Pagine

venerdì 28 luglio 2023

La storia dello sconosciuto Annone e l’espressione “fare il portoghese”

L’elefantino in Piazza della Minerva a Roma realizzato dal Bernini.


CURIOSITA’ ROMANE di Nino Secchi

La storia dello sconosciuto Annone e l’espressione “fare il portoghese”

L’origine di questa espressione risale nientemeno a circa 500 anni fa. Durante il periodo delle scoperte marittime, quindi dopo il 1492, grazie alle quali in Portogallo e, di conseguenza in tutta Europa, arrivavano spezie, oro, perle, legno, pietre preziose e animali esotici. 
Per impressionare il nuovo Papa dell’epoca, Leone X (Pietro Giovanni di Lorenzo de’ Medici), il re portoghese Manuel I invia, nel 1513, una delegazione con diverse offerte tra le quali gioielli e un elefante coperto da velluto che trasportava un forziere sul dorso. 
Il corteo portoghese, le cronache parlano di un centinaio di persone, arriva a Roma il 12 marzo del 1514 e il Papa li riceve il 20 marzo al Castel Sant’Angelo. Quando Annone (nome dell’elefante) arriva dinanzi al trono papale si inginocchia tre volte strofinando la proboscide sulle pantofole del Papa e poi prende dell’acqua da un secchio e la spruzza su tutti, cardinali, Papa e popolo presente compresi, suscitando allegria ed ilarità. 
Nella sua lettera di ringraziamento il Papa scrive che “l’elefante risveglia ricordi provenienti da un passato antico, quando la vista di animali del genere era frequente in questa città”. 
A differenza di come lo dipingono e disegnano, Hanno o Annone (il nome dell’elefante, battezzato con questo nome in onore del generale cartaginese) era un piccolo e albino elefante di quattro anni, ben ammaestrato, proveniente da Ceylon, l’attuale Sri Lanka, che divenne subito la mascotte del Papa. 
Il Papa stesso fece costruire una stalla nel giardino del Belvedere in Vaticano e poi lo spostò nel Rione Borgo Sant’Angelo (tra la Basilica di San Pietro e il Palazzo Apostolico). 
L’elefante era accompagnato da un addestratore indiano. Divenne il protagonista di tutte le feste e di tutte le processioni. Il suo mantenimento costava cento ducati l’anno: una bella cifra per l’epoca e soprattutto per le dissestate casse papali. 

Il poeta Pasquale Malaspina scrisse:
«Nel Belvedere prima del grande Pastore
Venne condotto l’addestrato elefante
che danzava con tanta grazia e tanto amore
che difficilmente un uomo avrebbe potuto ballare meglio»
Il Papa chiese a Raffaello Sanzio di eseguire un dipinto, purtroppo andato perduto, ma restano gli schizzi che l’artista aveva realizzato in precedenza quando andava ad ammirare il grazioso pachiderma. 
Annone morì due anni dopo di angina e lo stesso papa scrisse il suo epitaffio e, per suo ordine, la sepoltura sarebbe avvenuta nel patio Belvedere del Palazzo Apostolico (ora ala dei Musei Vaticani). 
Il luogo della sepoltura ebbe anche una lapide incisa da Raffaello, che però andò in seguito distrutta. Durante i lavori di posa di cavi elettrici furono trovate le sue ossa, era il 1962. 
“Sotto questa grande collina giaccio sepolto. Potente elefante che il re Manuel avendo conquistato l’Oriente inviò a Papa Leone X dove stupì il popolo romano. Una bestia non vista da molto tempo. Nel mio vasto petto percepirono sentimenti umani. Il Destino mi mandò alla mia residenza nel benedetto Lazio e non ebbe la pazienza di lasciarmi servire il mio signore per tre anni completi.
Ma desidero, o dèi, che il tempo che la Natura mi ha assegnato e che il Destino mi ha strappato lo aggiungiate alla vita del grande Leone. Ho vissuto sette anni. Sono morto di angina. Ho misurato dodici palmi di altezza.
Giovanni Battista Branconio dell’Aquila Ciambellano privato del Papa e preposto alla custodia dell’elefante, ha eretto questo nel 1516, l’8 giugno, nel quarto anno del pontificato di Leone X. Quello che la Natura ha strappato, Raffaello da Urbino con la sua arte ha restaurato. "
L’elefante e la sua storia sono stati immortalati sia nella pittura che nella scultura dell’epoca. 

Scuola di Raffaello Sanzio - L'Elefante Annone - 1516

Oltre agli schizzi di Raffaello Sanzio, ricordiamo i disegni di Francisco de Hollanda che, tra il 1539 e il 1540, lo riprodusse sul suo quaderno e poi realizzato all’entrata del palazzo vaticano. Anche Giulio Romano si esercitò in studi di elefante. 
Non possiamo non citare inoltre la fontana nel giardino pensile di palazzo Madama, realizzata nel 1520 da Giovanni da Udine e chiamata per l’appunto Fontana dell’Elefante. 
Per non parlare poi delle Stanze di Raffaello, nei Musei Vaticani, a destra della Sala della Segnatura si può vedere un’immagine di Annone realizzata, partendo dai disegni di Raffaello, da fra’ Giovanni da Verona, il più grande ebanista dell’epoca oppure da Giovanni Barili, ebanista senese che fu uno dei più stretti collaboratori di Raffaello. Ricordiamo anche le varie citazioni nelle opere letterarie come i versi del poeta Pietro Aretino, che ne fece argomento della sua commedia satirica “Le ultime volontà e testamento di Annone, l’elefante”. 
Concluderei con l’opera forse più famosa, l’elefantino in Piazza della Minerva a Roma realizzato dal Bernini. 
L’elefantino e l’obelisco di granito rosa proveniente dal vicino tempio di Iside, furono eretti nella piazza nel 1667 su disegno di Gian Lorenzo Bernini. Una commissione di Papa Alessandro VII. L’artista eseguì 10 diversi progetti per il monumento, tre dei quali, da lui firmati, sono conservati nella Biblioteca Apostolica Vaticana. 

Piazza Santa Maria sopra Minerva - Roma
Ora possiamo chiederci, ma cosa c’entra l’elefante con l’espressione “fare il portoghese”?  Il Papa Leone X fu talmente colpito dai doni che ricevette dal re Manuel che emise una legge che consentiva ai portoghesi di non pagare a teatro, nei ristoranti, nelle locande ed altro ancora. 
Grande privilegio che subito fu accolto di mal grado dai romani che si finsero portoghesi per beneficiare degli stessi privilegi. Celebre la frase “oste io nun te pago gnente/ che so’ portoghese, nun se sente?” 
Alla tesoreria papale arrivarono conti astronomici che il Papa dovette pagare. Poi annullò il decreto, per ovvie ragioni. Questa è stata la nascita del modo di dire “fare il portoghese”, ovvero, “non fingere di essere un portoghese”. 
Nonostante l’annullamento del decreto papale, a volte questo privilegio tenta di sopravvivere anche ai nostri giorni, in forme e modi mutati dal tempo, ma sempre con lo stesso fine e lo stesso intento.
Nino Secchi




1 commento: