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lunedì 10 febbraio 2014

"Il Ricordo, l'Oblio e le Bugie" due interventi di Franco Bifani

Tito ha vinto perché conosceva italiani e tedeschi. Con gli italiani c'è andato forte, sapeva che i migliori avvocati a sua difesa li avrebbe trovati tra di noi.
Il primo scritto di Franco può essere letto in vari modi, sopra ne ho indicato uno.
Diverse sono le considerazioni che si possono trarre dal secondo articolo che ci richiama alla serietà di certa rievocazioni improvvisate.
A.P.

Il Giorno del Ricordo e quello dell'Oblio

Oggi, in tutta Italia, verrà celebrato, in vari modi, nelle più disparate sedi, il Giorno della Memoria. Verranno esaminate e discusse le vicende che toccarono, tragicamente e drammaticamente, centinaia di migliaia di italiani, soprattutto in Istria, nel 1943 e nel 1945 e poi nell'immediato dopoguerra.
Il punto focale sarà quello delle stragi delle foibe e l'esodo istriano. Io non so se una tale memoria viene celebrata anche in Slovenia, in Istria, in Croazia, in Grecia, in tutte quelle zone, insomma, che furono occupate dalle truppe italiane fasciste, le quali perpetrarono misfatti orribili contro le popolazioni locali.
Non so se verrano ricordate le imprese eroiche e le gesta genocide dei nostri soldatini, “italiani brava gente”, capitanati da Roatta, Robotti, Grazioli, per restare solo nella famigerata Provincia di Lubiana. 
Morirono tutti nei loro letti, del tutto impuniti. Non so se verranno ricordate le porcherie prontamente nascoste, per più di 50 anni, nell'infame “armadio della vergogna”. 
 Qualcuno si rammenterà, ammesso che li abbia mai visti e meditati, di quei docu-films come “Fascist Legacy” e “La guerra sporca di Mussolini”? Cristicchi commemorerà e canterà, in “Magazzino 18”, anche le vittime non italiane, gli sloveni e croati, impiccati, fucilati, decapitati, bruciati vivi, o che finirono a morire nei Lager fascisti?
I profughi istriani furono accolti malamente dai connazionali italiani, e non solo dai comunisti, arrabbiati e sfegatati del famoso episodio alla stazione di Bologna. 
Ci furono parecchie persone che continuarono, per anni, una vita grama e stentata nei campi-profughi, ci morirono di freddo, si suicidarono per la disperazione.
Se si vuole ricordare un periodo storico, bisogna ascoltare, per le testimonianze, almeno il suono di due campane ed osservare ambedue le facce della medaglia. 
Gli slavi, da cui “schiavi”, furono trattati come sub-umani, per secoli, prima dalla Serenissima veneta, poi dai fascisti, che come per i germanofoni, in Sud-Tirolo, tentarono di italianizzarli a forza, per sradicarne completamente la cultura.
Chi di spada ferisce, di spada perisce; la legge del taglione di Hammurabi resta gradita e funziona ottimamente, da 3500 anni. 
Non sempre c'è un Cristo a riattaccare l'orecchio di Malco, pochi sono disposti ad offrire anche l'altra guancia. La vendetta piace ed è portata a termine dalla stragrande maggioranza degli esseri umani, specie se angariati, avviliti, uccisi e torturati, per anni, decenni e secoli. 
Spero tanto che i lettori di testimonianze del Theatro del Vicolo, Cantini e Francesca Gambarini possano pronunciare anche solo due parole di memoria, di ricordo e di cordoglio anche per le vittime dei nostri militari nella Provincia di Lubiana. 
I morti ammazzati sono sempre e solo tali, a qualsiasi etnìa appartengano, non devono esisterne di serie A e serie B.
Franco Bifani


Le Bugie

Esiste una foto, pubblicata già nel dopoguerra, su libri e pubblicazioni slovene, correttamente identificata per quello che è: l’esecuzione sommaria di cinque contadini sloveni da parte di un drappello di militari italiani, verosimilmente appartenenti alla Divisione Granatieri di Sardegna, che operava nella zona. 
SolveniaLa fotografia originale è conservata al Museo storico di Lubiana, sotto il numero di inventario 11818. Delle circostanze che raffigura si sa pressoché tutto, la data: 31 luglio 1942, il luogo: monte Križna, presso il villaggio di Dane nella Loška dolina, Slovenia meridionale; si conoscono perfino i nomi degli ostaggi fucilati: da sinistra, Franc Žnidaršič, Janez Krajc, Franc Škerbec, Feliks Žnidaršič, Edvard Škerbec. 
Quel che ci interessa però è che, una volta avviato, il meccanismo dell’errore doloroso continua a vivere di vita propria e a rispuntare da tutte le parti. Ma riecco la fotografia di Dane, in uno dei filmati-documento mostrati nella puntata di Porta a Porta dello scorso 13 febbraio, dedicata alla memoria dele foibe. 
Vi compare per pochi secondi, ma allo sfortunato Bruno Vespa capita di avere in  studio la storica Alessandra Kersevan, che di questa fotografia male interpretata si era già occupata a fondo, e lei, esasperata per l’ennesima errata interpretazione, glielo fa notare. 
Col risultato di sentirsi trattare male dal conduttore ed accostare al Kgb dall’ex ministro Gasparri, anche lui presente, noto elemento profondamente acculturato del nostro Parlamento.
Ambrogio, io non sono capace di postare la foto, se puoi e vuoi farlo tu, te ne ringrazio. Era solo per dimostrare che, sulle verità storiche, ognuno costruisce interpretazioni personali.
                                                                                                                               Franco Bifani

1 commento:

  1. Caro Bifani, sulla storia, ognuno costruisce la propria verità. Questo sistema viene messo in atto sia da coloro che la storia l'hanno fatta, sia da quelli che la esaminano successivamente. Il negazionismo, poi, avrebbe bisogno di tre campane, non due. Gran bel servizio. Grazie.

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