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domenica 15 novembre 2020

La Sindrome della Capanna

 

La capanna

 Il Coronavirus è un mostro micidiale e inarrestabile, e  rischiamo di farci travolgere dal panico o dall’ansia. Non siamo fatti per reggere vicende temporali di tensione troppo prolungate, del tipo di quella attuale.

In alcuni soggetti, ogni minimo sintomo diviene un segnale inequivocabile di infezione da Coronavirus. C'è chi vive con termometro e saturimetro a portata di mano.

I mesi di paura per il virus sono stati difficile per tutti, per il forzato isolamento sociale e per la paura di contrarre il virus, ma c'è chi li ha vissuti in modo più drammatico, come il peggiore degli incubi, nella costante paura di essere contagiati e di morire, evitando le strutture sanitarie per paura di contrarre il virus durante le visite e le cure, e sintomi comuni ad altre malattie, come l’influenza, sono scambiati per quelli del Covid-19.

Ritorna una una particolare sindrome detta “Sindrome della capanna”, che non è quella dello zio Tom.

La Sindrome della Capanna, Cabin fever in inglese, è uno stato di smarrimento ed implica la voglia di continuare a rimanere al sicuro nel proprio rifugio, rifiutando ogni contatto umano.

Sembra che risalga all'epoca della corsa all’oro negli USA, nei primi del '900,  quando i cercatori passavano mesi all’interno di una capanna, concentrando la loro attività in brevi periodi dell’anno. Vivevano rinchiusi in uno stato di isolamento, seguito da sentimenti di paura, di rifiuto di tornare all'esterno, di sfiducia nel prossimo, tra  stress e ansia, irritabilità, angoscia, frustrazione, demotivazione.

Ora, molti, per evitare di contrarre il virus,  si rinchiudono in casa -la capanna-  il luogo più sicuro, confinati in un piccolo appartamento, rifugio ed involucro protettivo dai pericoli del mondo esterno, con probabile conseguente paura ed angoscia di uscire da un ambiente protetto, come quello della propria abitazione. Ci si limita a controllare i vicini dallo spioncino dell'uscio di casa.

Franco Bifani



4 commenti:

  1. Ambrogio, sei un grande, hai scelto l’immagine di una capanna mitica, quella del film La febbre dell’oro.

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  2. Prof. Bifani, non conoscevo la sindrome che hai descritto, ma mi sono subito immedesimata.

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    1. Ciao, Clary, non la conoscevo nemmeno io, l’ho scoperta pochi giorni fa, leggendo articoli di psicologia sulle conseguenze del COVID. Io nella mia capanna ci muoio di noia.

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  3. Meno male che io, in casa, non mi annoio, altrimenti sarebbe una tragedia, perché in tre anni, sono uscita soltanto due volte.

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