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domenica 5 novembre 2017

La celebrazione della Festa dell'Unità Nazionale e Giornata delle Forze Armate


Il novantanovesimo anniversario della festa dell'Unità Nazionale e Giornata delle Forze Armate  è stato celebrato domenica 5 novembre. La pioggia persistente ha impedito i previsti cortei, tradizionalmente preceduti dalla Banda "Città di Fidenza". Per lo stesso motivo la partecipazione dei cittadini ai vari momenti  è stata inferiore a quella dei precedenti anni. 


La Messa in suffragio ai Caduti celebrata nella chiesa di San Pietro Apostolo è stata presieduta da canonico Gianemilio Pedroni, Vicario Generale della Diocesi. 
Alla deposizione solenne della corona di alloro al monumento dei Caduti nel parco delle Rimembranze hanno presenziato le maggiori autorità civili e militari. Con lieve anticipo nel Ridotto del  teatro “G. Magnani” il momento di riflessione e memoria è stato aperto con il discorso ufficiale della Prof.ssa Maria Pia Bariggi che, in assenza del Sindaco, ha rappresento l'Amministrazione comunale in tutti i momenti della manifestazione. Era pure presente il Presidente del Consiglio Comunale Cav. Amedeo Tosi.


Nel suo discorso ha ricordato il significato della giornata che, celebrando la fine della Prima Guerra Mondiale, è festa dell'Unità Nazionale e Giornata delle Forze Armate. E' poi stata la volta del Presidente dell’A.N.C.R. locale Comm. Gino Narseti con una ricostruzione dei momenti che nel lontano 1917 hanno portato alla sconfitta di Caporetto. L'enfasi patriottica non poteva mancare ma il messaggio finale di Gino Narseti è stato rivolto a valori che solo la pace tra i popoli può garantire. 


L'incontro ha poi visto la partecipazione degli studenti delle classi IV e V del Liceo Scientifico delle Scienze Applicate "Berenini", Marco C., Zoele Z., Luca F. e Valentina S. accompagnati dalle insegnanti professoresse Nicoletta Fanzini, e Luciana Teroni, assente per indisposizione la prof.ss Beatrice Rebecchi. 
Con letture e richiami, cogliendo l'occasione della ricorrenza del centenario della battaglia di Caporetto, della ritirata militare e dell'esodo dei profughi il messaggio ha compreso testimonianze di scrittori. 
Ecco comunque la traccia dell'intero intervento:                     . 
Chi non conosce la Leggenda del Piave, la canzone simbolo della Prima guerra mondiale? Tutti la conoscono o almeno sanno canticchiare la prima strofa, nella quale il fiume Piave assiste calmo e placido alla marcia baldanzosa dei fanti italiani, che accorrono alla frontiera "per far contro il nemico una barriera". Meno nota risulta la strofa successiva, cupa e dolente.
In questi versi si parla di tradimento, di ira e sgomento, di disonore, di profughi, di sponde violate. L'evento storico rievocato è la rotta di Caporetto, avvenuta all'alba del 24 ottobre del 1917, quando l'esercito italiano fu travolto dalla fanteria austro-tedesca. Quali furono le cause di tale disfatta italiana?
Sono a noi pervenuti i comunicati provenienti dal Comando supremo, firmati dal generale Luigi Cadorna, che fin dall'inizio guidava le operazioni di guerra.
In data 24 ottobre il dispaccio risulta stranamente tranquillizzante:
"L'avversario, con forte concorso di truppe e di mezzi germanici, ha effettuato, a scopo offensivo, il concentramento di numerose forze sulla nostra fronte. L'urto nemico ci trova saldi e ben preparati. Nella scorsa notte l'intensificato tiro su vari tratti della fronte Giulia e un violento bombardamento con largo impiego di proiettili e gas speciali tra il Rombon e la regione settentrionale dell'altopiano di Bainsizza, hanno segnato l'inizio dell'atteso attacco; ma verso l'alba, causa il maltempo, il fuoco nemico è scemato d'intensità. Con esso rallentarono le violente raffiche di risposta delle nostre batterie. Firmato CADORNA"
Solo la domenica successiva, il 28 ottobre, il comunicato ufficiale delinea la gravità dell'attacco subìto sul fronte giuliano e notifica il ripiegamento della linea italiana:
Però un Comunicato segreto inviato al re e al governo, rivela toni molto diversi e rivolge accuse molto pesanti alle truppe italiane:
"Per il contegno ignobile e per il tradimento di alcuni reparti della seconda armata, in ispecie delle brigate Foggia, Roma, Pesaro, Elba, il nemico ha calpestato il sacro suolo della Patria. Iddio e la Patria li maledicano. Addito al disprezzo eterno di tutto il mondo le brigate Arno e Lazio, che ignominiosamente hanno ceduto quelle armi che loro erano state consegnate per la Difesa della Patria."
Questo sarebbe il tradimento di cui parla la canzone: tutta la colpa della sconfitta viene addossata ai soldati. Il comandante Cadorna presenta la disfatta come la conseguenza fatale di una specie di sciopero militare, che si sarebbe verificato in prima linea.
Chi sono allora questi uomini vili e codardi, che hanno deluso le speranze degli italiani e tradito la fiducia dei loro comandanti?
Lo scrittore Carlo Emilio Gadda si trova a comandare questi uomini in qualità di sottotenente degli alpini a partire dal 1915; nel suo libro" Giornale di guerra e di prigionia" egli testimonia le pietose condizioni in cui i soldati sono costretti a combattere e le sue pagine suonano come un durissimo atto di accusa nei confronti di politici, generali ed affaristi privi di scrupoli:...... (pag.39, 40, 45, 46)
Nelle successive pagine dedicate a Caporetto non compare alcun accenno a casi di rivolta, ma solo a un ordine di ritirata, ricevuto il 25 ottobre alle ore tre.
Un’altra testimonianza dello stesso tenore proviene dal diario "Dalla Baisizza al Piave all'indomani di Caporetto", scritto dall'ufficiale dell'esercito italiano Valentino Coda:
Anche lo scrittore Emilio Lussu nel romanzo "Un anno sull'altipiano" utilizza espressioni simili: disordine, paura, mancanza di direttive certe,...
In realtà , il vero responsabile del crollo delle truppe italiane, là dove si verificarono episodi di rassegnazione, di resa o di fuga, fu soprattutto la sistematica e spietata strategia cadorniana delle cosiddette "Spallate": 
"Al centro dell'impostazione del generale vi era il principio della "spallata", cioè l'offensiva andava mantenuta ad ogni costo; ....- (pag. 96-97)
"Inoltre uno dei concetti tattici basilari fu l'impiego dei medesimi reparti fino al conseguimento del risultato utile, ....(pag. 79)
In realtà questi ripetuti assalti non riuscivano a sfondare le difese del nemico; al di là di Gorizia, c'erano soltanto nuove trincee, su cui la guerra di posizione continuava con tutti suoi orrori e sacrifici. All'Italia la presa di Gorizia del 1916 era costata 50.000 uomini e tutto l'anno 1916 ben 118.000 morti e 285.000 feriti. Ciò può spiegare la rabbia contenuta in alcune canzoni che circolavano più o meno clandestinamente nelle trincee, ma soprattutto l'inebetimento della maggior parte dei militari causata dall'esposizione a prolungate esplosioni, l'annichilimento totale di uomini abbarbicati sulle pietraie o sprofondati nel fango delle trincee, abituati a convivere quotidianamente con la morte nelle sue forme più strazianti, mal nutriti, mal attrezzati, sottoposti continuamente a punizioni e decimazioni.
Forse al generale Cadorna tali risultati deludenti avrebbero dovuto far sorgere qualche dubbio sull'efficacia della propria strategia e un forte desiderio di conoscere meglio quella del nemico, che aveva già iniziato a collaudare la nuova tattica dell’infiltrazione :
"Il piano tedesco prevedeva una massiccia offensiva nell'area di Caporetto ,.... (pag. 100-101)
Il giudizio negativo sulle strategie cadorniane è confermato chiaramente anche dai testi scritti da un nemico esperto qual è Erwin Rommel, che partecipa alla prima Guerra mondiale con il grado di tenente di artiglieria, ricevendo la più alta decorazione al valore dell'impero tedesco per i risultati raggiunti durante la battaglia di Caporetto.
L’episodio più critico dell'intera ritirata italiana si registra al fiume Tagliamento, nel momento in cui migliaia di soldati e mezzi si accalcano sui pochi ponti che permettono il passaggio: "L’ingorgo delle vie di comunicazione ebbe dimensioni inaudite... (pag. 101-102).
L'entità della disfatta è enorme: non solo provoca migliaia di morti e prigionieri tra i soldati italiani, ma anche profonde sofferenze alla popolazione civile locale:"Le province di Udine, Belluno, Vicenza e Venezia furono occupate dagli austro-tedeschi, ... (pag. 102)
L’avanzata degli austro-tedeschi viene fermata sulla linea del Piave, grazie al rinnovato sforzo delle truppe italiane che, guidate a partire dal 9 novembre 1917 dal generale Armando Diaz, ritrovano la forza e la determinazione necessarie per proseguire la guerra, nella consapevolezza che un loro ulteriore cedimento avrebbe permesso il dilagare del nemico nell'intera pianura padana. Così giungono la controffensiva e la vittoria finale del 4 novembre 1918, come ricorda ancora una volta la Leggenda del Piave:
"No, disse il Piave, no, dissero i fanti, mai più il nemico faccia un passo avanti! Si vide il Piave rigonfiar le sponde e come i fanti combattevan l'onde. Rosso del sangue del nemico altero, il Piave comandò: Indietro va', straniero! Indietreggiò il nemico fino a Trieste fino a Trento e la Vittoria sciolse l'ali al vento! Fu sacro il patto antico, tra le schiere furon visti risorgere Oberdan, Sauro e Battisti! Infranse alfin l'italico valore le forche e l'armi dell'impiccatore!"

Alla fine la tradizionale consegna del "Diploma di Fedeltà" dell'ANCR ai soci untranovantenni: Primo Reggiani, classe 1927, alla memoria, e Gino Minardi, classe 1923.












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