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lunedì 29 maggio 2023

La chiesa di San Donnino : consacrazione e consacrazioni.

Dissertazione del Prof. Guglielmo Ponzi pubblicata nel volume "Festa Internazionale della Storia - Atti della VI-VII edizione 2018-2019". Il testo riprende la conferenza del 28 ottobre 2019 presso il Ridotto del Teatro Magnani di Fidenza "La consacrazione della Chiesa di San Donnino" inserita nel "Festa Internazionale della Storia di Fidenza". edizione 2019.
Per i riferimenti bibliografici si rimanda alla lettura dei citati Atti.


La chiesa di San Donnino: consacrazione e consacrazioni.

Ancor oggi ben poco sappiamo sulla dedicazione della primitiva basilica di San Donnino, eretta tra l’ XI ed il XII secolo, descritta dall’anonimo autore della Passio Parmensis come amplis extensa spaciis, laquearis vera et parietibus vario picturae genere  decenter ornatis.1

Secondo una tradizione locale non suffragata da documenti, il monumentale edificio, di cui oggi rimangono solo alcune tracce architettoniche inglobate nella cattedrale antelamica, sarebbe stato consacrato il 1 ottobre 1106 da papa Pasquale II, analogamente alle cattedrali di Modena e di Parma, mentre l’iscrizione che ricordava l’antico evento sarà rimossa a metà Ottocento dalla facciata del Duomo  perché ritenuta apocrifa .2

A questo vuoto documentale sembra alludere anche  il canonico Alfonso  Trecasali quando, nel 1591, l'autorità religiosa sente il bisogno di formalizzare il giorno per la funzione annua della consacrazione della chiesa di San Donnino: «fu ordinato da Mon.re prevosto et Vic.o et Canonici che ogni anno il primo giorno di Ottobre si facesse l’ufficio della Consecratione della p.ta Chiesa di S.to Donino con la sua ottava cosa che mai a memoria de niuno al presente si è fatto per non sapere il giorno, e et così il giorno medesimo al vespero si è dato principio al predetto uffizio della Consecratione della predetta Chiesa di S.to Donino, et questo per aver io Alphonso Trecasali trovata una memoria s.a uno messale antico della chiesa di s.to Lazaro di borgo s.a quale è scritto appresso il primo giorno di ottobre in margine queste parole Consecrationis ecc. S.ti Donini burgi vi è anche notato  a 26 marzo Consecrationis ecc.a s.ti Lazari de burgo s.ti Donini et a quatro aprile inventionis Corporis s.ti Donini mar.de burgo a primo Giugno Nicomedis Martiris, alli cinque Luglio s.Margherite vir. et mar. alli 16 agosto s.to Leonardo q. alli 25 agosto Genesij m.alli 16 7bre Gislamerij Martiris il primo 8bre Consecrationis s.ti Donini burgi al q. 8bre Donini Martiris».3

E’ in questo contesto di dubbi e d’ incertezze, presenti anche negli scritti di Vittorio  Pincolini e Pietro Zani, che si colloca la decisione del vescovo Vincenzo Manicardi (1879-1886) di procedere alla riconsacrazione dell’antico edificio, oggetto in quegli anni di radicali restauri. Una lapide marmorea collocata nella seconda cappella della navata di destra  attesta che il rito liturgico fu celebrato il 1 ottobre 1882 (kalendis octobris MDCCCLXXXII) con la massima solennità  e secondo gli antichi canoni. Ma la testimonianza forse più significativa dell’avvenuta consacrazione è data certamente dalle dodici piccole croci, tuttora ben visibili lungo il perimetro della chiesa, con la loro evidente simbologia che ricorda la natura spirituale della chiesa apostolica. Alle dodici croci ottocentesche si aggiungono le due piccole croci esauguranti incise, secondo quanto prescrive il rituale, sugli stipiti del portale maggiore.

A questo punto non resta che chiedersi se all’interno della Cattedrale  non vi siano altre tracce riconducibili a  precedenti dedicazioni. Se osserviamo attentamente i semi-pilastri addossati alla controfacciata è possibile individuare, all’altezza di circa  cm 150, due croci incise nella pietra, caratterizzate da un solco a V probabilmente realizzato con uno scalpello a lama piatta; esse, sconosciute agli studiosi, ripropongono in modo inconfondibile lo schema tradizionale di una croce greca potenziata con i bracci terminanti a coda di rondine: una tipologia segnica  ampiamente diffusa nell’occidente medioevale  che di certo  non smentisce l’ origine antica dei reperti.

A destare considerevole interesse è soprattutto la collocazione perfettamente simmetrica ai lati del portale, per cui si può legittimamente pensare ad antiche croci consacratorie; una terza croce molto  simile,  incisa alla  stessa altezza, emersa nel corso di recenti restauri su un semipilastro della navata di destra, a fianco della cappella di San Francesco, sembra una conferma a questa suggestiva ipotesi.

Ma l’eventuale  percorso iconografico non può limitarsi al solo interno della chiesa. Se allarghiamo lo sguardo alle pietre della  facciata, sullo stipite destro del portale centrale vediamo incisa nell’arenaria gialla un’altra croce con le stesse  caratteristiche, dovuta anch’essa alla  mano esperta del lapicida medioevale, probabilmente lo stesso che ha  operato all’interno; da una prima ricognizione emerge abbastanza chiaramente che l’incisione, alla stessa altezza di 120-150 cm delle due piccole croci del 1882, risulta di poco posteriore, quasi coeva,  alle arenarie  del portale, realizzato come noto  entro l’ultimo quarto del  XII secolo.

E’ abbastanza  evidente che queste croci, vicinissime come fattura e stile, hanno origine comune, non dovuta a casualità o a motivi genericamente  devozionali bensì  ad un’ azione coordinata ed intenzionale.  Miracolosamente  sopravvissute a otto secoli di  restauri e manomissioni, esse vanno considerate come frammenti superstiti, tracce che ci portano a riflettere sull’eventualità  di un  rito consacratorio celebrato anticamente in cattedrale, un evento di cui  non è rimasta memoria scritta ma che potrebbe ragionevolmente  collocarsi agli inizi del Duecento: forse nel 1207,  anno ricordato per un avvenimento di grande significato simbolico liturgico: Corpus enim S. Domnini in oppidum Burgi solemni pompa transtuli .4


Uno squarcio di luce sul lontano episodio, riportato da tutte le fonti locali ma  in modo piuttosto  contraddittorio, ci viene offerto da Yoshe Kojima nel suo importante lavoro dedicato al  Duomo di Fidenza5.   

La studiosa  ricostruisce il percorso della processione delle reliquie, indicando come punto di partenza la chiesa delle monache benedettine di San Giovanni Battista il cui monastero viene citato in un documento del 23 luglio 1179 come mon.  S. Iohannis de Burgo ubi corpus S. Donnini humatum quiescit6

L’antico complesso conventuale di fondazione pallavicinana, scomparso nell’Ottocento, era situato fuori dalle mura orientali del castrum vetus; si ritiene che il corpo del santo vi fosse stato trasferito già prima del 1179 all’inizio dei lavori di rifacimento del Duomo: il rientro delle sacre reliquie coinciderebbe, dunque, con la fine della lunga fase costruttiva avviata dalle maestranze antelamiche. L’ipotesi alquanto suggestiva, è stata recentemente ripresa da Carlotta Taddei: «Nel 1207, dopo un lungo periodo di permanenza in un’altra chiesa, il corpo di san Donnino viene riportato nella sua sede originaria : la chiesa al centro del borgo, entrambi a lui dedicati. La data indica il momento in cui l’edificio torna a essere liturgicamente attivo dopo una sospensione dovuta al cantiere antelamico e quello in cui possiamo considerarlo dotato delle sculture antelamiche»7.

Eppure, a ben vedere, c’è più di un dettaglio che non convince: innanzitutto la depositio del corpo di san Donnino presso la chiesa delle monache di San Giovanni per oltre un quarto di secolo, un’assenza  oltremodo lunga e, a mio avviso, insufficientemente documentata; la processione per riportare il  “corpo dissepolto” (!?) del santo anziché, com’è più probabile,  le reliquie, pure esse corpus, già esposte alla venerazione dei fedeli; e infine l’accenno ad una generica cerimonia inaugurale  per il nuovo altare e l’ ampliamento della cripta, mentre l’intervento del vescovo di Parma Obizzo Fieschi autorizza a pensare ad una solenne celebrazione liturgica, secondo le norme canoniche  che  prescrivono la  consacrazione  non solo per gli edifici sacri  di nuova costruzione ma anche, come in questo caso, per quelli sottoposti ad una radicale ristrutturazione dell’esistente. Una questione complessa che merita di essere ulteriormente approfondita.

Un concreto aiuto viene offerto da una testimonianza archeologica assai significativa e cronologicamente associabile alle ritrovate croci consacratorie. Si tratta  della lastra marmorea (38x73x5 cm) con l’iscrizione MCCVII REPOSITUM proveniente dal vecchio altare della cripta e attualmente esposta nel museo del Duomo. Secondo i rilievi del Ronchini, confermati dagli studi più recenti,  il prezioso reperto  costituiva in origine il coperchio di una cassa-reliquiario,  incastonata sotto la mensa del primitivo altare della cripta; nel febbraio del 1488, l’urna viene rimossa e  smembrata, i suoi frammenti rinchiusi all’interno della nuova  arca  quattrocentesca ove  saranno poi  ritrovati nel 1837, insieme ad alcune reliquie da contatto come vestiti e terriccio.

   Una cronaca del Quattrocento ricorda l’avvenimento :«[…]e fu ritrovato socto a l’altare di sancto donino in confessione, zoe sotto a quell’arca una caseta de marmoro, in la quale ge lo corpo sanctissimo de sancto donnino e in su questa caseta se trova scripto suso che fu reposta li in l’archa socto a l’altare nel millesimo 1207»9. E’ a queste reliquie di contatto, recepite come  corpus del  santo , che  occorre far riferimento  per gli avvenimenti del 1207: la solenne processione dalla chiesa di San Giovanni al Duomo e la depositio   nel nuovo altare della cripta8.         

La traslazione e la collocazione sotto la mensa  dell’altare delle  reliquie dei martiri costituisce in effetti  una delle azioni più tipiche della liturgia di consacrazione degli edifici sacri. Essa prevede una veglia di preghiera in una chiesa vicina nella quale era stato in precedenza allestito una sorta di catafalco con le reliquie del santo, non necessariamente tutto il corpo ma più spesso  solo alcune reliquie; il trasferimento trionfale (traslatio) delle reliquie  col coinvolgimento dell’intera comunità e degli spazi urbani; ma è con la deposizione (depositio) nell’altare maggiore e l’unzione con il sacro crisma testimoni data alle dodici croci apposte su pareti e pilastri  perimetrali, che la cerimonia tocca l’acme9.

       A distanza di otto secoli possiamo, dunque, guardare al frammento dell’urna marmorea datata 1207 e alle ritrovate croci consacratorie, come a preziosi sigilli che racchiudono la memoria  di un  evento fondamentale per la storia della chiesa fidentina.

L’ipotesi potrebbe trovare conferma anche dall’analisi di altri elementi poiché la solenne celebrazione del 1207 non può essere letta come semplice episodio isolato. Essa infatti non è separabile dal ritrovamento delle reliquie del santo patrono, la cosiddetta seconda invenzione, che,  come asseriscono  alcuni storici locali, sarebbe avvenuta lo stesso anno, e quindi sei mesi prima della consacrazione dell’edificio antelamico, se si considera che il  calendario liturgico indica come  date anniversarie il 4 aprile per l’inventio e il primo ottobre per la dedicazione .

Si può, pertanto,  ragionevolmente pensare che in questa circostanza siano state prelevate le reliquie che verranno poi esposte  per la veglia di preghiera nella vicina chiesa    di San Giovanni e poi portate in processione fino al Duomo per essere definitivamente  collocate sotto la mensa del nuovo l’altare della cripta, dove resteranno fino al 1488, custodite nella capsa marmorea con l’iscrizione ben visibile :1207 repositum10.

Alla inventio del 4 aprile si può far risalire una singolare testimonianza, già oggetto  di grande venerazione, il cosiddetto mattone di san Donnino; l’iscrizione laterizia, oggi conservata nel museo del duomo, è ritenuta copia duecentesca di quella autentica che accompagnava la primitiva sepoltura del martire romano.

E’ sempre in questo clima di grande intensità religiosa  che viene prelevato dal corpus il dente del santo, ancora oggi incastonato nel piede del calice detto di San Donnino: di  fattura renana del sec. XII, forse prezioso dono di un imperatore germanico, la coppa in argento dorato, passa, in questo momento, da calice eucaristico a principale strumento della  medicina antirabbica del santo, suo attributo costante nell’iconografia extra moenia; tale riferimento antirabbico è, invece, completamente assente nelle immagini antelamiche. 

Solamente una stampa devozionale del XVII sec. e due piccoli rilievi di fine Ottocento, in cripta, sono le testimonianze fidentine riferibili a Donnino come “Taumaturgo di Lombardia e Toscana”.11

Ma il quadro degli avvenimenti che caratterizzano il 1207, anno eccezionale anche per la l’insolita  nevicata di Sant’ Agata ricordata nella Cronaca di  Salimbene, è destinato ad arricchirsi ulteriormente con l’inatteso ritrovamento accanto alla tomba  di San Donnino di un altro corpo.

 Si tratta  dei resti di San Gislamerio, che verrà riconosciuto come martire della mitica legione tebea, eletto compatrono di Borgo e addirittura additato come  valoroso compagno d'armi di San Donnino.

               Di questo personaggio, oggi quasi del tutto dimenticato,  si conosce ben poco: nemmeno il luogo della sua sepoltura;   la chiesa fidentina tuttavia  celebra ogni anno il 16 settembre l'anniversario della traslazione. L’unica testimonianza rimasta, se si esclude l’immagine idealizzata dipinta nel 1925 c. dal pittore parmense Umberto Concerti (1891-1979, è l’iscrizione laterizia analoga al cosiddetto mattone di san Donnino, recante le impronte di sangue  del martire: Hic requiescit Sanctus/Gislemerius/Thebeus Martyr.

           Alle soglie del XIII secolo, la  riscoperta  apparentemente casuale dei resti attribuiti al martire tebano   accresce il prestigio della chiesa di Borgo  ed esalta, sia pur indirettamente, il culto tributato anche  al santo patrono;  la vita   di Gislamerio,  ispirata ai favolosi racconti dei martiri tebei, va ad aggiungersi alle antiche passio di san  Donnino e alle sculture del protiro, dove la gloriosa vicenda del martire cefaloforo si intreccia con quelle della chiesa e del borgo a lui dedicato.

In questo tempo  di grande fermento religioso rientra  anche la straordinaria figura   di  Raimondo Zanfogni detto Palmerio: Raimundinus vilis la cui immagine venne scolpita    sul timpano del portale di destra solo pochi anni dopo la morte, avvenuta nel 1200;  il suo carisma di “sancto laico de populo”13, i miracoli e la imponente partecipazione alle esequie celebrate  dal vescovo piacentino Grimerio da Porta sono quasi una beatificazione de facto   che viene   prontamente recepita dai borghigiani; ciò sembra riaffermare il tradizionale  legame  tra  Borgo San Donnino e Piacenza.

Un altro elemento da considerare attentamente è il quinconce pallaviciniano scolpito nella chiave di volta della prima campata della navata maggiore. L'emblema che ricorda il ruolo mecenatizio della grande famiglia feudataria legata all'impero, costituisce un documento prezioso che conferma questa eccezionale concatenazione di eventi: una complessa e orchestrata celebrazione, il cui significato complessivo sembra superare l’esigenza di restituire agibilità liturgica all’edificio antelamico, favorendo, invece, le ambizioni politico-religiose locali, come in effetti lasciano intendere le indagini storiche  più recenti 

Ma se le fonti documentarie appaiono decisamente carenti, ancora una volta possiamo far ricorso  alle pietre del Duomo. Alle croci incise è possibile, infatti, associare le immagini di Enoch ed Elia: due sculture erratiche collocate a destra del protiro che pongono  una serie quesiti iconografici14E' ipotizzabile, a riguardo, una lettura in chiave millenaristica come reggitori della tabula con l'iscrizione fondativa sull'esempio di Modena e, soprattutto di Cremona, dove l'espressione quae media videtur può essere interpretata in senso temporale. 

E' evidente che la consacrazione del primo ottobre 1207 fu celebrata a cantiere non ancora ultimato, come dimostra il parziale rivestimento in arenaria della incompiuta facciata.

Si può, dunque, concludere con sufficiente fondamento che la consacrazione originaria della chiesa antelamica di Borgo San Donnino risale all’anno  1207, mentre quella di fine Ottocento risponde al clima d’ incertezza e di confusione documentale che ancora circondava la consacrazione dell’ ecclesia maior del nostro territorio.

 Prof. Guglielmo Ponzi

 Immagini

 1 - Fidenza, Cattedrale Lapide celebrativa della consacrazione del 1882

 2 - Fidenza, Cattedrale , controfacciata, semipilastro di destra, croce incisa

 - Fidenza, Cattedrale,  controfacciata, semipilastro di sinistra, croce incisa

 4  - Fidenza, Cattedrale, cappella di san Francesco, croce incisa.

 5  - Fidenza- cattedrale, protiro croce incisa.

 6 - Disegno di A. Ronchini, rilievo degli scavi in cripta nel 1853, Archivio di Stato di Parma, Mss. Ronchini, cart. 12, carp. 24, 1853.

 Fidenza, Museo Diocesano, lapide marmorea con iscrizione: 1207 repositum

 8  - Fidenza – Museo Duomo, Mattone-reliquiario di San Donnino.

 9  - Fidenza, Museo del Duomo, Calice di san Donnino, argento dorato, sec. XI-XII.

 10 - Fidenza – Cattedrale, cripta, Un devoto morso da un cane rabbioso ricorre all’intercessione di  san Donnino, rilievo, sec. XI 

11 - Fidenza – Museo del Duomo, Mattone-reliquiario di san Gislemerio.

 12 – Fidenza- Cattedrale, facciata,  Raimundinus vilis.

13 –Fidenza - Cattedrale, prima campata navata centrale, stemma Pallavicino, 

 14 – Fidenza, Cattedrale, facciata, Il volo di Elia.

 

 

 

2 commenti:

  1. Abito lontano dal Borgo da parecchi anni, torno sempre meno frequentemente ma ad ogni visita non mi faccio mancare la vista, dall'incrocio di S.Maria la Via Berenini, dove sono nato, ad oriente giù verso s.MIchele: la gioventù, i tanti ricordi, gli amici il tempo che fu.
    Due passi in piazza, dove vidi cadere le bombe americane ed un "salto" in Duomo, dove passando la mano attorno al levigato bordo dell' antichissima acquasantiera posta all'entrata laterale, a me pare di "toccare" il ricordo degli avi.

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  2. Che piacere leggere, finalmente, queste righe!
    Grazie alla disposizione d'animo di Mino a ricercare e segni, e croci, e studi, di consacrazione della nostra Cattedrale.
    Grazie alla pazienza di Ambrogio a pubblicare il tutto sul Blog.
    Ps. Come sono fatte le croci esauguranti?

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