sabato 22 settembre 2018

Che occhi grandi che hai. Il Lupo e Noi

Molto più di un animale: il lupo è figura archetipica della paura, della libertà, dell’altro da sé perturbante ma anche inestricabilmente legato alla vicenda degli umani, parente stretto del cane, icona della fedeltà, ma anche avversario ancestrale.
Incarna la paura e il desiderio, è uno dei più antichi motori di leggende, favole, mitologie.
In una serie di tre incontri si intende approfondire la realtà di questo abitante del nostro territorio e del nostro immaginario, il suo ritorno nel nostro Appennino.



IL WWF PARMA E' LIETO DI INVITARVI 
ALLA RASSEGNA
CHE OCCHI GRANDI CHE HAI!
IN VIAGGIO CON IL LUPO DENTRO DI NOI

presso l'Auditorium delle Orsoline di Fidenza
in via Berenini 136

-VENERDI' 28 SETTEMBRE ore 21:

IL LUPO IN ITALIA
Marco Galaverni del WWF ITALIA ci spiega la biologia, la socialità, 
i comportamenti, il territorio, e la diffusione del lupo in Italia.

-VENERDI' 5 OTTOBRE ore 21:

IL LUPO DELLA PORTA ACCANTO
L'associazione "IO NON HO PAURA DEL LUPO" ci racconta
del lupo nel nostro territorio e della convivenza possibile.

-VENERDI' 12 OTTOBRE ore 21:

IL LUPO NELLA MIA TESTA
Lo scrittore Mario Ferraguti ci parla del lupo che abita nella nostra testa:
dalle favole all'informazione.

Nelle giornate di Venerdì, Sabato e Domenica dalle 17 alle 19
e durante le serate degli incontri sarà aperta una mostra di pirografie del Lupo
Documenti
IL LUPO SULLA PELLE

Paolo Mainardi è un ingegnere, mai disegnato e men che meno dipinto, se non con il Rapidograph a china, attaccato a riga e compasso sul tecnigrafo, tutta roba del secolo scorso, e poi sistemi automatizzati, autocad, e così via.
Mi raccontava del Politecnico a Milano –e, immagino, sarà così in tutto l’ occidente- con gli studenti e i docenti delle facoltà di Ingegneria e quelli di Architettura che si sfiorano ma non si toccano. Tecnici e artisti due etnie quasi incomunicanti.
Nel tempo l’Ingegnere Mainardi si occupa anche di altre cose, un po’ per compensazione, forse: ottiche da astronomia, sullo sfondo un impegno mai abbandonato per i temi dell’ambiente, la militanza nel WWF..
Negli anni gli capita di occuparsi di due cani, due pastori tedeschi o, come si dice comunemente due cani-lupo. Viventi di transizione, come dire domestico-selvatico, consueto-estraneo, volendo citare in tedesco e psicanalese, heimlich-unheimlich. In francese si dice entre chien et loup per indicare l’ora più bella, quella del crepuscolo.  
Quando si stringono queste alleanze, questi rispecchiamenti profondi, e del profondo, la scomparsa di una delle parti porta sempre un dolore insidioso, che ci sembra irragionevole perchè oltre la ragione.
Ed è dopo la seconda di queste amputazioni che Paolo Mainardi inizia a disegnare, a produrre immagini non progettuali, o meglio funzionali ad un progetto differente.
Usa la pirografia, tecnica antichissima ma poco codificata nella storia delle immagini, pochissimo trattata nelle Storie dell’Arte, e quasi soltanto nella letteratura anglosassone, come accade per quelle applicazioni prossime alle Fine Arts, alle arti applicate che la cultura idealistica del nostro Paese tiene rigorosamente distinte dalle arti auliche. Un po’come gli ingegneri dagli architetti. Ne trovate per esempio nelle decorazioni dei cassettoni medievali e rinascimentali, come nella Rocca Sanvitale a Fontanellato. Si scalda il legno fino a carbonizzarlo con un segno modulabile e irreversibile, che non si cancellerà più. Forse marcirà il legno ma il carbone resta. Il carbone, come il cugino diamante, è tra i materiali più duraturi che esistano sul pianeta.
Una tecnica, quella della pirografia, davvero difficile: un segno che non si può cancellare, che richiede una mediazione molto controllata tra gesto e segno. Paolo inizia a ripercorrere la fisionomia di lupi in immagini che recupera da varie fonti, principalmente in rete, in qualche modo riprende l’immaginario diffuso concernente questo animale bellissimo. Le trascrive su tavole di legno con tratteggi di diverso spessore e definizione. La natura del segno è simile a quella dell’incisione a bulino; acquisendo una certa abilità si arriva a produrre velature che richiamano l’acquaforte, ma l oggetto resterà unico.
Interessante come Paolo Mainardi racconta il processo: parte dal centro, dal naso e dagli occhi, dall’espressione, e da questo ramifica il resto dell’immagine. Ricostruisce e reitera il guardarsi negli occhi di questi due abitanti del pianeta, un bipede presuntuosamente dominatore e un quadrupede che sa tante cose, quell’attimo in cui si allinea un senso più ampio dello stare al mondo, e da lì cresce una figura,  un minimo racconto. Per procedere si deve stare concentrati, non ci si può permettere errori o divagazioni. Qualcuna di queste figure ha il segno detto comunemente “tribal”, forse sono schemi di quelli usati dai tatuatori, e quello che fa il nostro autore somiglia all’incidere sulla pelle il segno di una perdita, che non si può e non si deve dimenticare. Non solo quella individuale, del compagno per un tratto del nostro stare sulla terra, ma anche quella collettiva, della perdita del senso di un vivere riconoscendo il disagio della civiltà, la legittimità, anzi, la necessità, di quello sguardo esterno alla nostra cultura.
Paolo Barbaro
Settembre 2018

2 commenti:

  1. Homo homini lupi. Ma non è vero, i lupi, a confronto con gli uomini, sono molto migliori, uccidono solo per scopri alimentari.

    RispondiElimina
  2. Mi scuso con l’inclito pubblico, mi è uscito Lupi, e non Lupus, ma è colpa dello stramaledetto correttore

    RispondiElimina