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martedì 20 gennaio 2015

Ricordo di Don Amos Aimi

Chiesa di Chiusa dove Don Amos tiene per mano
i sei chierichetti quando dice il Padre Nostro

Ricordo di Don Amos a un anno dalla sua morte.

Dicembre … è già passato un anno.
Vorrei ricordare Don Amos e dire che mi è mancato, semplicemente. Credo non solo a me, visti i tanti fiori continuamente posti davanti alla sua tomba. Ci ha lasciato il 30 del mese, dopo tante sofferenze che hanno minato e trasformato il suo corpo già esile, assistito amorevolmente dalla sorella Roberta e dalla nipote Angela, in casa di Carla.
Mi sono mancate tanto le sue parole di conforto in alcuni momenti, perché lui sapeva capirmi, mi leggeva nel profondo e, prevedendo addirittura quello che gli avrei detto, riusciva a farmi cambiare punto di vista e accettare la realtà valorizzando le cose positive. Per me è stato un grande dono e di questo ringrazio il Buon Dio: sapeva accogliermi con dolcezza, sapeva ascoltarmi, sapeva partecipare alle mie pene, poi mi diceva che aveva pregato per me, un tempo per le mie mani, ultimamente anche per i miei occhi. Mi aveva pure consigliato un esame medico che si è rivelato importante per la mia salute.

Mi è mancato molto, moltissimo, il suo appoggio di studioso anche se, comunque, l’ho sentito vicino mentre lavoravo al libro sull'Abate Zani. Ho avuto, infatti, aiuti considerevoli, insperati e gratuiti. Quante domande, però, gli dovevo ancora porre, che rimarranno tali! Con lui il mio lavoro sarebbe stato migliore, anche se amava più Giuseppe Verdi, come lui nato alle Roncole, che Pietro Zani. La sua conoscenza era vasta, la sua memoria straordinaria, la sua disponibilità completa, il suo entusiasmo fresco come quello di un bimbo, nonostante la sua vita fosse stata intrisa di dispiaceri. Non si lamentava, però, tuttalpiù scrollava la testa e sorrideva. Riusciva ad accettare le fatiche di ogni giorno con un abbandono fiducioso all'abbraccio della Madonna di cui era un fervente e innamorato ammiratore.
Battesimo di Gesù, Dino Mora Fornio
Lo ricordo il 17 settembre precedente quando ricevette la Cittadinanza Onoraria dal Sindaco Cantini. Era felice perché alla città di Fidenza aveva dedicato con passione tante sue energie e pagine scritte. Lui amava rovistare tra le vecchie carte e studiarle per scoprire il nostro passato, tra quelle gioiva ma perdeva il senso del tempo. Vero topo d’archivio, una volta è rimasto fin chiuso dentro. Nel ricevere l’onorificenza, per la prima volta, l’ho sentito elencare alcune sue opere e azioni. Già molto provato dal male, forse aveva capito che era l’ultima occasione per rammentare pubblicamente il suo impegno religioso e amorevole per la storia e l’arte di Borgo, poco riconosciuto. Nessun prete era presente a quel Consiglio Comunale. Fuori, nel cortile del Municipio, sono riuscita, con mio grande piacere, a fotografarlo sorridente.
Lo ricordo nella Chiesa di Chiusa Ferranda, dove talvolta assistevo alla sua Messa domenicale dopo aver saputo che non stava bene. Là c’era meno gente che a Bastelli, per cui era più probabile riuscire a parlargli. Durante la celebrazione era attorniato da diversi ragazzini-chierichetti, qualcuno un po’svogliato per la verità, che lui sapeva coinvolgere prendendoli gioiosamente per mano nel momento della recita del Padre Nostro. Era bello vederli insieme a semicerchio attorno all’altare! Alla fine, da uno di loro faceva augurare il “Buon pranzo!” come aveva insegnato Papa Francesco. Ricordo le sue preghiere accorate per la salute e per il lavoro dei parrocchiani e sempre un pensiero ai cari defunti.
Non ero mai entrata in quella Chiesa e quando lo feci, provai un senso di desolazione e di abbandono. Un’improvvida tinteggiatura color caffelatte mi dava tristezza, il quadro sopra l’altare maggiore (San Giovanni Ev. e Santi, forse di Luca Casana) addirittura senza cornice, solo lo splendido gruppo ligneo della Madonna di Caravaggio mi aveva aperto il cuore alle bellezze che potevano esserci un tempo.
Battesimo di Gesù, Dino Mora Chiusa Ferranda 
Sulla parete sinistra, vicino all'ingresso, un tondo, stranamente, aveva attirato la mia attenzione. Il Battesimo di Gesù che vi era dipinto, mi era famigliare. Quelle figure risolte con fluide e veloci pennellate, io le avevo già viste. Possibile? Si: le avevo viste nella Chiesa di Fornio, affrescata dal prof. Dino Mora nel 1910, e ammirate durante i grandi festeggiamenti del centenario. Allora il Mora ha decorato anche la Chiesa di Chiusa Ferranda!
Artista eclettico e fantasioso, non si contano le sue opere: i fidentini hanno anche il grande privilegio di avere un rarissimo sipario comodino nel Teatro Magnani, proprio dipinto da lui, ultimamente rimesso in luce.
Chissà il tormento di Don Amos nel vedere la Chiesa che gli avevano affidato, così trascurata, negli occhi la sua, di Sant’Anna di Bastelli, che aveva fatto rifiorire nel corso degli anni con diversi e vivaci interventi pittorici e che desiderava tanto fosse eretta a Santuario.
Non lasciava comunque trapelare a parole il suo dispiacere e già si era messo in pista per farla restaurare…
Battesimo di Gesù, Oreste Emanuelli
 Bastelli
Lui che amava tanto l’arte e che fin da quando faceva il prete-operaio, quasi non mangiava per comprare qualche quadro. Lui che avrebbe voluto scavare tutto il sottosuolo di Fidenza e dintorni e scrostare tutte le pareti antiche, memore che talvolta può capitare di svelare un tesoro, come quando, sempre attento a ogni lavoro, “si accorse di qualcosa” e riuscì a fermare il piccone prima che si smantellasse il muro con lo splendido affresco di San Giorgio; o quando per preparare il fondo a un nuovo dipinto nella sua Chiesa, si scoprì “Il Battesimo di Gesù” di Oreste Emanuelli, che era stato ricoperto perché fatto da un comunista.
Ora il progetto di restauro è portato avanti da Don Gianemilio e Don Amos, non Mons. Amos come diversi scrivono (non era tipo da Monsignore!), sarà contento lassù. Speriamo che dopo i consolidamenti strutturali e la sistemazione del sagrato si possa intervenire anche all’interno per liberare le eventuali decorazioni del Mora per quanto rimane. Di solito il prof. colornese firmava le sue opere: a Fornio firma proprio l’ovato del Battesimo, forse il brano migliore, con la sigla “D. M. 1910” e il “nodo Savoia”. A Chiusa, dove la scena è riproposta con piccole varianti, non compare la firma, forse che il pezzo migliore è nascosto in altra parte della Chiesa sotto il color caffelatte? Sicuramente il nostro Don da lassù lo potrebbe indicare, ma per il momento rimane a guardare in silenzio.
Fidenza 13 dicembre 2014 
 Mirella Capretti



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