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lunedì 26 settembre 2016

Don Enrico Conti, parroco a Cogolonchio, latinista e poeta.

Chiesa di san Giorgio a Cogolonchio (foto anno 2011)


Don Enrico Conti

Il 12 settembre 1984 si spegneva Don Enrico Conti, parroco della Parrocchia di Cogolonchio.
Nella memoria di chi l'ha conosciuto rimane ancora il ricordo di una persona schiva, umile ma non arrendevole , povero e semplice , ma di spirito forte e tenace. Aveva un contegno riservato, le sue parole erano misurate e soppesate, specchio di una riflessione e di un pensiero che mirava alla chiarezza e all'essenziale. 
Amava la verità e la cercava con ansia e costanza, come metodo di indagine.
Il vero doveva essere comunicato e per tutta la vita fu fedele a tale principio.
Nato ad Albareto di Fontanellato il 28 marzo 1914, fu ordinato sacerdote il 4 luglio 1937. Fu subito insegnante in Seminario, quindi Vicario Cooperatore nella Parrocchia di S. Pietro e in altre della diocesi finché nel 1954 divenne Parroco di Cogolonchio.


La collina di Cogolonchio


La chiesetta dedicata a S. Giorgio e la povera casa che lo ospitò, con i pochi abitanti sparsi per la collina costituirono per trent'anni il suo “eremo”, luogo di preghiera soprattutto, di studio e di riflessione teologica.
Quante volte il suo spirito avrà attinto forza e vigore nella solitudine e nella meraviglia delle colline!
L'amore per la verità e la fermezza di carattere hanno improntato il rapporto con gli altri: la discussione tra opinioni contrastanti era dovere  per  il confronto  e la ricerca .
La passione per il latino, che condivideva con l'amico Don Maffacini, lo accompagnò per tutta la vita. Aveva familiarità con la metrica latina e le sue composizioni in distici, esametri... uscivano dalla sua mente in modo naturale.
Si dedicò alla lettura e all'interpretazione dei versi che nel 1200 Benedetto Antelami aveva scolpito sulla facciata del Duomo. Il tempo purtroppo compie la sua opera inesorabile di corrosione e non tutte le incisioni erano e sono ancora leggibili. Come egli stesso spiegava molti si erano cimentati nella ricomposizione delle parti mancanti, purtroppo spesso cadendo in errore per la scarsa conoscenza della lingua e della metrica latina.
Con studio attento, avvalendosi del confronto e della riflessione sui Sacri Testi (aveva frequentato i corsi universitari di Teologia fino a conseguire la licenza presso lo Studio Teologico Bolognese) egli ricompose i versi. 
Le sue conclusioni, tuttavia, non furono accolte benevolmente e gli furono opposte obiezioni da più parti.
Non si scoraggiò, anzi, si immerse con fervore rinnovato nella sua ricerca finché rinvenne nell'Archivio Vescovile il codice che confermava la sua ricostruzione e la sua interpretazione dei versi soprastanti la “Presentazione di Gesù  al tempio” nella nicchia del profeta Davide:



DANS  BLANDUM  MURMUR  FERTUR  PRO  MUNERE  TURTUR 
Una tortora che soavemente mormora viene portata come riscatto 
SUSCIPIT  OBLATUM  SIMEON  DE VIRGINE  NATUM
Simeone prende in braccio il figlio della Vergine consacrato a Dio 
VIRGAM   VIRTUTIS  PROTULIT  FRUCTUMQUE  SALUTIS 
Dio ha fatto sorgere lo scettro regale di potenza e il frutto della salvezza 
VIRGA  FLOS  NATUS  EST  CARNE  DEUS  TRABEATUS 
Dal ceppo regale è nato un fiore, Dio vestito di corpo umano
Il documento di A. Corini, che egli aveva ritrovato, riporta le "Iscrizioni... estratte come esistono sulla stessa facciata".
Quindi, oggi possiamo ancora conoscere il testo originale dei quattro esametri e li possiamo usare, letti o cantati, in lingua latina o italiana, nella S. Liturgia.” (don Enrico Conti)
La musicalità dei versi esametri classici leonini (da Leonio, poeta del XII sec.) proviene dalla rima tra il primo emistichio e il secondo: murmur- turtur, oblatum -natum, virtutis- salutis, natus- trabeatus.
Con il medesimo fervore dello studioso si dedicò sia al compito educativo, fu insegnante di religione negli istituti cittadini, sia alla missione pastorale nella sua comunità.
Dalle numerose carte che egli ha lasciato, come ricorda Don Amos Aimi, si conoscono i rapporti che l'umile chiesa di Cogolonchio seppe mantenere con  uno dei grandi amori, dopo il latino, del Seminario di Fidenza: le Missioni. 
Qui maturò la sua vocazione la Serva di Dio Luisa Guidotti Mistrali, qui l'Azione Cattolica, fondata nel 1933 da Pierina Belli e dalla contessa Cantelli, continuava ad essere viva tra la popolazione.

Don Conti  conobbe le sofferenze fisiche della malattia, ma seppe rivolgere la sua attenzione benevola a chi gli stava intorno. Ricoverato in gravi condizioni nel 1955, scrisse “una delle sue più belle poesie” dedicata alle suore, Figlie di Sant'Anna, dell'ospedale di Fidenza.
Scende la notte sopra l'ospedale / mentre il frastuono cittadino tace;/ ogni infermo nel letto posa in pace: /  par sol sentire lieve batter d'ale. / È la suora di veglia che già sale:/ appare qual visione non fugace, / con parole di fede e amor verace/  porta conforto ad ogni capezzale. / Passan  lenti i minuti, lente l'ore. /  Chi soffre leva grida di dolore. / Salgono al Crocifisso fra i tormenti, / quali preghiere, gemiti e lamenti. / Ringrazia l'ineffabil Provvidenza / chi è salvo per virtù di Sua Presenza.
Marisa Guidorzi

1 commento:

  1. Non sapevo... Grazie per questo articolo. Davvero una notevole figura di uomo e sacerdote

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