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martedì 27 ottobre 2020

Frammenti di affreschi del Duomo di Fidenza

Nel Museo diocesano sono esposti frammenti di affreschi dove sono riconoscibili i santi Caterina e Bartolomeo. Si tratta di pitture votive provenienti da un locale attiguo alla cripta del Duomo di Fidenza e databili all’inizio del XIV secolo.

Tra i reperti esposti nel Museo del Duomo meritano di essere considerati questi frammenti di affreschi, provenienti da un locale attiguo alla cripta, da dove furono staccati nel corso degli anni Settanta. Si tratta, come segnala Gianpaolo Gregori, di pitture votive, databili agli inizi del XIV secolo, raffiguranti rispettivamente Santa Caterina d’Alessandria, San Bartolomeo Apostolo e una scena di naufragio. Rovinati dal tempo e scarsamente leggibili, il loro soggetto è stato in passato variamente interpretato dagli studiosi: c’è addirittura chi vi ha scorto un’allegoria battesimale e un improbabile legame con il primitivo e non ancora individuato battistero della pieve di San Donnino. 
Ma se il riconoscimento di San Bartolomeo (il coltello e il libro) e di Santa Caterina (la corona, il libro e la ruota) appare ormai come cosa certa, resta comunque da spiegare in modo convincente il significato del terzo assai lacunoso riquadro. Vi si intravedono parte della carena di una nave in balia delle onde, come dimostrano le vele e gli alberi spezzati e, a destra, una figura di grandi dimensioni, vestita con solenni abiti liturgici, di cui rimane solo la parte inferiore.
Da notare in particolare la presenza tra l’equipaggio di un religioso, riconoscibile per il saio (bianco?) e la tipica tonsura circolare. Amos Aimi ritiene di poter identificare questo ignoto personaggio con San Francesco d’Assisi e ambienta l’episodio del naufragio nelle acque del Po: “… tra i naufraghi c’è la figura di un santo, forse San Francesco  d’Assisi ….. probabilmente i pellegrini sono stati salvati dal santo, quando nell’attraversare il Po, la loro imbarcazione è stata spezzata da un uragano” (Storia di Fidenza, 1982).
Questa singolare lettura in chiave “padana” è stata ripresa in parte da Gregori che accenna genericamente a un“ naufragio con frati francescani”(Cat. Museo Duomo). Ma se si guarda all’insieme del dipinto, come a un grande puzzle incompleto, si può pensare più realisticamente a uno dei tanti miracoli di “mare” di san Nicola, il celeberrimo vescovo di Mira, le cui reliquie riposano da oltre nove secoli nella omonima basilica di Bari.
A confermare il riferimento a San Nicola sarebbero non solo il contesto marinaro e la sua (presunta) immagine sopra la nave dagli alberi spezzati ( come nelle tavole a lui dedicate di Gentile da Fabriano, Agnolo Gaddi, Lorenzo Monaco ecc.) , ma anche il particolare del monaco presente sulla scena del naufragio. 

 “San Nicola salva i naufraghi” di Corrado Giaquinto (1746)

Una analoga figura di religioso la ritroviamo infatti in altri dipinti dedicati al santo Vescovo come, ad esempio, la splendida tela “San Nicola salva i naufraghi” di Corrado Giaquinto (1746), già sull’altare della chiesa romana di San Nicola dei Lorenesi, il cui bozzetto è conservato nella Pinacoteca di Bari. Il quadro, che raffigura uno dei tanti miracoli effettuati dal santo dopo la sua morte, mostra un gruppo di naviganti guidati da un ardimentoso monaco in veste bianca: “Sorpresi dalla tempesta scatenata dal demonio, che ha abbattuto la vela della barca. San Nicola appare dinanzi al mare e placa le acque”. 
Le corrispondenze tra le due opere, pur molto diverse e realizzate in tempi lontani, sembrano evidenti. Probabilmente gli autori hanno attinto alla stessa fonte letteraria: forse l’avventurosa vicenda di Simone Decapolita, “uomo di santa vita” e di Nicola suo discepolo inviato a svolgere il ministero in terre lontane. Durante il viaggio in mare scoppiò una improvvisa tempesta. Tutti invocarono San Nicola che apparve proprio al monaco dicendogli: “Coraggio, adesso ci sono io”. E tra la gioiosa sorpresa di tutti il mare si calmò.
Guglielmo Ponzi



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