Pagine

domenica 27 febbraio 2022

Il mistero dell'Assunta nel Rosario di Andrea Mainardi

 A proposito di un’opera impropriamente attribuita a Giulio Campi


      Tra i dipinti del Museo diocesano di Fidenza non passa inosservata   la piccola tela che raffigura l’Assunzione di Maria (51X66), proveniente dalla cinquecentesca chiesa di san Michele, indicata in catalogo come opera di Giulio Campi e databile al 1570; l’attribuzione dovuta a Giovanni Godi (Studi su Giulio Campi, Parma, 1985, p. 57) si basa solo su  considerazioni di carattere stilistico.

Un’ attenta rilettura dei documenti ci permette, tuttavia, di affrontare il problema in modo forse più oggettivo, di certo, storicamente più fondato. Dalle memorie manoscritte del canonico Alfonso Trecasali, pubblicate da Amos Aimi e Aldo Copelli, emerge infatti un dato molto interessante  finora sottovalutato, l’esistenza  di una pala d’altare dedicata alla Madonna del Rosario dipinta nel 1606 dal cremonese Andrea Mainardi detto Chiaveghino (1550-1617) su commissione della Confraternita del Santo Rosario di San Michele  Arcangelo. Il dipinto, di cui si sono perse le tracce da tempo, risulta consegnato il primo di aprile dell’anno 1606:  

‘’una Anchona con il suo ornamento fatta far nella Città di Cremona dalla Compagnia di  detto borgo santo Donino, il pittore è stato il Chiaveghino cioè messer Andrea Mainardi di Cremona, costa  detta Anchona e suo ornamento per l’altare ducatoni 113’’.

Tre anni dopo, nell’agosto del 1609, sempre dalla stessa fonte si ha  notizia della  cornice in legno intagliato e dorato  realizzata sempre a Cremona da  Gabriele e Galeazzo Capra, che provvedono anche  alla sistemazione definitiva della cappella:

"Nota come del presente mese d’Agosto messer Galeazzo Capra ha finito d’indorare l’Anchona Posta all’Altare  della Compagnia del S.mo Rosario nella Chiesa Parochiale di S.Michele di detto borgo sancto Donino, et ha ancora finito di pingere detta Capella et ha avuto da detta Compagnia per sua mercede lire 665 imperiali di nostra moneta, ove che detta Anchona costa a detta Compagnia con la pittura di detta Cappella et altre diverse spese, in tutto, e per tutto lire 1519 e soldi 9 imperiali di nostra moneda videlicet a messer Andrea Chiavichino cremonese che ha dipinto detta Anchona in Cremona lire 401, soldi 10 a messer Gabrielle Capra Cremonese per aver fatto l’ornamento di detta ancona di legno lire 328; soldi 10 imperiali, al soprascripto messer Galeazzo ut sopra lire 655 in ferramenti, legni per far ponti, terra, giesso, Sangala, per coprire detta Anchona, lazza, brochetto, fil di ferro, et Opere di Muradori  lire 84, soldi 13 imperiali, per cavalcature et spese cibarie per gli soprascripti messer Andrea et messer Gabrielle quando sono venuti a Borgo predetto a mettere in opera detta Anchona et detto suo ornamento lire 49 e soldi 16 imperiali’’ ( Cfr. A.Aimi-A.Copelli,  Storia di Fidenza, Parma, 1985, pp 167-168) .  

E’ molto probabile che l’estensore della nota, con l’espressione  “Anchona e suo ornamento’’ si riferisse alla raffigurazione  dei quindici misteri del Rosario  in altrettanti quadretti a coronamento dell’immagine principale: una tipologia iconografica molto diffusa a quel tempo e adottata più volte dallo stesso Chiaveghino, come, ad esempio, nel quadro della Madonna del Rosario nella chiesa di San Biagio di Codogno.

Il soggetto e le  ridotte  dimensioni della tela, con il margine  superiore  che rasenta  la testa  della  Vergine seduta sulle nubi, sono elementi che inducono a considerare il piccolo dipinto non come opera autosufficiente  bensì come lacerto ritagliato dalla pala dipinta dal Mainardi. L’esecuzione raffinata, lo stile moderatamente manierato  e la vivace cromia non smentiscono l‘ipotesi.

Ad Andrea Mainardi, pittore che la critica colloca tra i protagonisti del tardo manierismo cremonese, rimandano i modi eleganti che ricordano Giulio Campi  e ovviamente  Bernardino suo maestro, ma è avvertibile anche  l’influenza di Giovan Battista Trotti detto Malosso (1555-1619), suo coetaneo, di cui il Chiaveghino fu  accreditato collaboratore; illuminante a questo proposito è il confronto tra l’Assunta fidentina e l’analoga teletta malossiana che accompagna l’immagine  della Madonna del Rosario di Romanengo, opere vicine non solo sul piano compositivo.

Il pittore cremonese era  assai apprezzato a Borgo San Donnino, lo dimostrano chiaramente le due grandi tele della Cattedrale, la Presentazione al Tempio del 1600 e  San Francesco in estasi, del 1606, lo stesso anno  del dipinto di San Michele;  ben note agli studiosi sono  anche le altre numerose testimonianze presenti nel nostro territorio, tra cui la bella Annunciazione della vicina chiesa di Santa Maria di  Castellina di Soragna e le pregevoli opere presenti nelle chiese di Soragna e di  Busseto.

Decisamente interessante, è, infine, il confronto con la coeva Pentecoste dell’oratorio di San Giuseppe di Cortemaggiore: qui ci limitiamo a segnalare il tipico gesticolare e l’espressione stupita  degli apostoli, la composta figura della Vergine e l’apostolo rivolto a destra verso l’esterno del cenacolo: particolare curioso quest’ultimo che ritorna pari pari nella piccola Assunzione di Fidenza.

Ritrovata negli anni Settanta dal parroco mons. Lino Cassi, la teletta è ricordata sulla cimasa della cornice tardo ottocentesca del coro che inquadra la nicchia che ospitava la statua dell’arcangelo Michele, ma si tratta chiaramente di un adattamento, un rimpiego risalente al restauro e ai rifacimenti apportati da  Giovanni Musini nel 1893. 

I drastici interventi, estesi anche alla facciata e  di cui non abbiamo documentazione diretta, comportarono la rimozione dall’abside   della antica immagine miracolosa della Madonna delle Grazie: l’affresco (attribuita a Tommaso da Modena, conservata nel Museo Diocesano), già allora deteriorato, era stato coperto nel 1823 da una  tela raffigurante anch’essa l’Assunzione della Vergine forse l’ultima opera del fidentino  Angelo Carlo Angelo (1745-1823), della quale ci rimane solo il disegno firmato (A.Leandri, Il pittore Carlo Angelo Ambrogio Dalverme 1748-1825, Fidenza  2007, p.212) . 

 Ai gravi danni subiti dall’edificio sacro per il suo utilizzo come magazzino militare durante l’amministrazione napoleonica si sono sono aggiunti quelli arrecati   dagli ultimi avvenimenti bellici col conseguente abbandono della chiesa cinquecentesca ancora oggi sconsacrata  :  essa ci consegna, come ultima  reliquia, un quadretto con l’effige di Maria Assunta, ‘‘ornamento’’ costitutivo dell ‘‘anchona’’ dispersa di Andrea Mainardi.

Guglielmo (Mino) Ponzi


1 commento: