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domenica 13 maggio 2018

"Volare gli Appennini atterrando ad Imola" di Laura Sambruna

Lunedì 14 Maggio 2018 
secondo giorno di riposo

Martedì 15 Maggio 2018
10^ Tappa: Penne-Gualdo Tadino, 239 km


È la tappa più lunga del Giro 2018 con i suoi 239 km. Da Penne si effettua una lunga traversata degli Appennini centrali, costeggiando il Gran Sasso da est e poi i Monti Sibillini fino all'Appennino Umbro. Innumerevoli le salite brevi, 3 classificate GPM; finale mosso per attaccanti anche se non è completamente esclusa la volata. A pochi km dalla partenza, passaggio in Farindola e poco dopo accanto ai resti dell'Hotel Rigopiano. Dopo Ascoli Piceno si toccano alcuni centri marchigiani del cratere del Terremoto dell'agosto 2016.


Haiku Laura

salita dura                 
sudare non basterà
sguardi scomparsi 





Dalla poesia di Cucchi:

La tua maglietta rossa sarà la più bella,
e con un simbolo chiaro, proprio qui sul petto.
Lo diceva il giovane dal braccio ferito,
e lui capiva e non capiva.
Sarà stato il '50, il '51,
gli parlava della corsa dei fiori,
la Milano Sanremo.
Dopo l'ultimo scatto, e passata la fontana,
sorriderai nella vittoria dei colori giusti,
e avrai le braccia alzate del campione. (82)

Mercoledì 16 Maggio 2018
11^ Tappa: Assisi-Osimo, 156 km

Tappa mossa con salite medio lunghe nella prima parte e i classici muri marchigiani nella seconda. Si scala il Passo del Termine (inedito) fino poi a raggiungere la Provincia di Ancona dove si scalano il Muro di Filottrano (città di Michele Scarponi) che presenta pendenze fino al 13-14% e in sequenza due strappi molto vicini a Osimo fino all'arrivo finale nel centro storico medievale di Osimo già sede di 2 arrivi.





Haiku Laura


occhi schizzati
e lucida la pelle
estremo sforzo



“L’amore tra bicicletta e parola scritta fu subito divorante. Miliardi di parole hanno raccontato la bicicletta. Una letteratura sterminata. Un Everest, che nasconde diamanti.” 

Claudio Gregori

“La bici è poesia“ [...] “I paracarri attenti cronometrizzano la corsa. Il mio corpo raccolto e compatto si geometrizza secondo i piani e le forze della bicicletta; ne vive la precisione meccanica di gambe-bielle salire scendere instancabili cocciute. (Essere una macchina precisa infallibile annusatrice predatrice di velocità, godere cantare tutto il poema nascosto nelle molecole d’acciaio), in uno scenario dove Tutte le Ombre della Notte raccolte chinate attorno a me si protendono dietro le mie spalle guardando curiose e meravigliate un ciclista che rigonfia di Poesia un nuovo pneumatico-ideale“.


Giovedì 17 Maggio 2018 
12^ Tappa: Osimo-Imola, 213 km

Tappa completamente pianeggiante lungo la ss.16 “Adriatica” prima e lungo la ss.9 via Emilia nel finale. Solo dopo il passaggio sull'arrivo si affronta un giro del circuito dei Tre Monti prima dell'arrivo per una probabile volata all'interno dell'Autodromo Enzo e Dino Ferrari, dove vinse Zakarin nel 2015 e dove Vittorio Adorni si laureò campione del mondo nel 1968.



Alessandro Ricci. (Chi è? Alessandro Ricci (1974) giornalista free lance, inizia con “Il Messaggero” Abruzzo nel 1994. Ha collaborato con testate nazionali a tema turismo e tempo libero, cura l’ufficio stampa per enti pubblici e privati. Ha avviato il progetto Borracce di poesia nel 2007, nel 2013 vince il Cycling Visionaries Awards al Velo-City di Vienna, sezione Cycling and the Arts)Quando rima con saetta o quando fa dlin dlin. 
Quando dà scandalo o racconta di “curve schiene striate mulinanti/nella pista” per dirla con le parole di Eugenio Montale (1896-1981) e ancora si racchiude in un haiku o ispira lo scivolare via dei pensieri, la bicicletta è poesia. 

Pedalare è un gesto poetico. 
Se ne sono accorte le penne dei poeti che già dalla metà del 1800 hanno cominciato a cantarla. Fino a tempi più recenti con versi dedicati alle imprese dei grandi campioni del ciclismo.
All’inizio non fu facile se per la scrittrice Matilde Serao (1856-1927) la bicicletta era “l’atroce macchina” e per il poeta Giosuè Carducci (1835-1907) i ciclisti erano degli “arrotini arrabbiati”. 
La bicicletta non piaceva al padre di Giacomo Leopardi, il conte Monaldo, che nel 1831 scriveva: “Camminavo sol pensoso/per solinghe prode amene/quando un mostro fragoroso la mia quiete alta turbò!”. 
Anche a quei tempi insomma… era colpa dei ciclisti sul marciapiede! 

Alfredo Oriani, invece, incitando nel 1897 alla composizione di un’ode dedicata alla bicicletta, ne anticipava l’importanza per la mobilità nuova: 
“Virgilio cantò il cavallo, Monti il pallone, Carducci il vapore, molti la nave, nessuno ancora la bicicletta; eppure né il cavallo, né il pallone né il vapore né la nave resero all’uomo più facile trasportarsi ovunque una qualche necessità lo richiami, lasciandolo più signore di se stesso”.
Ecco allora Olindo Guerrini che con lo pseudonimo di Lorenzo Steccheti, nel 1901, regala dei versi che starebbero benissimo in una scena urbana contemporanea: “Giammai, scoccata da una man feroce/dall’arco teso non fuggì saetta/come al suo sentier corre veloce/la bicicletta”. Bella anche Pedalando, sempre sua: “ed io rimo per te queste parole/in bicicletta respirando il sole”. 
Giovanni Pascoli, nel 1903, scrive: “La piccola lampada brilla/per mezzo all’oscura città./Più lenta la piccola squilla/dà un palpito, e va…/dlin… dlin…”.

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