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domenica 18 novembre 2018

Come lo devo dire?


Come lo devo dire?
Handicappato, diversamente abile, disabile, diversabile, invalido, spesso con sottintesi dispregiativi sulla condizione della persona e l'intenzione strisciante di offendere. “Persone con disabilità” è il termine utilizzato dall’ONU e dallo Stato italiano.
“Bisogna trovare le parole giuste: le parole sono importanti!” Nanni Moretti in “Palombella Rossa”
Le parole dimostrano la cultura, il grado di civiltà, il modo di pensare, il livello di attenzione verso i più deboli. Semplicemente, persona con disabilità, guardando alla persona, la sua condizione, viene dopo.
“Diversamente abile” o “diversabile”  La disabilità non è una diversità, ma una condizione di vita. C’è chi scambia malattia e disabilità, ma i termini non sono interscambiabili: la disabilità è una condizione che può essere causata da una malattia, ma non è una malattia 
Un segno evidente di disabilità è la carrozzina. Ma la carrozzina è un mezzo di mobilità, liberazione, indipendenza: aiuta, non limita. Per questo è da evitare “costretto in carrozzina”. Meglio, “usa una carrozzina”
Una volta li chiamavano handicappati, poi disabili. Ora è diventato di moda dire «diversamente abile”. Handicappato non va bene, la gente comune l'ha sempre usato in senso dispregiativo, tipo “scemo del villaggio”. Sentir dire «diversamente abile», è molto trendy ultimamente.
Suona tanto politically correct e viene abusato a destra e manca.
Ecco perché mi sembra più corretto parlare di «disabilità», cioè la condizione di coloro che presentano durature menomazioni fisiche, mentali, intellettive o sensoriali che, insieme a  barriere di diversa natura, possono ostacolare la loro piena ed effettiva partecipazione nella società su base di uguaglianza con gli altri. Io, sono un disabile, da 50 anni. Sono sopravvissuto, pur dovendo rinunciare a tante cose. Ma questa è un'altra storia, come ripete Lucarelli..
Franco Bifani

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