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giovedì 31 maggio 2012

Il Crocifisso dell'antico ospedale di San Giorgio a Fidenza



In un altare del Duomo di Fidenza Dal Verme riprodusse il Crocifisso posto nell’ospedale di S. Giorgio

Si distingue per essere memoria di un antico dipinto andato perduto raffigurante il Santo Crocifisso, ma ancora visibile agli inizi dell’Ottocento nel vecchio teatro di Fidenza. Un disegno che ho potuto osservare da vicino e fotografare, grazie alla disponibilità e cortesia del compianto monsignor Lodovico Bonini, che lo teneva presso di sé.
Su di un ampio foglio ingiallito dal tempo, appena delineato a matita di grafite, si coglie l’antico simulacro: Gesù, con le braccia aperte e la corona di spine, giace privo di tensioni sulla croce, vestito del solo perizoma annodato e svolazzante, il capo reclinato sul petto, i piedi inchiodati uno sull’altro; sul fondo un accenno di paesaggio.
Siamo sicuri che si tratti del Crocifisso raffigurato nel vecchio teatro, già ospedale di San Giorgio grazie alla nota aggiunta in calce, in elegante grafia ottocentesca: “Questo Crocifisso si vedeva nel nostro teatro vecchio vicino alla scaletta segreta; si conosceva che era stato coperto con del bianco forse perché in quel luogo non fosse esposto agli insulti, ma coll’andare degli anni si era scoperto.
Di quest’anno (1838) è stato coperto di nuovo per lo stesso motivo”. La nota si conclude con l’inciso: “(ove è il Teatro anticamente vi era uno spedale)”.
E ancora più sotto leggiamo: “Il Disegno originale fatto dal pittore Angelo Dal Verme esiste nella Cancelleria Vescovile di questa Città”. Che si tratti di copia fedele di un dipinto probabilmente del Seicento, lo dichiara la condotta della mano dell’ esecutore ottocentesco, un poco sommaria, ma attenta a rendere i particolari salienti del modello (capo affondato al centro dell’arco formato dalla flessione delle braccia, anatomia dei muscoli rilevata, ferita sul costato, corpo piegato a destra, ricco svolazzo a sinistra), rispondente all’iconografia del Cristo spirante, di derivazione giambolognesca, che convive per tutto l’arco del XVII secolo con quella del Cristo vivente, cara al Reni e all’Algardi.
Il disegno assume rilievo, soprattutto per il valore documentario, indicando un luogo scomparso di Fidenza, l’antico ospedale di San Giorgio adiacente all’oratorio omonimo, edificio quest’ultimo pervenuto sino a noi e godibile nella sua integrità secolare, grazie ad un’azione di recupero e restauro iniziata alla fine degli anni ’60, dopo un periodo di abbandono (fu chiuso al culto nel 1902).

L'Oratorio di San Giorgio oggi

L’ospedale, che serviva per i pellegrini infermi, era di patronato dei Pallavicino ed era stato fondato sul finire del XIV secolo. Ancora funzionante alla metà del Settecento, fu soppresso nel 1769 per Decreto Reale e, in seguito, incorporato all’unico Ospedale pubblico della città (1778), mentre i suoi spazi furono adibiti a teatro. 
A proposito del vecchio teatro di Fidenza: da identificarsi con il “Regio Ducale Teatro di Borgo” citato dalle fonti, attivo vicino al suddetto ospedale sino al Settecento inoltrato, per effetto della soppressione ne guadagnò così gli spazi. Gestito dalla Comunità e operante in virtù di una concessione governativa, era il principale della cittadina, aperto al pubblico, affiancandosi a quello privato di Enrichetta d’Este presso la Rocca, destinato ai divertimenti della Corte (cfr. “Momenti di festa a Borgo San Donnino nel Settecento”, 2005, p. 119 e s.). Filippo Bellini ne “Il Facchino” (1842, n. 18) dedicava al primo un veloce cenno: “Borgo San Donnino non manca di Teatro: ve ne ha uno vecchio e uno nuovo sulla Piazza San Giovanni soltanto incominciato” indicando l’attuale Teatro Magnani.

Il Crocifisso dell’ospedale fu copiato da Dal Verme. 
Il Crocifisso dell’ospedale, come attesta l’iscrizione in calce al disegno, fu coperto una  prima volta di bianco. Si può presumere che tale operazione sia stata effettuata poco dopo la soppressione definitiva operata dal vescovo Garimberti, del 1778, per l’adeguamento a teatro. Lo stesso foglio fa inoltre sapere che il pittore Carlo Angelo Dal Verme ne ricavò una copia a matita.
Al riguardo abbiamo anche la testimonianza dell’abate Zani da una sua lettera all’amico borghigiano Giuseppe Tommasini, datata 6 aprile 1821. Parlando dell’impegno dell’artista circa la riproduzione di importanti manufatti d’arte della sua città, tra i quali l’urna di San Donnino e i rilievidella facciata del Duomo, si rivolgeva anche al dipinto visibile presso il pubblico teatro: “Il Crocifisso fu da lui copiato sopra quello oggi giorno esistente nel nostro teatro che fu un tempo l’Ospitale della Maddalena”.
E’ fuori di dubbio che l’Abate abbia offerto notizia circa il dipinto, nuovamente oggetto di copia nel 1838, nonostante la diversa e inedita denominazione dell’ospedale, non riscontrata p.es. nelle carte dello storiografo Pincolini (il quale alla metà del Settecento annovera i luoghi pii di Borgo, tra cui “lo spedale di S. Giorgio”).
Rimane il fatto che nel 1821 il Crocifisso fosse distinguibile, restando tale per altri diciassette anni.
Emerge tuttavia la questione di quando Dal Verme (1748– 1825), considerato dai suoi contemporanei “bravissimo disegnatore e pittore”, l’avrebbe copiato, tacendo al riguardo lo Zani e, ugualmente, l’appunto sul disegno già tenuto da mons. Bonini. Sappiamo che lo studioso settecentesco affidò all’artista la riproduzione di monumenti locali, tra cui il vaso dell’acqua santa e l’urna di S. Donnino custoditi in Duomo (cfr. “Il pittore Carlo Angelo Ambrogio Dal Verme …”, 2007, p. 20).
Si conservano gli autografi relativi all’urna e a particolari della cripta (visibili su www. museoduomofidenza.it) del XIX secolo.
Non è nuovo che Dal Verme fu artista completo a 360 gradi, molto attivo per la sua città; qualificato dallo Zani “Pittore di storia tanto sacra che profana”, “Disegnator architetto”, “Incisore acquafortista ossia all’acquaforte”, lavorò secondo il proprio estro su tela e ad affresco. Tuttavia nel corso della sua carriera lavorativa ammise anche gli incarichi che richiedevano la sua opera come copista, e non manca di restituirne traccia il suo noto “Libro dei lavori fatti…”.
Così il 17 giugno 1777 riceveva compenso “per il dissegno del Crocifisso del duomo alla cappella del Consorcio (scopertosi) L. 21.10”. Poi, il 16 ottobre dello stesso anno, riceveva L. 26 “per aver dipinto a fresco il Crocifisso nomato del duomo nel Convento delle Monache di S. Giovanni Battista …”.
Intendiamo, pertanto, che l’artista aveva copiato l’attuale Crocifisso al primo altare a destra entrando in Duomo, venuto alla luce all’epoca, e poi, su incarico delle monache benedettine, lo aveva riprodotto presso il loro convento (che dopo molti anni andò completamente distrutto).

Il Cristo in croce trascrive l’antico simulacro
Venendo alla questione dell’epoca dell’esecuzione, da parte di Dal Verme, della copia del dipinto dell’ospedale, risulta risolutivo il riscontro tra quest’ultimo,  attraverso la riproduzione del 1838, con il Crocifisso al centro del paliotto ligneo, dipinto ad imitazione della scagliola intarsiata, ornante il quarto altare a sinistra in Cattedrale, per alcuni studiosi dei primi del ’700 (Cirillo – Godi, 1984, p. 31), ma collocabile all’ottavo decennio del Settecento (cfr. M. Ponzi, in “Il Risveglio”, n. 3, 2010). Il Crocifisso del paliotto, dichiaratamente imitante l’altro più antico, ne ha recepito, fin nei dettagli, lo schema per il quale emerge come copia. La fine esecuzione, ad ogni modo, valorizza il modello.
Il paliotto, giocato sul piacevole contrasto tra il medaglione centrale dominato dalla sensibile figura monocroma del Cristo e l’intreccio policromo di volute poste all’intorno, è stato ricondotto a Dal Verme, notandovi l’eleganza del suo tratto, e per confronto con i fregi da lui dipinti nel 1789 nel battistero della chiesa di S. Biagio a Castelnuovo Fogliani (cfr. M. Ponzi, cit.).
Senz’altro di mano del pittore, attivo nella cappella per il rifacimento del dipinto deteriorato alla parete frontale (1776), l’opera viene in aiuto per fissare la cronologia del “disegno originale” del maestro dedotto dal Crocifisso all’ospedale di San Giorgio, intendendosi così eseguito prima che il simulacro, intorno al 1778, scomparisse alla vista per l’adeguamento a teatro del luogo. E’ da porsi pertanto proprio in quel torno di tempo un’importante ristrutturazione del vecchio teatro per lo spazio lasciato libero dall’ospedale, raggiungendo il primo un assetto probabilmente poi non più modificato fino alla costruzione, sull’area della chiesa di S. Francesco, del Teatro Magnani.

Angela Leandri
Pubblicato sul settimanale della Diocesi di Fidenza "Il Risveglio" del 25 maggio 2012



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