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giovedì 13 luglio 2017

Vade retro, fascista!

L'adesione alla causa fascista non impedì a molti di essere italiani:
pregi, vizi e virtù indissolubilmente unite in quel "Viva Me!".
Il resto è retorica e forse anche questo lo è.
Vade retro, fascista!

Caro Ambrogio,
ho appena letto le opinioni di un rigido antifascista romano, che, giustamente, nota che, tra le bancarelle della Stazione Termini o nei bar della periferia romana, vengono impunemente esposte immagini che rimandano al periodo fascista. Ma ci sono parecchie edicole, anche qui da noi, che, periodicamente, espongono calendari ed altri gadgets, riferibili al Ventennio.
In questa foto due delle più importanti realizzazioni durante il ventennio.
Attribuibili all'orgoglio borghigiano poi fidentino sono rimaste come riferimento
insostituibile della città, frutto delle migliori risorse tecniche  della città.
Qui si respira aria fidentina non fascista.  

Ci sono poi, sempre a Roma, monumenti, sui quali ancora campeggiano scritte inneggianti al Duce, come il Foro Italico, che  porta ancora il nome di Mussolini. Chi si reca allo stadio, a Roma, passa sotto l’obelisco con la scritta “Mussolini Dux”, affiancata dal fascio littorio, visibile -udite! udite!-  anche su numerosi tombini.
Tutto ciò offenderebbe la comunità ebraica e la memoria di chi ha combattuto, perdendo in molti casi la vita, contro la dittatura.
Ma ci sono i numerosissimi edifici costruiti durante il fascismo, le cui caratteristiche architettoniche sarebbero, pure loro, una forma indiretta di propaganda del regime.
Che facciamo, li abbattiamo tutti? Dovremmo distruggere, minuziosamente, ogni prodotto del Ventennio, per evitare epidemie di neofascismo ed allergie antidemocratiche?
Ma certo, annientiamo, con qualche ordigno nucleare, anche tutte le città dell'Agro Pontino. abitanti inclusi. Facciamo come i talebani afghani e gli eroi dell'ISIS, o ancora meglio, come chi incendiò, 14 secoli orsono, la Biblioteca di Alessandria, asserendo che tutto quanto è fuori dal Corano non vale una cicca frusta.
Se ogni governo, venuto dopo quello avversario, dovesse compiere opera di demolizione e di eliminazione di tutto quanto dal precedente prodotto ed espresso, staremmo freschi. Sarebbe un etnocidio culturale seriale, come quello operato dagli Spagnuoli in Centro e Sudamerica.
In Italia, con tutti gli occupanti stranieri che abbiamo avuto, dopo la fine dell'Impero Romano, ci rimarrebbe ben poco da salvare, in ogni campo artistico e letterario.
Se posso dire la mia, senza essere scioccamente accusato di apologia del fascismo -per carità!-, gli italiani non sono tanto nostalgici del fascismo, quanto ossessionati dal suo ricordo.
Il fascismo allunga ancora, dopo più di 70 anni, la sua ombra sul Paese, e a molti piace ancora crogiolarsi alla sua frescura. È una suggestione dura a morire, pare quasi sempiterna.
Nei primi anni '60 vennero fuori numerosi docu-films che, latentemente, inneggiavano a quel periodo disgraziato. Ora, da anni, in TV, non fanno che trasmettere, quotidianamente, documentari o fictions su Mussolini, e si tengono discussioni di lana caprina infeltrita sul fascismo.
È una vera e propria ossessione, che alberga, per adesione o per contrasto, in moltissimi italiani, di ogni età, ceto, censo e cultura.
E i cosiddetti neo-fascisti non sono certo solo quelli che fanno il saluto romano, espongono icone del Duce, aprono lidi di Destra a Chioggia, organizzano partitucoli e miseri cortei, sventolando neri gagliardetti, sorretti magari da zucche pelate.
Sono abilmente nascosti ed infiltrati tra i sedicenti antifascisti e democratici a paroloni, non mai a fatti, quelli che sproloquiano, tra roboanti discorsi retorici e slogans triti e ritriti, dai tempi di “Fascisti carogne, tornate nelle fogne!”.

Franco Bifani

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