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giovedì 13 marzo 2014

Quando il gioco diventa una malattia



Ludopatia, quando il gioco diventa una malattia:
medici, psicologi, educatori e sacerdoti in dialogo

Convegno al Centro S. Michele su iniziativa del Cap. Lorenzo Caruso, comandante della Compagnia Carabinieri

Medici, psicologi, educatori e amministratori (ma anche tanti studenti delle scuole cittadine come l’ Itis Berenini, il Solari e il Canossa) si sono ritrovati nei giorni scorsi presso il centro inter-parrocchiale s. Michele per discutere dei problemi derivanti dal gioco d’azzardo all’interno di un convegno dal titolo: “Vuoi davvero rovinarti? Quando il gioco diventa un problema”.
Moderatore dell’incontro il giornalista della “Gazzetta di Parma” Leonardo Sozzi. 

Dopo il saluto iniziale del sindaco Mario Cantini (“E’ un fenomeno dilagante che ci deve vedere tutti impegnati -istituzioni e cittadini - soprattutto sul terreno della prevenzione, il che significa intervenire alla radice del disagio”) e della direttrice del Distretto Ausl di Fidenza Maria Rosa Salati (“Spezzare il cerchio della solitudine entro il quale si rinchiudono soggetti che hanno fatto terra bruciata attorno a sé”) , è toccato al capitano della Compagnia Carabinieri Lorenzo Caruso -promotore dell’iniziativa- spiegare le ragioni che lo hanno spinto a organizzare il convegno. 
“Qualche tempo fa” ha esordito “abbiamo soccorso un padre di famiglia in stato confusionale che minacciava di compiere un gesto insano. Fortunatamente siamo riusciti a farlo desistere, ma poi abbiamo chiesto: perché voleva togliersi la vita? E la risposta è stata: perché si era giocato tutto alle macchinette.”
Il capitano si è soffermato poi sulle contiguità del fenomeno con la criminalità organizzata (le statistiche parlano di un giro d’affari che sfiora i 90 milioni di euro) e l’usura (“Purtroppo in espansione, anche a causa della crisi economica, ma al momento assente sul nostro territorio”) invitando i soggetti interessati (o i loro familiari) a rivolgersi con fiducia all’Arma per un primo colloquio: l’anonimato viene garantito. 
È stata poi la volta della dott.ssa Simonetta Gariboldi, psicologa e psicoterapeuta del Sert di Fidenza, illustrare le diverse motivazioni che spingono una persona a giocare in modo patologico (vertigine, imitazione, competizione, fortuna) distinguendo tra i giochi in cui è presente una componente legata all’abilità del soggetto (ad es. i videopoker) e quelli che si affidano puramente al caso. 
Vincere al gioco anche una sola volta è una iattura perché sviluppa eccitazione, orgoglio, desiderio di ritentare la sorte sino a un vero e proprio delirio di onnipotenza.
Un problema che riguarda ormai il 3% della popolazione (101 le persone in carico al Sert di Parma, 17 quelli che si sono rivolti al Sert di Fidenza), dove la maggioranza (il 56%) fa un uso compulsivo delle slot-machines.
All’interno dei Sert sono stati attivati percorsi di recupero in cui ad essere coinvolti dall’equipe (medici, psichiatri, psicologi, educatori, assistenti sociali) non sono solo i soggetti interessati (dove, talvolta, il gioco è associato ad altre dipendenze) ma anche i familiari. 
Anche il volontariato si sta mobilitando: a Reggio Emilia è sorta di recente, promossa dall’associazione Papa Giovanni XXIII, una comunità terapeutica mentre a Fidenza è attiva da trent’anni la “Casa di Lodesana” che, tra le altre cose, ha aperto anche uno sportello per l’ascolto a cura del Gruppo Amici per la Liberazione delle Droghe. 
Dopo la testimonianza di un ex giocatoremodenese, è stato l’avv. Andrea Cevolo, membro del Collegio legale di Codacons, a spiegare le implicazioni giuridiche legate al “gap” spiegando come vi siano anche provvedimenti di legge utili ad affrontare il percorso di “guarigione”. Paolo Tazzini (Federconsumatori) ha parlato  delle caratteristiche che portano al disagio e di cosa propone la sua associazione. 
Infine ci sono gli anziani. 
Da un’indagine dell’Auser emerge un preoccupante 7,9% che, sommato ai giocatori di “media problematicità”, porta la quota a un elevato 16,4%. I giochi preferiti dagli anziani sono quelli cosiddetti ”passivi”, cioè dove non si mette alla prova la propria abilità ma si conta solo sulla fortuna: Lotto, Superenalotto, Winforlife, Grattaevinci vari (60%) insieme a Totocalcio e altri giochi (10%) mentre le slot sono scelte dal 5,4%. 
Gli anziani dichiarano di recarsi volentieri a giocare alle ricevitorie perché “ incontrano altre persone, socializzano e condividono la loro stessa passione”. 
Quanto ai redditi dichiarati, il 40% sta tra 1.000 e i 1.500 euro al mese netti, il 16% arriva a 1.800 mentre il 30% sta sotto i 1.000 euro. 
Le puntate possono toccare anche i 50 euro al Bingo, i 25 al Grattaevinci e i 100 al Lotto. La spesa media annua dichiarata ad Auser è di 589 euro: secondo i ricercatori in realtà gli anziani giocherebbero molto di più di questa cifra, ma non lo dichiarano per una sorta di “pudore” e di ”vergogna” per quella che considerano una debolezza. 
Al termine del convegno l’intervento del Vescovo di Fidenza, mons. Carlo Mazza: ”E’ un tema sul quale dovremo tornare anche perché legati al gioco patologico ci sono tanti aspetti del nostro vivere quotidiano.
Fin d’ora però occorre avere una maggiore attenzione verso tutti i fenomeni di disagio e, soprattutto, essere capaci di offrire un’alternativa credibile perché uniti gli uni agli altri, giovani e adulti, riscopriamo la bellezza del dono e della gioia di vivere “ .

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Un affare per le mafie
La liberalizzazione del gioco d’azzardo non ha tolto risorse: ”Progressivamente, anzi esponenzialmente, è aumentata l’infiltrazione nel settore della criminalità organizzata che “sta acquisendo quote sostanziose del mercato del gioco”. 
Grazie anche a “ un’imprenditoria collusa a sua volta legata ad ambienti istituzionali”. E questo anche a fronte di un calo delle giocate di poco più del 3%, riscontrato per la prima volta nel 2013. 
Lo scrive la direzione nazionale antimafia (Dna) nella relazione annuale. 
Parole che seguono quanto detto dal procuratore nazionale antimafia Franco Roberti. “La legalizzazione non ha sottratto spazi ai clan perché questi fanno sempre un’offerta concorrenziale”. Ma attenzione, avverte la Dna, “la presenza mafiosa nel settore non deve essere intesa come una deriva limitata al gioco illegale. Essa si estende anche al perimetro delle attività legali”.
Parole molto chiare seguite da una raffica di esempi: ”Ciò avviene -si legge infatti- quando i clan impongono a tutti i bar esistenti nel loro territorio di “mettere” le new slot e di noleggiarle dalle ditte ad esse riconducibili; o quando investono i loro capitali acquisendo la gestione di sale giochi o bingo allo scopo di moltiplicare rapidamente l’investimento. Si tratta di attività formalmente legali, gestite però con metodi e capitali criminali”. E il “boom” del gioco ha sicuramente aiutato le cosche. 
Anche qui la Procura antimafia è chiarissima. “Non vi è dubbio che l’enorme incremento che ha avuto la diffusione del gioco degli ultimi 10 anni, in cui la raccolta ufficiale è quadruplicata passando da 20 a 80 milioni, ha fatto parallelamente crescere gli appetiti delle mafie.
Hanno investito nei settori che più incontrano i gradimenti del pubblico (new slot e scommesse on-line) ed hanno anche sviluppato adeguate professionalità specializzando, per così dire, alcuni affiliati nello specifico settore”.
Un affare nel quale tutte le mafie si sono lanciate.
Per dare ”un’idea del volume di soldi che muove il comparto” cita Renato Grasso, “imprenditore che si era alleato con tutti i più grandi clan camorristici per imporre le sue “macchinette” nelle zone da essi controllate e che versava -soltanto al clan dei casalesi- la somma mensile di 100 mila euro”.
Articolo pubblicato da "il Risveglio" del 14 marzo 2014 in distribuzione oggi.


1 commento:

  1. QUELLO CHE NON RIESCO ASSOLUTAMENTE A COMPRENDERE è COME MAI SIA POSSIBILE CHE IL GOVERNO DI UNA NAZIONE CIVILE -QUINDI ESCLUDIAMO A PRIORI L'ITALIA- POSSA ComPORTARSI IN UN MODO TALmENTE IPOCRiTA DA PERMETTERE DI InSTALLARE LE SLOT-MASCHINEs, SULLE QUALI LUCRA ABBONADANTEMEnTE,PER POI FAR SCoRRERE LACRIME DA COCCODRILLO SUL FATtO CHE SI INSTAURI LA COSIDDETTA LUDOPATIA, IO, FRA L'ALTRO, OPTEREI PeR DENOMINARLA COME IDiOZIA CRONICA, ACUTA E CoNGENITA, DA PARTE DI PERSONE CHE HaNNO AnCHE UNA RAGGUARDEVOLE eTà, E CHE CI PERDONO LA PEnSIONE, AtTACCATE A QUESTE MACCHINETTE INFERNALI, COME UN'osTRICA AD UNO SCOGLIO. OSSIA, ESSERI ScOGLIO-NATI. Fra l'altro, persino i bimbi sanno che queste slots sono controllate dalle mafie e che ci lucrano fior di politici, parlamentari e non e le loro Corti dei Miracoli. E lo stesso per i superalcolici, le sigarette e i tabacchi varii; che li vendi a fare,Stato ipocrita, se sai che sono veleni mortali? E così, chi non fuma, non beve, non si appiccica, quotidianamente, per ore, a queste videopoker, dovrebbe, tramite le AUSL di pertinenza, sborsare quattrini pubblici, cioè anche di provenienza dalle sue tasche, per guarire dei viziosi volontarii, caparbi e recidivi. Siamo proprio in un paese del Quinto Mondo, quello dei decelerati. Io proporrei, per i ludopatici, un lungo periodo di duro lavoro, a spaccare pietre o a vangare vasti campi; gli passerebbe subito la voglia di starsene davanti a giochini puerili e mangiasoldi!

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