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domenica 4 settembre 2022

Nel labirinto della ricerca con l'Abate Pietro Zani e Franco Maria Ricci



"Nel labirinto della ricerca con l'Abate Pietro Zani e Franco Maria Ricci" 
uno scritto di Mirella Capretti

Nel mio scritto in omaggio a Franco Maria Ricci (26 novembre 2020) l’editore che aveva avuto la gentilezza di accogliermi in casa sua per lasciarmi sfogliare l’Enciclopedia Metodica Critico-Ragionata delle Belle Arti dell’abate Zani - la stampa completa in ventotto volumi, che Fidenza, amata patria del sacerdote non possiede - avevo accennato ad una studiosa di Friburgo (Svizzera) Verena U.V.S., che voleva conoscermi per avere notizie sull’Abate e per chiedermi la seconda edizione del volume a lui dedicato, del 2016, “cercato invano in librerie e biblioteche”.

Aveva scoperto con meraviglia, nella sua Enciclopedia - consultata nella Biblioteca di Monaco di Baviera - tra i 40.000 artefici elencati, quel Willieret Pietro (Pierre Wuilleret), oggetto dei suoi studi nella tesi di dottorato (Vol. 19, Parte Prima, p. 334, 1824).


Il pittore, della sua città, poco noto, di cui non si avevano più notizie da una certa data, è indicato da Zani come “f” (fiorente) nel 1644. Evidentemente aveva avuto notizia che in quell’anno la sua opera “saliva di maggior fama presso i suoi contemporanei”, ma non aveva trovato altro.
Così scrive Verena: 
“È interessante; l’Abate aveva dovuto trovare quel nome in Italia, penso a Roma o tramite informatori romani; più di sessanta anni dopo, nel 1886, Antonio Bertolotti (Artisti svizzeri in Roma) menziona l’artista nel 1644 a Roma. Negli anni ’80, quando lavoravo per la mia tesi, avevo chiesto in Vaticano e ricevuto una risposta negativa: non potevano chiarire il problema della fonte di Bertolotti. E poi cercare in Roma le opere di un pittore svizzero non proprio geniale era come cercare la spilla nel mucchio di fieno (come si dice in tedesco)”.
Ora possiamo supporre che Bertolotti abbia consultato l’Opera dell’Abate.
Recentemente la studiosa mi ha mandato il saggio cui stava lavorando e per cui mi aveva contattata, pubblicato nella Rivista del Museo Nazionale Svizzero. È scritto in tedesco e riporta alla fine un riassunto tradotto in quattro lingue (pag. 52).



Tratta di pittori del 1600, rifugiatisi a Friburgo dalla Borgogna nel corso della Guerra dei Trent’anni, i “Burgundi”, che introdussero un nuovo linguaggio formale, scompigliando i pittori locali, alcuni dei quali emigrarono, come fece Pierre Wuilleret “ad un’età già avanzata”.

Ho ritagliato pagg. 43 e 44, dove ho letto quel nome, e pag. 50 con la nota 117, dov’è citata l’Enciclopedia dell’Abate e il titolo del volume a lui dedicato. (vedi riproduzioni in calce)

Ritornando alla pagina 334 dell’Enciclopedia, meraviglia, certo… il poco che c’è!

Poco, ma frutto di chissà quali traversie, letture di pubblicazioni e gazzette, richieste a informatori, attese di conferme, delusioni, notti insonni, lettere che giungevano con la Posta dei Cavalli, notizie aspettate inutilmente, appunti copiati e ricopiati con la penna d’oca intinta nel calamaio su fogli dove bisognava prima tracciare le righe (nel suo ritratto eseguito a Vienna tiene in mano il righello con il suo motto “Constantia et labor”), il tutto da riportare poi “in netto” (in bella) in ordine alfabetico con gli altri, tanti, nomi simili, magari al lume di candela, con una precisione assoluta, per impostare in seguito la pagina per la stampa, in modo altrettanto preciso, e a rovescio, con i caratteri mobili…

Un lavoro immane che oggi, abituati a scrivere con il computer, e, anche se poco, con la penna biro, non riusciamo a immaginare. Lavoro preparato in modo certosino da Don Pietro, che permette di continuare la pubblicazione della sua Opera fino al 1824, anche se, venuto a mancare lui, che integrava man mano il lavoro, i volumi sono ridotti all’essenziale.

Riguardo all’Indice alfabetico di oltre 40.000 Artefici della Parte Prima, infatti, se i primi volumi raccolgono gli artefici di una sola lettera alfabetica per tomo, gli ultimi raccolgono gli artefici di più lettere per tomo.
Un poco, certo, ma importante per qualcuno, lontano dalla sua terra, a distanza di quasi duecento anni… e chi l’avrebbe mai detto…

Piccole soddisfazioni che sicuramente faranno contento il “nostro” Abate nel giorno del suo 274° compleanno, in questo 4 settembre 2022.
E non solo lui…

Bella occasione per ringraziare Anika, Responsabile dell’Ufficio Turistico Iat di Casa Cremonini, che, ricevuta la telefonata da Verena (la quale, determinata a trovarmi, aveva chiamato prima in Comune per avere un mio recapito, senza ottenerlo per ragioni di privacy), andò gentilmente a cercare tra le carte delle visite guidate dove aveva registrato il mio numero di cellulare, mi chiamò per avvisarmi che mi stavano cercando e per chiedere il permesso di dare i miei dati.
Senza Anika non ci saremo certo mai trovate!

Sfogliando senza capire… le pagine del saggio, oltre al nome di Wuilleret, ho visto quello di un pittore italiano, Bernardo Strozzi, e mi sono incuriosita.
Su internet ho trovato che era detto il Cappuccino o il Prete genovese, religioso, uno dei più importanti e prolifici esponenti della pittura barocca italiana… e così ho imparato qualcosa.

Verena poi mi ha dato l’aggancio: “Bernardo Strozzi, intorno al 1620, ha dipinto la pala d’altare per la chiesa dei Cappuccini di Friburgo. Da tempo il quadro, molto grande gli era stato attribuito per ragioni stilistiche, però la prova è stata trovata di recente negli atti di un processo contro il pittore a Genova”.

Alla studiosa d’Oltralpe ho mandato qualche foto del nostro Duomo e notizie su San Donnino, innescando involontariamente un simpatico e interessante scambio… di cose simili.

Ho ricevuto la riproduzione del Sigillo di Zurigo, (città natale di Verena, emigrata in Svizzera romanda), del Trecento, che mostra i tre martiri cittadini, i Santi Patroni Felix, Regula ed Exuperantius, che reggono la testa mozzata, come San Donnino. Due fratelli e il loro servo, martirizzati sotto l’imperatore Massimiano, che fecero quaranta passi reggendo la loro testa per scegliere il luogo della sepoltura. Carlo Magno scoprì la loro tomba e fece edificare la chiesa…

Tra le foto degli altorilievi del Duomo che le avevo spedito c’era anche quella dell’abside, con il giovane che porta sulle spalle il malato ormai incapace di camminare, o l’anno nuovo che porta sulle spalle il vecchio con tutti i suoi acciacchi, la pentola a bollire sul fuoco appesa alla catena e i salamini ad essiccare sulla pertica (facendo notare i piedini dell’uomo non su una semplice cornice di supporto, ma su foglie di acanto: magico Antelami!).

Ho ricevuto la riproduzione di una pittura romanica di Zurigo che rappresenta un uomo che sta cuocendo le salcicce in una grossa pentola, forse ne sta tirando su una con un forchettone mentre tiene il coperchio con l’altra mano. Anche qui c’è la grossa catena tipica dei camini e altre salcicce sulla pertica…

Si tratta di una pittura murale a secco, come si faceva a nord delle Alpi dove la tecnica dell’affresco era meno diffusa rispetto all’Italia, lasciando purtroppo opere più rovinate. La scena è stata strappata dal muro di una casa del centro storico e si trova ora nella collezione del Museo Nazionale Svizzero.

Ho mandato allora a Verena altre immagini (vedi riproduzioni in calce) in tema che conoscevo:
  • dal Battistero di Parma il mese di dicembre che pure presenta l’uomo che sta cuocendo il cibo dentro una grossa pentola appesa alla catena e una sfilza di salamini sulla pertica;
  • dall’arco del protiro del Duomo della Città, invece, il mese di dicembre mostra l’uomo con il maiale appeso per la macellazione;
  • che troviamo pari pari sopra il portale della facciata del Duomo di Cremona.

Commento della studiosa: Troppo bella la collezione maialesca medievale!

Fidenza 04.09.2022                                                   Mirella Capretti








 


3 commenti:

  1. Come sempre la Professoressa Capretti ci delizia con particolari molto interessanti, che denotano la sua profonda conoscenza. Brava, è sempre un piacere leggerti! Laura

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  2. Brava ed appassionata come sempre la Prof.ssa Capretti!

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