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domenica 8 settembre 2013

Fidenza ricorda l'otto settembre

Si è tenuto sabato all'ex macello di Via Mazzini l'incontro  organizzato dalla locale sezione ANPI e dall'Associazione Nazionale Divisione "Acqui" a memoria di quei 15 giorni che hanno seguito la dichiarazione di cessazione delle ostilità la sera dell'otto settembre 1943. Oggi, domenica 8 settembre, la manifestazione a ricordo del sacrificio dei carristi partiti da Fidenza il giorno successivo a quello dell'armistizio per trovare la morte nei combattimenti avvenuti lo stesso giorno nella città di Parma.

Il Presidente della sezione ANPI di Fidenza Renato Frati apre l'incontro
Il relatore Prof. Giacarlo Restelli svolge la sua ampia relazione su fatti ed antefatti
della drammatica vicenda dei 12.000 italiani a Cefalonia nel settembre di settant'anni fa.
Il reduce della Divisione Acqui, il fidentino Severino Annoni, porta la sua
personale testimonianza






5 commenti:

  1. Io, nei 32 anni che ho insegnato a Salso, ho incrociato alcuni genitori teutonici, che, regolarmente, mi ricordavano che "foi taliani ci afete molato tue volte, ne la Prima e ne la Seconta Cuera"! Non gli potevo dare torto, se mi mettevo nei loro panni. Sta di fatto che l'8 settembre resta, per noi italiani, una data che ci ricorda una grande ed infame vergogna, ma che ha altresì dato inizio ad un periodo di riscatto, sociale e politico. Il comportamento vile del Re Sciaboletta e di Badoglio rimane come una macchia vergognosa ed indelebile, soprattutto se ci rammentiamo di come si condussero,invece, di fronte ai nazisti, i reali di Norvegia, Danimarca ed Olanda. Vittorio Emanuele III ha infangato, dal 1922 al 1946, il nome dei Savoia, già caduto in basso con Umberto I. Un Re ed un Capo di governo che fuggono come dei ladri, abbandonando i loro soldati,a centinaia di migliaia, senza alcun ordine: una viltà assoluta! I Savoia hanno sempre avuto, come primo obiettivo, quello di salvare il trono, ad ogni costo; V.E.III poi, era di una ottusità assoluta, sempre tremebondo al pesiero di perdere lo scranno. Non dimentichiamo che ha convissuto per anni con Mussolini e con i nazisti e non ha mosso un dito per evitare le leggi razziali. Corto di statura, sia fisica che morale!

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  2. Faccio però presente che solo il 19 novembre del 1997, con più di 50 anni di ritardo, il Governo italiano si è ricordato che, tra gli eroi della Resistenza, forse ci stavano di diritto anche i sopravissuti IMI, ed allora gli concesse la Medaglia d'oro al Valor Militare all'Internato Ignoto. Prima, mi ricordo, da piccino, primi anni '50, che, anche a Salsomaggiore, c'erano reduci di Cefalonia e Corfù ed ex-IMI, che sentivo continuamente lamentarsi, con i miei, per le discriminazioni perpetrate verso di loro, per quanto riguardava i riconoscimenti, le pensioni di guerra, i risarcimenti, quali perseguitati politici nei Lager nazisti.

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    1. Che il Governo italiano abbia assegnato una sorta di "patente resistenziale" agli IMI non significa che ci stessero "di diritto", fossero "resistenti" nè tantomeno "eroi". La storia degli IMI non è quella dei militari di Cefalonia e Corfù e le due storie poco hanno a che vedere con la Resistenza al fascismo e all'occupante nazista. Altra storia è quella dei risarcimenti, delle pensioni, ecc...
      Sig. Franco Bifani fa un pò di confusione, troppa carne al fuoco...brucia!
      Apulo Emiliano

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  3. Il cosiddetto "patentino resistenziale" non era certo ambizione degli IMI. L'omologazione viene piuttosto dall'ANPI a partire da una certa data, e alcune associazioni combattentistiche l'hanno ripreso. Non figurano d'altra parte IMI negli elenchi dei partigiani, ci sono solo alcuni militari che hanno operato all'estero (Jugoslavia, Albania, ...), per Fidenza appaiono anche alcuni militari della divisione Acqui limitatamente ai giorni prima della deposizione delle armi (26 settembre 1943. Compaiono invece i resistenti indigeni dell'ultima ora che, se diciamo ultimi mesi, sono localmente la maggioranza, ma questa è un'altra storia.

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  4. Caro Apulo Emiliano, io non confondo proprio un fico secco di quanto Lei, da esimio storico della Resistenza e dintorni, mi accusa, come se fossi un povero ignorante, asinino e bovino da quattro soldi, della storia italica più recente; provi a leggere meglio, senza filtri ideologici davanti ai globi oculari e badi meglio al suo barbecue. Io ho accomunato IMI e sopravvissuti di Cefalonia e Corfù solo per le rimostranze che li udivo pronunciare, in quanto considerati, dai partigiani locali,come non combattenti e non resistenti contro i nazifascisti. Mi potrebbe spiegare come avrebbero potuto, gli IMI, resistere con le armi, chiusi in Lager a crepare di fame, di freddo e di stenti? La loro resistenza al nazismo fu, secondo Lei, allora, meno importante di chi combattè sui monti e nelle città italiane, tra le file dei partigiani? Furono più numerosi i morti ammazzati tra gli IMI o tra i partigiani? Per ottenere la patente di antinazifascista è neessario dimostrare di aver usato mitra, pistole e bombe a mano o è sufficiente aver vissuto, per un anno e mezzo o più, ridotti a pelle ed ossa,bastonati e sputacchiati dai soldatini teutonici come "badoglio"? C'è stata gente, in Jugoslavia e in Grecia, che ho anche conosciuto, che era riuscita a fuggire e si era unita ai partigiani locali; ma chi era stato internato in Germania, ossia la maggior parte dei nostri tanto disprezzati soldati del Regio Esercito, come poteva evadere, da chi sarebbe stato accolto, dove mai avrebbe potuto combattere contro i nazisti con le armi? A Salso è mancato, di recente, il signor Araldi, internato nell'inferno di Dora-Mittelbaum, dove ha visto e vissuto esperienze orribili; le raccontava, ai prof ed agli alunni delle scuole salsesi, ogni anno, in ocasione del 25 aprile. Ho visto parecchi miei colleghi ed alunni commuoversi, fino a piangere ed anche lui non riusciva a trattenere le lagrime, nel ricordo terribile di quei tempi. La sua sofferenza disumana è da considerarsi inferiore a quelle sopportate dai partigiani sull'Appennino tosco-emiliano?

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