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venerdì 9 gennaio 2015

Coop. Di Vittorio, un articolo de "il Risveglio"

Riprendiamo qui integralmente l'articolo apparso oggi sul settimanale diocesano "il Risveglio" a pochi mesi dal pubblicazione di un primo articolo in cui si ricordava che "Forse questo è il vizio iniziale del processo di deterioramento che ha interessato la cooperativa Di Vittorio: l’aver dimenticato la missione che si era inizialmente data tutta centrata sulla mutualità che a sua volta non ha altro riferimento che le persone e, in questo caso, i soci".

Ora si cerca di capire quale ruolo che nella complessa situazione hanno giocato le varie parti che saranno chiamate a rispondere dei loro comportamenti: gli amministratori ma anche gli esponenti politici e le banche, potremmo continuare con i notai, che hanno stilato alcuni atti, con chi aveva per legge compiti di controllo. Sarà poi alla giustizia stabilire la portata penale e procedere di conseguenza qualora ne esistano gli estremi.


Coop Di Vittorio: storia di un fallimento annunciato. Oggi il passivo ammonta a circa 68 milioni di euro
Presso il Tribunale di Parma depositata anche la dichiarazione di fallimento relativa alla controllata Polis S.p.A.

Avevamo lasciato la Cooperativa Di Vittorio qualche mese fa, allora si era in attesa delle decisioni del giudice, ma la relazione del commissario giudiziale lasciava ben poco spazio ad una soluzione diversa dal fallimento.
Ed è così che, con due distinti provvedimenti, il tribunale di Parma depositava all'inizio di questo 2015 due sentenze di dichiarazione di fallimento: la prima riguarda la Cooperativa Di Vittorio l'altra la Polis Spa realtà ad essa intimamente collegata e suo braccio destro operativo in molte discutibili operazioni. I professionisti nominati curatori del fallimento Di Vittorio sono il dott. Paolo Capretti, già Commissario Giudiziale, e il dott. Luciano Ragone di Parma.
I numeri della cooperativa possono così riassumersi: un attivo patrimoniale di 4,2 milioni di euro, un passivo di circa 68 milioni di euro inclusi i debiti verso banche garantiti da ipoteca.
Il patrimonio netto risultante dall'ultimo bilancio depositato è negativo per 6.545.585 euro. Questo dato patrimoniale negativo nella proposta di concordato, che i vertici della cooperativa avevano depositato, era posto a carico dei soci prestatori cioè di quei soci che avevano ritenuto di affidare alla cooperativa il loro risparmi. Per loro la cooperativa aveva quindi il ruolo di una vera e propria banca anche se al di fuori dalle regole che disciplinano il sistema bancario. Una anomalia tutta italiana abbastanza diffusa ma, da alcuni, ritenuta illegale. Questi risparmiatori avrebbero quindi avuto la decurtazione dei loro risparmi di un abbondante 50%, con la concreta prospettiva di perdere il tutto.
Il piano concordatario prevedeva invece la totale tutela delle banche il cui danno era conseguente alla dilazione del piano di rientro.
La procedura di concordato preventivo, rigettata dal giudice, avrebbe tutelato, oltre alle banche, anche alcuni soci prestatori che, informati dei rischi, avevano ritirato per tempo i loro risparmi . Non occorre aggiungere che questo abbia favorito chi all'interno della cooperativa conosceva la reale situazione aziendale o era stato di essa amichevolmente avvisato. Non occorre nemmeno aggiungere che tutto questo ha premiato proprio chi ricopriva posizioni di responsabilità all'interno della cooperativa.
Ma è bene rilevare che le verifiche del Commissario hanno appurato che la massa dei rimborsi in violazione della “par condicio creditorum” ammonta a oltre 2 milioni di euro da un numero limitato di soci di cui 9 individuabili come “parti correlate” che può intendersi come dirigenti e coniugi degli amministratori.

Gli intimi rapporti tra una componente politica che ha lungamente amministrato la città e i responsabili della cooperativa si apre anche un altro scenario non edificante. Contraddittoria è apparsa la posizione di quegli esponenti politici che hanno sostenuto la soluzione concordataria. A questo riguardo segnaliamo l'intervento tardivo di alcuni Sindaci del parmense, compreso il nostro, che hanno incontrato il Giudice appoggiando la soluzione concordataria. Gli stessi Sindaci nel contempo lanciavano un avvertimento affermando una ricaduta negativa sui bilanci comunali di 27 milioni di euro in caso di fallimento.
Non veniva tuttavia fornito alcun dettaglio e limitandosi ad affermare che "... si tratta mutui ipotecari collegati ai beni costruiti su terreni dei comuni in diritto di superficie. In caso di fallimento i comuni diventano proprietari dei beni ma anche dei mutui residui."
Che la cosa fosse in questi termini è tutta da dimostrare e, alla luce delle recenti sentenze di fallimento, è apparse avventata.
Ma il giudice non si è limitato a farci partecipi della sue sentenze di fallimento. In via preliminare veniva infatti pubblicata la sentenza di revoca della procedura concordataria dandone motivazione.
Ma a questo punto non si parla più solo di numeri, di attivo e di passivo, ma si entra nella fattispecie di “... fatti di frode che si concretano in condotte, a contenuto sia patrimoniale che documentale, omissiva o commissiva, coeve o precedenti la data del deposito della domanda di concordato preventivo, ….. ”.
Dopo un'ampia trattazione dottrinale il giudice fa sue le conclusioni del Commissario Giudiziale che denunciava nella sua relazione l'inadeguata rappresentazione ai creditori della possibile nullità e/o revocabilità delle ipoteche iscritte sugli immobili appartenenti alla cosiddetta “proprietà indivisa”, l'utilizzo dei fondi ottenuti per scopi diversi da quelli dichiarati, l'inadeguata rappresentazione delle condotte messe in atto dagli amministratori della controllata Polis Spa sottoposta a direzione e coordinamento di Coop Di Vittorio oltre ad una serie di altri rilievi espressi con linguaggio tecnico nel corpo della sentenza.

Ci limitiamo per ora a questi elementi, la lettura delle sentenze di revoca del concordato preventivo e di dichiarazione di fallimento forniscono un quadro molto allarmante dando anche l'elenco di operazioni che prefigurano la distrazione di fondi dagli scopi societari.
E' quindi tutto un nuovo capitolo che si apre e non sarà certo indolore, capitolo che fin d'ora promette sviluppi anche imprevedibili circa le persone, le istituzioni e le banche.
Direttamente citate nel decreto la banche Mps, Carige, Banca popolare Emilia Romagna e Carisbo
La politica dovrà fare certamente ancora la sua parte, ma i politici ed i professionisti compromessi dovrebbero elegantemente farsi da parte.
Ambrogio Ponzi





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