Pagine

giovedì 26 novembre 2020

Omaggio di gratitudine a Franco Maria Ricci


Riavvolgendo il nastro dei ricordi… 

Omaggio di gratitudine a Franco Maria Ricci.


Grande chi 

Nel passaggio su questa terra

Non pensa solo a se stesso

Ma si prodiga

Per lasciare

Un’impronta tangibile

Che migliori l’Umanità.

Sarà sempre caro

A Dio

E agli uomini.

E sarà beato in Cielo.

Andammo, io e Silvano - autore dell’indefinibile incontro - nella sua casa di Fontanellato - che era stata dei nonni - vicino al Labirinto della Masone. La moglie, Dott.ssa Laura, ci venne incontro a piedi, nei viottoli avvolti dal bambù, per indicarci gentilmente dove parcheggiare. 
Lui ci aspettava in casa, nel vasto soggiorno dove, tra opere d’arte che coprivano le pareti, e non solo, ma con la leggerezza che solo le cose belle possono fare lasciando spazio all’emozione, ci fece vedere l’Enciclopedia Metodica dell’abate Pietro Zani. 
Momento indescrivibile, pieno di soggezione da parte mia. Siamo stati accolti come vecchi amici, e non ci eravamo mai visti. 

L’Opera del Nostro era in una pregiata e grande libreria del 1700, di cui mi raccontò storia e minuzie con amore e passione - che non saprei ripetere - vicina all’Encyclopédie di Diderot e Alembert, monumento dell’Illuminismo. 

Questa era l’edizione originale, in grande formato, con incisioni (che, tra l’altro, lui, bambino, stava sfogliando in soffitta, mentre bombardavano Parma nel maggio 1945… e che poi ristampò in anastatico - grande impresa del 1972 - in cinquemila copie, acquistate in tutto il mondo), e non l’edizione economica, di piccolo formato, senza immagini, come quella che acquistò l’Abate - dopo aver chiesto a Papa Pio VI di poterla leggere, con una supplica, perché proibita dalla Chiesa - ceduta poi per poco al Sacro Monte di Pietà di Busseto, per recarsi a Milano a consultare la raccolta d’arte di Bianconi, segretario dell’Accademia di Brera. 

Sapevo che Franco Maria Ricci aveva tutti i ventotto volumi stampati (su un centinaio) dell’Enciclopedia Metodica di Pietro Zani, perché ho conosciuto il collezionista che gliel’aveva venduta. Non pensavo, però, che fosse così gentilmente disponibile e contento di lasciarcela consultare! Si dimostrò molto interessato alla vita del sacerdote fidentino che stavo per far conoscere in modo più approfondito nella seconda edizione del libro. 

Parlammo un po’ quel pomeriggio, e io stavo attenta che ogni mia parola tradisse la mia poca cultura, ma nonostante il divario abissale che ci divideva, mi ha fatto sentire simpaticamente a mio agio. Se questa non è grandezza d’animo… 
Emozione grande. 

I coniugi Ricci, poi, avendo un impegno, ci lasciarono, scusandosi, invitandoci a guardarla a piacimento per tutto il tempo che volevamo, in compagnia di una ragazza del personale della Fondazione. Sfogliai alcuni di quei volumi, non osando guardarmi attorno… mi rendevo conto di aver ricevuto tanto in quella casa che aveva ospitato Jorge Luis Borges, Vittorio Sgarbi, e grandi personalità internazionali.

E pensavo che a Fidenza, patria amata di Pietro Zani, è rimasta solo una piccola parte dell’Opera, sia nella Biblioteca dell’Archivio Vescovile (tre diverse edizioni incomplete), sia nella Biblioteca Civica Leoni (quindici tomi)… 

Quando riuscii a far stampare la mia ricerca, con non poche peripezie, pur cosciente che non era degna di stare con le sue raffinate e bellissime pubblicazioni, ne portai una copia, con una lettera, nella sua cassetta della posta. Mi telefonò entusiasta e grato, il giorno dopo, con mia grande sorpresa ed emozione. Ripetei che non era all’altezza della sua raccolta, e che mi vergognavo un po’, anche perché, effettivamente, la stampa del mio poteva essere migliore… 

Lui mi disse: “Ci sono libri belli e libri importanti, e questo è un libro importante, che mancava, perché fa conoscere un personaggio importante delle nostre terre poco noto…”. Non nascondo la mia gioia nel sentire un giudizio così positivo sul mio lavoro da un uomo di così vasta cultura, che era - e sarà - considerato “il principe degli editori”. 
E ancora mi meravigliò e sorprese l’invito che mi fece, a collaborare con lui per realizzare delle monografie sulle Chiese dei nostri paesi: un progetto che aveva in mente. Declinai… per incapacità (“Ma se ha fatto questo!”) e mancanza di tempo; insistette un po’ e fu dispiaciuto. Pure io… 

Rinunciai alla generosa e straordinaria offerta, come feci nell’altra grande e bella occasione che mi capitò nella vita, quando Don Amos Aimi mi portò a casa le bozze della Storia di Fidenza e mi chiese partecipazione nel rivederle, nel fare qualche aggiunta, nella descrizione di alcuni quadri, piccole cose, promettendo il mio nome insieme al suo in copertina…

Il Dott. Ricci mi invitò allora a visitare la sua Collezione e il Labirinto gratuitamente. Risposi che non volevo privilegi. Lui replicò: “Il Labirinto è mio e faccio entrare gratuitamente chi voglio!” Ma non andai… se non dopo molto tempo, in incognito. Era la prima volta, e ne fui rapita.

Quando, l’anno dopo, presentai il volume sull’Abate nella prestigiosa sede della Biblioteca Palatina di Parma (luogo molto caro sia a Pietro Zani, sia al Dott. Ricci), dove mi aspettavano i più grandi conoscitori del fidentino (il Dott. Leonardo Farinelli, ex Direttore della Palatina e Presidente della Deputazione di Storia Patria, la Dott.ssa Grazia Maria de Rubeis, allora Direttore della Palatina, e la Dott.ssa Roberta Cristofori del MIBACT, che relazionò), gli mandai un sms sul cellulare, forse più per rispetto che altro, sinceramente senza nessuna pretesa, anche perché sapevo del suo stato di salute. 
Mi rispose! 

Conservo nel cellulare il messaggio con caratteri in stampatello: “Ho letto il suo invito. Purtroppo giovedì ho parecchi impegni, però cercherò di venire in Palatina. A presto cordialmente Franco Maria Ricci”. Dissi niente, sperando solo in cuor mio, ma ero scettica. Fu gioia grande, invece, quando lo vidi arrivare nella Sala Petitot, col bastone, al braccio del Prof. Corrado Mingardi! 

Quel pomeriggio a Parma, in Vescovado, presentavano un volume sui tesori segreti della Cattedrale (credo), per cui tutte le alte personalità della città erano là confluite. Lui era venuto a rendere omaggio all’abate Zani, attraverso il racconto della mia ricerca. Non lo dimentico e la mia gratitudine è grande. 

Ho in mente due foto che feci molti anni fa alla sua casa alla Masone, con le zucche di un bel colore arancione sul davanzale delle finestre del piano superiore, a maturare. Ero andata da quelle parti dove stazionavano gli operai dell’Enel che stavano rifacendo la linea dell’alta tensione e sostituivano i vecchi e grandi isolatori in ceramica, per farmene tenere uno. Passavo ogni giorno lì vicino per andare a Scuola a Fontevivo. 

Ho considerato tante volte che forse quelle foto gli avrebbero fatto piacere, ora che ero riuscita ad avvicinarlo, ma… le devo ancora cercare. E, a proposito di foto, ho il rammarico di non aver pensato a una foto insieme, in quei momenti indescrivibili in cui era tutto per me: oggi mi sarebbe molto cara… 
Ho sempre ammirato Franco Maria Ricci, come editore, superbo designer, collezionista, perché ha saputo cogliere la bellezza, l’ha rielaborata e l’ha condivisa, con eleganza ed estrema raffinatezza, in modo inconfondibile... 
Ora anche vicino a Fidenza: 

Il Labirinto di bambù della Masone, il più grande del mondo, straordinario polmone verde nella pianura parmense, entro un perimetro a stella con sette punte che ricorda i profili delle mura delle città ideali del Rinascimento; e quell’Architettura unica, che vi si incastra, intrisa di classicità e geometria, dove si respira armonia e pace come nei chiostri dei monasteri antichi, con pietre a faccia a vista color terra, stampate apposta per la costruzione. 

Il tutto ideato a racchiudere le preziose e originali Opere d’arte, più di cinquecento pezzi, di epoche diverse, di gusto eclettico e curioso, tra busti, dipinti, modelli lignei e cose strane, raccolti durante tutta la sua vita di collezionista; la Biblioteca con i volumi del grande Bodoni “il Principe dei Tipografi e il Tipografo dei Principi”, suo grande ispiratore e maestro: originali preziosi, e ristampe sue, in facsimile (come il Padre Nostro in 155 lingue, un prodigio che m’intriga!); tutte le sue Edizioni, con splendide foto in carta patinata, di un nero brillante, come “La perla nera” così definita da Fellini, FMR, o altre ormai rarità bibliografiche. 

A far da cornice, un Belvedere arioso raggiungibile da una scala a chiocciola, che può liberare lo sguardo dalla Bassa all’Appennino passando sopra le case della campagna; e una Cappella spoglia e misteriosa, a forma di piramide (alla cui ombra, ora, riposano le sue ceneri) - con un labirinto raffigurato nel pavimento, come nelle chiese antiche - che coinvolge e induce alla meditazione. 

Un sogno realizzato! 
Una città? Un borgo? Una piccola Atene racchiusa in una stella? 
Per me un luogo magico. 

Una “creatura” pensata nel tempo, costata molto in pensieri, in denaro, in rinunce, in sofferenze, nel timore di non riuscire a vederla finita, e infine realizzata, per il piacere di condividerla, e lasciarla alle generazioni future. 

Un luogo magico che Franco Maria Ricci, cittadino del mondo, ricco, colto, geniale, stimato, ammirato e conteso, poteva ideare in qualsiasi parte del pianeta, da Milano, a Parigi, a New York, luoghi in cui era di casa. 
Lui ha voluto ritornare nelle terre dei nonni, dove stavano le sue radici, che ha voluto valorizzare come segno di gratitudine. Creando anche occasioni di lavoro per i residenti locali. Non è poco. 

Sono ritornata alla Masone nel settembre scorso per accompagnare con piacere cari amici che me lo chiedevano da tempo. Pure loro si sono meravigliati di quell’universo racchiuso in un boschetto. Era una bella giornata di sole, come quella che pochi giorni dopo se l’è portato via. 

Nella campagna fontanellatese è caduta una stella, ma… se ne sono accorti gli abitanti del luogo? 
Così Don Pietro Zani, cittadino europeo dei suoi tempi, studioso e ammirato da molti come massimo esperto di stampe, rifiutò tante occasioni, in luoghi lontani, per stampare la sua Enciclopedia, per poterla realizzare nella propria terra. Sfumata, infatti, la promessa del Duca Ferdinando, amico e benefattore (avvelenato a Fontevivo nel 1802), tergiversò per lunghi anni, continuando a incrementare l’opera, fino a quando le redini del Ducato di Parma tenute salde dalla buona Duchessa Maria Luigia fecero rinascere in lui la speranza. E il sogno cullato per ben trentacinque anni si stava avverando… 

Già nel 1788 il barone tedesco Heinecken gli aveva proposto di fondere il Dizionario degli Artisti che stava preparando, con la sua Enciclopedia. Nel 1796, a Venezia, lo stampatore Remondini, gli consigliava la stampa a sue spese dell’Opera, offrendo libri, amanuensi, alloggio e pensione vitalizia di lire 3000, anche se doveva cedere la proprietà del lavoro. 
Alla fine del 1802, si offrirà per la pubblicazione Andrea Mainardi, stampatore e libraio presso la Biblioteca Ambrosiana di Milano. Nel 1805 Paolo Brognoli lo invitava a trasferirsi a Brescia dove Bettoni era disponibile e pronto per la stampa, anche con due torchi. Nel 1809, pure il marchese di Pavia, Luigi Malaspina, scriveva di essersi interessato per la pubblicazione dell’opera in Milano, con la promessa di dargli ospitalità e tutto il suo appoggio. 

La sua Enciclopedia era attesa in tutta Europa; la parte stampata si trova nelle maggiori biblioteche, e, come la parte rimasta manoscritta conservata in Palatina a Parma, viene ancora oggi consultata. Di recente una studiosa di Friburgo, in Svizzera, mi ha fatto sapere di averla trovata nella Biblioteca di Monaco di Baviera, meravigliata che l’Abate, nell’Indice degli oltre 40000 artefici della Parte Prima, abbia indicato quel pittore della sua città, poco noto, oggetto anni fa della sua tesi, con la data giusta di quando, sparito dalla circolazione, compare a Roma come “fiorente”. Da qui il suo interesse per Pietro Zani e il desiderio di conoscermi per appropriarsi del libro a lui dedicato. 

Pietro Zani e Franco Maria Ricci, non sono certo da paragonare, ma io li ammiro entrambi e li porto nel cuore, anche se in modo diverso: uno mi ha fatto avvicinare all’altro. Qualcosa, sicuramente, li accomuna: l’aver speso una vita intera, con passione, alla ricerca del bello nell’arte, per condividerlo. 

La gente lontana li conosce e li loda. Aspettano forse un po’ di amore, di attenzione e gratitudine in più, dalla gente della propria terra… 

Fidenza 25.11.2020                                  Mirella Capretti

4 commenti:

  1. Brava, Poff.ssa Mirella Capretti, grazie per questo bellissimo ricordo di Franco Maria Ricci.
    Abbiamo bisogno in questo triste periodo di Persone che valorizzano il nostro territorio mettendo in evidenza l'operato delle persone che lasciato testimonianze del loro lavoro. questo è CULTURA da trasmettere ai posteri, Grazie.
    l'Anonimo di Borgo

    RispondiElimina
  2. Cara Mirella, grazie per questo omaggio, intriso di profonda cultura, che tu, nella tua profonda umiltà, non ammetti di avere. C'è un bisogno estremo di bellezza e di qualcuno che sappia valorizzare il nostro patrimonio artistico e culturale. Franco Maria Ricci è stato una grande persona, che ha contribuito a questa valorizzazione. Ma tu non sei da meno! Non mollare! Un abbraccio, sorellina!

    RispondiElimina
  3. Che servizio interessante! Non si finisce mai di imparare, attraverso persone di grande cultura come la d.essa Mirella Capretti.

    RispondiElimina
  4. Davvero un bellissimo scritto, meravigliosi intrecci di storie di studio e di passione. Sono molto onorata di averti conosciuto

    RispondiElimina