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giovedì 5 marzo 2015

La Madonna con Bambino di Benedetto Antelami al Museo del Duomo di Fidenza

MedioEvo Weblog: Capolavori nel Museo del Duomo di Fidenza (PR)
In occasione delle Giornate dedicate ai musei ecclesiastici si potrà ammirare la Madonna con Bambino dell’Antelami

Il Museo del Duomo e Diocesano di Fidenza aderisce alle Giornate dei Musei Ecclesiastici, promosse dall’AMEI-Associazione Musei Ecclesiastici Italiani.
Sabato 7 marzo offre perciò l’ingresso gratuito al Museo e due proposte culturali. 

Alle 16.00 Alessandra Mordacci conduce una conversazione-visita guidata al Museo sul tema: “La Madonna con Bambino (Maestà mariana) di Benedetto Antelami e il tesoro di San Donnino (sec. XIIXIII)”.
A seguire, con inizio alle ore 17.00, si svolge nella Sala Conferenze del Palazzo Vescovile in piazza A. Grandi 16 la conferenza con diapositive intitolata “I colori della fede. La policromia originale della Madonna con Bambino (Maestà mariana) di Benedetto Antelami”. 
Il professor Pietro Baraldi, docente di Chimica fisica dell’Università di Modena e Reggio Emilia, illustrerà i risultati delle indagini sui pigmenti usati nella decorazione delle sculture lapidee medievali nell’Italia settentrionale.


Approfondimento con la visita guidata di Alessandra Mordacci 
Alessandra Mordacci, direttrice del Museo, si soffermerà sui tre oggetti-simbolo del Museo: due oreficerie, cioè il calice detto “di San Donnino”, con anse a forma di draghi alati che sono ripetuti anche nella decorazione del nodo e l'acquamanile a forma di colomba (una piccola brocca, un tempo ritenuta “colomba eucaristica”) e una scultura: la statua della Madonna con Bambino.
Essa, attribuita unanimemente a Benedetto Antelami, è ritenuta la più bella scolpita dall’autore.
Nota come “Maestà mariana”, raffigura una Madonna in trono con Gesù Bambino, incoronata e reggente nella mano sinistra un fiore, ora perduto. 
La statua ha una lunga storia di cambiamenti ed esposizioni: probabilmente situata sopra l’altare maggiore fino al Concilio di Trento, fu poi trasferita nella nicchia della torre campanaria del Duomo, dove era per i borghigiani il simbolo della protezione divina.
Nel 1982 la statua, per comprensibili motivi di salvaguardia, fu rimossa e collocata nella cripta del Duomo. 
Per iniziativa della Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici fu oggetto nel 1985 di accurati lavori di restauro nel corso dei quali si scoprì la sopravvivenza di una notevole policromia antica. 
Dall’apertura del Museo, nel 1999, la statua ne costituisce il pezzo di maggiore attrazione, mentre nella nicchia della torre campanaria se ne trova una copia, realizzata in occasione del Grande Giubileo del 2000.


Approfondimento con la conferenza del professor Pietro Baraldi
Il professor Pietro Baraldi si è posto il problema di identificare la tavolozza dei colori usati nella decorazione delle sculture di pietra eseguite nel Medioevo nell’Italia settentrionale.
Le ricerche scientifiche sulle policromie svolgono infatti un ruolo fondamentale nella ricostruzione dell’aspetto originale delle opere, in un settore dove le fonti medievali sostanzialmente tacciono. Questo silenzio si deve al fatto che gli scultori, salvo alcune eccezioni dal Quattrocento in avanti, affidavano le operazioni di dipintura ai pittori e questi ultimi le eseguivano con i metodi tradizionali dell’epoca, senza sostanziale differenza tra l’applicazione del colore su una tavola o su una scultura lignea o lapidea o di terracotta. I risultati ottenuti dalle indagini sulla Madonna dell’Antelami e su opere coeve sono di grande interesse.
Le ricerche svolte dimostrano che le statue del XII e XIII secolo erano sempre completate da una ricca e raffinata policromia, molto spesso oggi ridotta a frammenti poco apprezzabili, sia a causa dell’azione degli agenti atmosferici e delle sostanze inquinanti, sia a causa del rifiuto del colore che iniziò a dominare nel pensiero artistico e intellettuale
italiano a partire dal secondo Cinquecento, portando nei successivi tre secoli a interventi di ‘restauro’ sulle sculture lapidee, lignee e di terracotta, che cancellarono o nascosero le coloriture originali, giudicate inopportune e prive di buon gusto.

Articolo pubblicato da "il Risveglio" settimanale della Diocesi di Fidenza N° 9/2015

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