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mercoledì 13 aprile 2011

Compagni di prigionia


Una foto trovata sul quotidiano locale ha permesso al fidentino Dante Ranieri di riconoscersi. Niente di speciale se non fosse che l'immagine lo ritrae con altri internati nel campo di concentramento di Wietzendorf nell'anno 1945. Dante Ranieri è il sesto da sinistra in piedi. Con lui probabilmente anche qualche altro fidentino ma difficile ne è il riconoscimento. Senz'altro presente il parmigiano Mario Gherardi, conosciuto dagli amici come «Simon Boccanegra», in quanto rappresentante del Club dei 27, proprietario della foto. Mario Gherardi è stato recentemente insignito della Medaglia d'Onore.


Di Dante Rainieri riportiamo una intervista (anch'essa casualmente ritrovata)  rilasciata al periodico Il Risveglio e pubblicata il 15 ottobre 1945, poche settimane dopo il ritorno a Fidenza avvenuto nell'agosto dello stesso anno. Eccone la trascrizione:



Natale a Leopoli
Abbiamo inoltre voluto intervistare il nostro caro amico Dante Rainieri, Sottotenente d'Artiglieria fatto prigioniero dei tedeschi a Mantova e deportato in Polonia a Leopoli.
Egli ci ricorda con piacere un particolare della notte di Natale passata nella fortezza di Leopoli, come internato. “I padri Domenicani nostri Cappellani militari, hanno saputo molto sapientemente organizzare in mezzo alla fame, al freddo, agli stenti, la Messa Solenne di mezzanotte, l'unica cosa che ci poteva unire spiritualmente alle nostre famiglie. Noi stessi ci siamo privati delle coperte per addobbare l'altare. La funzione era permeata da un profondo misticismo. Non ascolterò mai più, ci dice l'intervistato, una Messa Solenne cantata con tanta fede e passione. Anche. le guardie tedesche, che nel giorno di Natale avevano diminuita la razione e rifiutati i pacchi-dono gentilmente offerti dal Vescovo di Leopoli, il quale ci mandava da mangiare in tufti i modi possibili incurante delle minacce naziste, si sono commosse fino al pianto.”
“Quella messa ha operato in tanti animi di miei amici e più non scorderemo quella Immortale benefica Fede che ci he procurato tanti conforti nei giorni più tristi della prigionia ed in mezzo alle vessazioni di ogni genere. Questo è il Natale del 1943. L'anno 1944 invece ero,” continua sempre l'intervistato, “ad Amburgo in stato di semilibertà ed ho potuto così osservare il Natale nelle famiglie tedesche. Sentono è vero in questa giornata l'unione famigliare attorno all'Albero, ma si tratta di una cosa vuota e che manca di quel calore che è una prerogativa, vorrei dire, tutta nostra o meglio del Natale Cristiano. Un Cappellano francese ha organizzato nel campo di prigionia una funzione religiosa alla quale parteciparano prigionieri di tutte le nazionalità. Aggiungo poi che noi italiani, abbiamo molto, forse tutto, da imparare dai polacchi, i veri polacchi,che si meritano una giusta riabilitazione, perchè ho visto in loro un senso profondo di fede, di religiosità che noi purtroppo non abbiamo. E la potevo notare anche facendo il confronto degli italiani prigionieri con quelli in stato di semiprigionia.”
E, congedandosi il caro sottotenente intervistato concludeva: “Molte cose ho imparato nella mia vita di prigioniero e sopratutto a valorizzare l'esistenza al disopra dei bassi egoismi e materialismi di cui è impregnata oggi purtroppo la nostra società”.

Dante Ranieri in un pastello di Ettore Ponzi - Wietzendorf 1944

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