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martedì 4 ottobre 2016

Chi focu a mmari ca c'è stasira...


Chi focu a mmari ca c'è stasira...
Così cantavano i lampedusani, sotto i bombardamenti, nel 1943, che avevano affondato anche una nave nel porto.
“Fuocoammare”, che ho seguito ieri sera, su Rai3, è l'unico film italiano che si candida per l'Oscar, ma sarà difficile che vinca qualche cosa. Già si discute se sia un film o solo un documentario. Sorrentino ha definito "Fuocoammare” come un bellissimo film, che andava, però, candidato all'Oscar nella categoria dei documentari.
Anch'io ho difficoltà a catalogare quest'opera di Rosi, che ha evitato, comunque, il docu-film con voce fuori campo e frettoloso; è rimasto per un anno a Lampedusa, cercando di entrare così realmente nel mondo piccolo dell'isola.
In parecchi denunciano che non è un prodotto spendibile e commerciabile, soprattutto in ambito hollywoodiano, dato che, in USA, dei migranti nostrani, non gliene può fregare di meno, e lì poi, rimarrebbero basiti di fronte ai nostri metodi di accoglienza indiscriminata.
Gli ammeregani hanno bisogno di seguire films rassicuranti e tranquillizzanti, “Mediterraneo”, ai tempi, aveva vinto un Oscar,  perché mostrava al pubblico  d'oltreoceano gli italiani come loro preferiscono vederli, cioè in mutande e ricoperti di stracci.   
L'emergenza costante di Lampedusa e la vita quotidiana dei suoi abitanti scorrono, però, su due nastri spazio-temporali paralleli, che paiono non incontrarsi mai, come nella poesia di Montale “Tempo e tempi”. Ma mi riferivano  amici, turisti a Lampedusa, che i migranti, in continuo arrivo, rimangono come invisibili.
Nessuno dei lampedusani, a cominciare dal ragazzino Samuele, vede mai un solo migrante. Il lavoro indefesso di soccorso rimane confinato nell'operato della nostra eroica e generosa Marina Militare.
“Fuocoammare”, ha avuto, in Italia  scarso successo, così come all'estero, dove è stato distribuito con fatica. Una giornalista francese ha scritto, su Twitter: “Vu cette semaine “#Fuocoammare, par-delà Lampedusa”, une belle photo poignante de 2h (mais pour quel public … ?)”.
La visione  della stiva di una nave, piena di cadaveri di migranti accatastati, mi è parsa una scelta morale discutibile, con i morti usati come comparse per dare pugni nello stomaco agli spettatori. Questo anche quando la macchina da presa sale su una scialuppa medica, che sta recuperando alcuni migranti in condizioni disperate,  e gli sta addosso, secondo uno stile da cronisti TV d'assalto. Ma, del resto, Rosi, nei suoi films, si è sempre concentrato sulla morte.
Ho trovato il film frammentario ed anche troppo enfatico, un pout-pourri di stralci del reale, montati insieme ad altre  sequenze ricostruite, come la mangiata di spaghetti con risucchio, in famiglia, la disquisizione sulla semi-cecità di Samuele, ragazzino selvaggio e la definizione del sesso di due gemelli, in un'ecografia del dottor Bartolo.
Mi parevano più osservazioni Sulla realtà che non Della realtà.
Lampedusa, isola dal  clima mediterraneo e dal paesaggio semi-desertico, era qui presentata sotto un manto costante di nuvoloni, grigi ed ingombranti. Pareva l'isola de “La tempesta” di Shakespeare,  un luogo non vicinissimo all'Africa, ma nel Mar Baltico.
Tutta la vicenda era presentata, secondo me, in modo troppo asettico, con scarsa partecipazione umana; l'unica scena che mi ha commosso è stata la breve sequenza in cui alcune povere donne africane piangevano, disperate, abbracciandosi, ed una di loro si versava, finalmente, dell'acqua sul capo, dopo giorni e giorni di arsura.
Franco Bifani






7 commenti:

  1. Di fronte ad ogni opera, libro o film che sia, che si propone al di là della cronaca di raccontare la realtà immediata, mi chiedo fino a che punto le vicende di cui si narra siano entrate in noi e rielaborate da poterle interpretare e comunicare. Per fatti tanto vicini, che risentono di tante voci ritengo sia molto difficile mantenere un equilibrio nella narrazione , nell'emozione e nella valutazione. A volte vedo, e forse sbaglio, più una ricerca di profitto personale che una profonda motivazione morale.

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  2. Mi dispiace di non averlo visto e di non possedere elementi di giudizio, ma sono col Prof. Bifani nel ritenere che non interessi a nessuno la condizione in cui versa l'Italia; tanto meno l'immigrazione che la sta soffocando. Non interessa neppure ad una gran parte degli italiani, donca figürät te. Ha ragione pure Marisa Guidorzi nell'affermare che, le troppe e differenti parole che si spendono per questi accadimenti, siano destabilizzanti.

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  3. intanto in una scuola superiore di fidenza è stato dato ordine di guardarlo per poi essere interrogati sul tema.
    facendo presente che gli immigrati sono una grande risorsa.
    resto anonimo per evitare ritorsioni sulla figlia

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    1. Strano, a scuola si dovrebbe educare all'uso di uno spirito critico.

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  4. Sul tema degli immigrati dall'Africa c'è una silenziosa ipocrisia da parte di chi ha creato le condizioni perchè arrivino in Italia a migliaia di persone. L'Italia adesso non può essere altro che lo scarico per altri,con le spalle molto più grosse, che hanno aperto il rubinetto.Inutile perdere tempo a indignarsi o a fare film e pubblici dibattiti, l'Italia può solo svolgere il compito che le è stato dato.

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  5. rimane il problema della casa cantoniera occupata che i sindaci di sinistra hanno dichiarato che andava liberata, lo avesse fatto un leghista sarebbe stato crocefisso.
    comunque in quella casa i bambini hanno dei giochi che io da piccolo sognavo......
    se queste sono persone bisognose......

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  6. Scommetto che sono stati docenti o presidi ciellini ad obbligare alla visione del film. Ossia tutti quelli che blaterano l'accoglienza indiscriminata, buonista e calabrachista, da addossare, naturalmente,sulle spalle altrui, non sulle proprie. Il film, comunque, è asettico, politicamente. Era stato seguito, su Rai3, da un servizio di Domenico Iannacone, che era, invece, molto interessante, più incisivo, chiaro ed efficace, sull'argomento degli sbarchi a Lampedusa.

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