi, però, interessa quella parte di storia della seconda metà del XII° secolo che riguarda Federico Barbarossa. Nel 1162 l’Imperatore assediò e distrusse Milano. Nello stesso anno riconfermò i privilegi dati a Borgo da Carlo Magno e nominò Marco arciprete del Duomo. Questi si rivelò un grande costruttore (probabilmente la bottega dell’Antelami arriva durante il suo mandato); ha avuto però il torto di non essere stato nominato dalle gerarchie ecclesiastiche, perciò venne rimosso dopo essere stato bollato dal papa Celestino III come “intrusum atque scismaticum”.
Ritorniamo al Barbarossa: la permanenza a Milano delle reliquie dei tre Re durò fino al 1164, anno in cui l’imperatore volle ulteriormente punire e umiliare la città privandola dei santi cimeli. 
L’imperatore dette ordine al suo cancelliere Rainaldo di Dassel di trasportare in Germania le sante reliquie dei Magi, custodite nella chiesa diSant’Eustorgio, e di collocarle nella cattedrale di S. Pietro della città di Colonia, di cui Rainaldo era vescovo. All’imperatore non premeva solo il possesso delle reliquie, ma stava a cuore soprattutto nobilitare le sue terre di origine con la presenza di un sicuro richiamo devozionale e indirettamente legittimare la sua autorità con il controllo diretto sulla chiesa in cui erano conservati i corpi dei primi santi re della cristianità.
 
Le reliquie vennero nascoste in pezze di stoffa e trasportate a cavallo. Il percorso compiuto da Rainaldo oggi è pressoché certo: Pavia - Vercelli (da cui il cancelliere scrisse una lettera in cui si accenna alla traslazione) - Val di Susa - la Savoia – Chambery – Vienne (città vicino a Lione, dove il vescovo di Colonia partecipò ad un locale concilio) - Borgogna – Besançon - terre alsaziane dove il Reno offriva una comoda via d’acqua fino a Colonia. Qui furono poste in una preziosa e imponente urna.

 [I milanesi – che non hanno mai riavuto le reliquie - ricordarono per lungo tempo i Magi con processioni e con sacre rappresentazioni, ma ben presto cominciarono anche a percorrere la strada da Milano a Colonia per andare a ritrovare le loro perdute reliquie, inaugurando così una via di pellegrinaggio che fu nota come “il viaggio dei Re Magi”. Per brevità di percorso questa via non seguiva i tortuosi itinerari di Rainaldo di Dassel, ma attraverso il S. Gottardo, il S. Bernardino o lo Spluga, dopo aver oltrepassato i cantoni della Svizzera centrale e la Foresta Nera, puntava direttamente sulla valle del Reno e su Colonia].

Federico Barbarossa, in base al diritto romano portato avanti dai giuristi di Bologna, intendeva che i vari re dell’impero fossero vassalli dell’imperatore. Li fece chiamare “regulum provinciarum” (piccoli re delle provincie). Il re d’Inghilterra e di Francia, di Castiglia e d’Aragona, in questa visione diventavano re subordinati al “re dei re”. Chiaramente non accettarono questa egemonia.
Federico compì allora dei gesti di carattere simbolico: dai vescovi da lui eletti, nel 1165 fece proclamare santo Carlo Magno, di cui si riteneva successore e fece canonizzare anche i re Magi. Abilissima mossa politica.
Il culto dei Magi diventò un culto civile: essi diventarono i simboli dei re subordinati che, se volevano sembrare uomini giusti, dovevano riconoscere la legittimità dell’Imperatore. I re del tempo del Barbarossa stanno al Barbarossa, come i re magi stanno al Re dei re, Cristo. Il culto dei Magi diventò così il momento centrale di questa teologia imperiale. 
La tomba di Carlo Magno nel duomo di Aquisgrana, e l’urna con le reliquie dei Magi a Colonia divennero centri di un pellegrinaggio e di sacralità. Naturalmente, la Chiesa ufficiale guidata da Alessandro III non riconobbe queste canonizzazioni.
Nel nostro duomo, a parte Maria (raffigurata sette volte) e suo figlio Gesù, tutti gli altri personaggi sono rappresentati in facciata una volta sola. I tre Magi, invece, sono raffigurati ben due volte, in lastre poste in punti significativi e importanti della facciata. Sono solo modelli per i pellegrini, o c’è anche il desiderio di evidenziare l’obbedienza all’Imperatore e la fede ghibellina di Borgo, mai venuta meno nella storia di quel periodo?

Un misterioso personaggio


Alla sommità della porta di sinistra è posto Giovanni Pallavicino, al quale il Barbarossa aveva affidato i feudi che si estendevano dall’Appennino al Po (grosso modo il territorio dell’attuale Diocesi di Fidenza). Nelle lastre laterali di questo acroterio, sono scolpiti due cavalieri che suonano l’olifante. Ma in quella di sinistra compare un misterioso personaggio dalla folta capigliatura e dalla lunga barba. Per vari esperti dovrebbe trattarsi de “l’Antico dei giorni” (Dio stesso) visto dal profeta Daniele durante una visione (Cfr. Daniele 7,9ss.). Probabilmente è così ma, se avesse avuto la barba colorata di rosso, sarebbe certamente identificabile con Federico Barbarossa. Sappiamo che varie statue e bassorilievi della facciata erano colorate (i leoni, ad esempio). Si spera che gli attuali restauratori, una volta terminata la loro opera, sappiano dirci quali tracce di colore hanno trovato sui bassorilievi della facciata: le loro informazioni potrebbero rappresentare un ulteriore passo in avanti nella comprensione dei bassorilievi della facciata.

Per finire: cosa c’entra la Befana con l’Epifania?
Probabilmente il disguido nasce dall’assonanza tra i due termini. La parola greca ‘epifania’, però, significa ‘manifestazione divina, apparizione’: in questo caso, quella di Cristo Signore a tutti i popoli.
Esiste però una tradizione che ci rimanda ad una leggenda secondo la quale i Magi, diretti a Betlemme con i doni, non riuscendo a trovare la strada, chiesero informazioni ad un’anziana signora. Questa, nonostante le loro insistenze affinché li seguisse per far visita al bambino, non si mosse. Salvo poi pentirsi del suo rifiuto. Per questo preparò un cesto di dolci, uscì e cercò i re Magi. Ma non li trovò. A quel punto decise che si sarebbe fermata a ogni casa lungo il suo cammino, donando qualcosa ai bimbi, sperando che uno di essi fosse Gesù. Da allora porta regali a tutti i piccoli.
Buona Epifania!
Buona Befana!
Fausto Negri

P.S. “I bambini sono grati alla Befana che mette nelle loro calze doni di giocattoli e dolci. Posso io non esser grato a Dio che mi mette ogni giorno nelle calze il dono di due meravigliose gambe?” (Gilbert Chesterton).


11 commenti:

  1. E' lodevole trasmettere tutte queste interessanti notizie che arricchiscono la nostra cultura e spiegandone il significato, ci fanno amare ancora di più il nostro bel duomo.

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  2. La vicenda dei Re Magi, così come quella della Natività e della Strage degli innocenti ed altre ancora sono narrate però solo nel Vangelo di Matteo, la cui preoccupazione era soprattutto quella di confrontare ed evidenziare le profezie bibliche con le vicende esistenziali di Cristo, per gli ebrei cristiani. La visita dei Re Magi, della cui veridicità molti dubitano, serviva ad esaltare la regalità di Cristo, fin da neonato. Anche la faccenda della stella che guidava i Re Magi, il cui numero rimane ignoto, non trova corrispondenza con fenomeni celesti dell'epoca. Al Vangelo dil Matteo fa difetto la sinopsi con gli altri tre; è scritto in un modo molto semplice, per cui la sua lettura era ed è adatta anche ai fedeli di cultura inferiore.

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  3. E' cultura anche conoscere il modo di tramandare dei racconti da parte di persone semplici, che hanno influito su tutta l'arte del passato: gli dei pagani, la religione cristiana, le guerre. Senza i loro racconti non ci sarebbero il Partenone, l'Iliade, l'Orlando Furioso, gli affreschi, e chi più ne ha, più ne metta...

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  4. La bibliografia sui Vangeli in generale, e ancor più quella sui Vangeli dell'infanzia di Gesù, è sterminata. Ancora oggi gli studiosi si dibattono tra opinioni differenti. Alcune conclusioni, però, sono accettate da tutti:
    - I Vangeli sono un genere letterario pressoché unico.
    - I Vangeli dell'infanzia, in particolare, non sono paragonabili a resoconti di cronaca. Il loro scopo principale è nutrire la fede. Ciò non significa, però, che tutto sia stato inventato.
    - Essi sono un intreccio indissolubile di storia e di interpretazione.
    I Vangeli canonici sono quattro:
    - Il più antico è quello di Marco, il più breve, il più semplice: probabilmente nato dalla predicazione di Pietro. E' il Vangelo del 'catecumeno', di chi si accosta per la prima volta alla figura di Cristo.
    - Il Vangelo di Matteo, invece, si rivolge soprattutto agli ebrei che sono diventati cristiani: per questo la sua preoccupazione principale è di mettere in risalto la continuità tra Antico e Nuovo Testamento. Ripete spesso: "Questo è successo perché si adempisse la Scrittura...". E' il Vangelo del catechista.
    - Il Vangelo di Luca (forse seguace di Paolo) è il vangelo del missionario,scritto per chi non aveva mai sentito parlare di Gesù e per chi non conosceva la Bibbia ebraica. Mette in risalto la bontà e la 'mansuetudine' di Cristo.
    Questi tre Vangeli sono detti 'sinottici', perché si possono accostare tra di loro e leggere quasi parallelamente.
    Il Vangelo di Giovanni, l'ultimo ad essere scritto, è tutta un'altra cosa: il più profondo e mistico...
    Ciò che più mi interessava mettere in risalto nell'articolo, però, è la probabile 'connessione' tra il culto dei Magi abilmente promosso dal Barbarossa a puri fini politici, e l'importanza data ai Magi stessi sulla facciata del nostro duomo: forse, proprio in un luogo sacro e di incontro di pellegrini, la volontà di ribadire l'appoggio di Borgo all'Imperatore.

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  5. La Cultura è sempre un insieme di sapere, di conoscenze, di elaborazioni critiche e di formazione. Ciò vale per l'esperienza di ogni uomo , ma soprattutto per la Storia dell'Umanità. L'evolversi del tempo, delle vicende , è come un fiume che tutto raccoglie e non si arresta mai. Ferma restando quindi la Verità dei testi biblici, la storicità di tanti avvenimenti, la presenza di uomini grandi, ogni momento o persona va inserita in un contesto storico che appunto è erede e testimone di una cultura che tutto raccoglie e fonde insieme.
    Individuare risposte assolute, pertanto, non è possibile. Si mettono in evidenza degli elementi, si fanno supposizioni, si accostano i fatti senza arrivare ad una verità storicamente provata.
    I Magi nel Vangelo arrivano da Oriente, da cui arriva la luce...L' attesa del Salvatore era diffusa in tutto il Vicino e Medio Oriente."Non era dunque né eccezionale, né straordinario che i Magi potessero adorare il Cristo o come uno dei Salvatori o, secondo le leggende cristiane, come il Salvatore finale..."(A. Cattabiani)
    I Magi in fondo che cosa rappresentano? Il viaggio della conoscenza? L'autorevolezza del sapere? L'umiltà del sapiente? Nella "Torre del folletto" sono raffigurati in viaggio da nord a sud come tutti gli altri personaggi, anche Elia va a sud...
    La lettura delle sculture si presta a tante interpretazioni, anche politiche e Borgo nella sua storia passata ha saputo molto spesso giocare le sue carte.

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  6. Credere nell’arrivo d’un Salvatore ha un ruolo importante nelle religioni sia monoteiste che non; ad esempio, gli ebrei aspettano ancora, anche se sempre meno saldamente, l'avvento di un Messia. Gli sciiti aspettano il ritorno del Mahdi e i cristiani il ritorno definitivo di Gesù Cristo, alla fine dei Tempi, anche se poi noi, ora, ignoriamo se ce ne saranno altri, diversi dal nostro.
    Gli induisti aspettano il ritorno di Kalki, il decimo e ultimo Maha Avatara, che ritornerà sul suo cavallo bianco e con la sua spada segnerà la fine dell’epoca di oscurità e corruzione.
    I Buddisti aspettano il ritorno di Buddha che si presenterà in veste di Maitreya.
    Nel Zoroastrismo si aspetta il ritorno di tre Salvatori, Hushedar, Hushedarmah e Saoshyant che arriveranno, uno dopo l’altro, per espandere la giustizia sulla terra.
    Tutte le figure di salvezza e salvatori nelle religioni hanno unico obiettivo, portare la giustizia e sconfiggere l’oscurità, la corruzione e portare i loro fedeli verso la salvezza. Rimane come l'Ultima Spes, nei cuori di tutti gli uomini.
    Pur credendo nella nostra fede, dovremmo, con grande umiltà, riflettere sul fatto che ci sono miliardi di altri esseri umani, non cristiani, convinti che la loro religione sia quella unica, giusta, irripetibile, irrinunciabile. Inoltre, per me, i Vangeli portano messaggi ben diversi da quelli dell'Antico Testamento, universali ed accettabili da qualsiasi popolo, di ogni tempo e luogo, mentre la Bibbia era riservata ad un solo popolo, con un Dio amico unicamente degli ebrei e nemico delle altre genti, collerico, durissimo ed implacabile. Ci sono episodi, nel Vecchio Testamento, che lasciano veramente perplessi, per la loro violenza e per gli elementi di radicato razzismo e di xenofobia nei confronti dei popoli di altra fede e cultura.

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  7. E' tutto vero quanto lei dice, Sig. Bifani.
    Pur essendo ben radicati nella propria fede, occorre rispettare e cercare di capire quanti non sono come noi e non la pensano come noi.
    La linea dettata da Papa Francesco è che "la fede cresce per attrazione, non per proselitismo".
    E' pure vero che la Bella Notizia portata da Gesù di Nazaret è nuova, rivoluzionaria, universale... Non per nulla ha fatto la fine che ha fatto.

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  8. Il dibattito scaturito dallo scrupoloso servizio di Fausto Negri è eccellente e non voglio sminuirlo con le mie opinioni da semplice vernacolista che si è cimentata nella traduzione dei Vangeli. Fausto Negri, è un uomo di profonda fede cristiana, ma, non essendo infilato per il naso, è in grado di valutare dentro e fuori, a dritta e a manca. Voglio solo aggiungere che, i suoi studi sul nostro Duomo, stanno aprendo nuovo orizzonti, che vanno ben oltre la credulità popolare e le superstizioni. Ci sarà di che parlarne.

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  9. Signor Negri, mi sarebbe cosa gradita poterLa conoscere di persona, oltre che sullo schermo del PC; se vuole contattarmi, sono sull'elenco telefonico di Fidenza. Le comunico che non sono eccessivamente mobile, per vari handicaps fisici, quindi, evitiamo incontri eventuali notturni a Lagdei e dintorni.

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    1. Anche a me non piacciono i contatti solo virtuali. Qualcuno ha scritto che "la più avvincente superficie della terra è quella del volto umano". Prciò la contatterò personalmente, al più presto, per un incontro 'faccia a faccia'.

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  10. Dibattito cortese e molto interessante. Complimenti.

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