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giovedì 1 dicembre 2016

Un delitto d'onore di 5 secoli orsono

Salomone Marino raccolse da un esaltatore questi
 versi  in cui si fa rivivere l’efferatezza del delitto
Laura Lanza di Trabia venne data in sposa, a Palermo, al membro di una facoltosa e blasonata casata, con matrimonio combinato, manco a dirlo.
Il 21 dicembre 1543, all'età di 14 anni, si unì a don Vincenzo II  La Grua-Talamanca, figlio del barone di Carini, Pietro III e di Eleonora Manriquez, e si trasferì nel loro avito maniero, dove visse per vent'anni e dove nacquero i suoi otto figli.
Castello di Carini
Laura era un'avvenente giovane dalle bionde chiome e dagli occhi cerulei,  e si era fatta notare, a Palermo, durante le feste e i ricevimenti, come ragazzina da costumi un po’ troppo disinvolti; ragion per cui il marito, peraltro sempre preso dagli obblighi delle cariche pubbliche e dagli affari, aveva pensato bene di relegarla nel proprio castello di Carini. Quivi, pare che Laura intrecciasse una relazione con Ludovico Vernagallo, cugino del marito e di rango inferiore, ma che lei amava da tempo.
La leggenda racconta che fu un frate del vicino convento ad informare il padre ed il marito della sposa, e costoro, freddamente, prepararono l’assassinio.
Quando il frate si accorse che i due amanti stavano insieme, avvertì don Cesare Lanza, che corse a Carini, accompagnato da alcuni cavalieri, e fatto circondare il castello, per evitare la fuga dell’amante di sua figlia, vi irruppe all’improvviso, e, sorpresili a letto, uccise la figlia e fece uccidere Ludovico da un sicario o da don Vincenzo.
Secondo alcune versioni Vincenzo La Grua  avrebbe ucciso entrambi gli amanti e don Cesare si sarebbe addossato tutta la colpa delle azioni compiute dal genero.
Stemma famiglia Lanza
La stanza dell’assassinio è crollata completamente, ma si dice che la baronessa, colpita al petto, si toccò la ferita e, appoggiandosi ad una parete con la mano, vi lasciò impressa un'impronta insanguinata. Una vicenda che ricorda quella di Paolo e Francesca, del V canto dell'Inferno dantesco.
Il duplice assassinio non fu subito di dominio pubblico, perché le due potenti famiglie misero subito a tacere il fattaccio. Ma il viceré, appena venuto a conoscenza del delitto, bandì don Cesare Lanza ed il barone di Carini e i loro beni vennero sequestrati.
Don Cesare Lanza  si rivolse a re Filippo II; spiegò i motivi che lo avevano portato assieme al genero a trucidare i due amanti ed avvalendosi delle norme, in quel tempo in vigore, sulla flagranza dell’adulterio, chiese il perdono che fu accordato.

“Sacra Catholica Real Maestà,

don Cesare Lanza, conte di Mussomeli, fa intendere a Vostra Maestà come essendo andato al castello di Carini a videre la baronessa di Carini, sua figlia, come era suo costume, trovò il barone di Carini, suo genero, molto alterato perchè avia trovato in mismo istante nella sua camera Ludovico Vernagallo suo innamorato con la detta baronessa, onde detto esponente mosso da iuxsto sdegno in compagnia di detto barone andorno e trovorno detti baronessa et suo amante nella ditta camera serrati insieme et cussì subito in quello stanti foro ambodoi ammazzati”.
Don Cesare Lanza conte di Mussomeli

Don Cesare Lanza riebbe i suoi beni e anche il barone di Carini, marito di Laura, fu assolto con formula piena, e visse indebitato, sino alla sua morte, dopo avere portato al Monte dei Pegni gli ultimi gioielli della sua famiglia.
Secondo la tradizione locale, la baronessa sarebbe stata tumulata nella cripta dei La Grua, sotto l'altare maggiore della  Chiesa Madre di Carini.
Due anni fa, il grafologo del Tribunale di Palermo, Carmelo Dublo, ha esaminato gli antichi documenti disponibili, per rinvenire elementi utili all'individuazione della reale tomba, con l'ausilio del  RIS di Messina.
Si è così giunti alla cripta dei Lanza, nella chiesa di Santa Cita, a Palermo, dove sono sepolti il nonno paterno della baronessa, il padre Cesare, con la seconda consorte e il fratellastro Ottavio.
Sotto il sepolcro del nonno, è posizionato un artistico sarcofago anonimo con lo stemma di famiglia, con la statua di una giovane donna che si ritiene possa essere quello di Laura. Comunque, a distanza di più di cinque secoli, la vicenda rimane ancora oscura, uno dei tanti misteri italiani.

Franco Bifani


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