giovedì 8 dicembre 2016

Il degrado dell'abside esterna del Duomo di Fidenza

8 dicembre 2016
IL DEGRADO DELL’ABSIDE ESTERNA
DEL DUOMO DI FIDENZA

Osservo con piacere le impalcature che si stanno innalzando per il restauro dell’abside del nostro Duomo. Mi dà gioia vedere che, finalmente, si può ripulire e salvaguardare anche questo parte del monumento più importante della nostra città.
Di seguito alcune annotazioni ed immagini relative a questo gioiello del romanico.

L’abside esterna
Come ho già fatto notare nel testo che accompagna il video sulla Cattedrale realizzato da Umberto Zanella (ora anche su youtube; vedi sito www.umbertozanella.it, alla voce: “Sculture e bassorilievi del Duomo di Fidenza”), l’Antelami ha lavorato sotto una precedente chiesa, allungandone in avanti la facciata poi arricchita di bassorilievi e statue, e progettandone l’abside così da rendere più spaziosa la cripta.

 

Guardando l’abside esterna da Via Micheli (antico percorso della via francigena) si possono cogliere, in alto, due rosoni. Quello superiore, cieco, è della primitiva chiesa. Il rosone inferiore, meno ornato, è invece quello che ancora oggi dà luce all’interno del Duomo.
Forse l’Antelami aveva pensato anche di costruire accanto all’abside due piccole torri. Le fondamenta di una di esse sembra siano state ritrovate quando è stato risistemato il piazzale verso il Vescovado.

Il degrado attuale
Nel 1973 è stato pubblicato con il contributo della Cassa di Risparmio il prezioso volume di Roberto Tassi “Il Duomo di Fidenza”, oggi pressoché irreperibile. Quando, con le fotografie di Massimiliano Conti, ho pubblicato la Guida “Le pietre parlanti della Cattedrale di Fidenza” (Ed. Enrico Mattei, 2011), ho potuto raffrontare le foto del Tassi con quelle realizzate solo pochi decenni dopo.

Confrontate le prossime immagini:


- La Primavera, ove la raffigurazione dei Mesi di Marzo che suona il corno dei venti e di Aprile col ramo fiorito, è ben conservata. Ma la colonnina di destra si sta letteralmente sbriciolando!


- Osserviamo poi l’interessantissimo bassorilievo che raffigura l’Inverno, rappresentato con l’anno vecchio che se ne va portando sulle spalle l’anno nuovo che arriva con i doni contenuti in un prezioso sacchetto sorretto con la mano sinistra. I due stanno di fronte ad un focolare, nell’atto di scaldare del cibo posto in una pentola appesa ad una catena da camino. Questa è attaccata ad un’asta, sulla quale alcuni strolghini sono appesi ad asciugare.

Ciò che volevo comparare sono le due immagini del volto dell’anno vecchio (quello verso la pentola): ben riconoscibile nella vecchia immagine, oggi è scomparso!                               
Se si pensa che per 800 anni la cattedrale ha resistito ad ogni tipo di devastazioni, dalla distruzione totale di Borgo da parte dei parmigiani (1268) sino alle bombe dell’ultima guerra mondiale (1944), possiamo ben constatare come l’inquinamento atmosferico ha fatto più danni negli ultimi 40 anni che non negli 800 precedenti!        

Il particolare degli strolghini
Sono tipici della nostra zona, tant’è vero che nel bassorilievo dedicato al segno zodiacale dell’Acquario che si trova nel Battistero di Parma sono raffigurati i salami di Felino.

Gli strolghini (che nel Medioevo non si chiamavano però così) sono ottenuti dalle rifilature magre del culatello e del fiocco di prosciutto. Per dare al culatello la sua tradizionale forma a pera è necessario infatti rifilare il pezzo e la pregiata carne che avanza viene destinata a questo prodotto di nicchia. Viste le dimensioni e la composizione magra, questi insaccati in un budello sottile non hanno una lunghissima stagionatura ma, per accorciarla ulteriormente, venivano appesi sopra i focolari come nel bassorilievo.
Il nome strolghino deriva dal greco ‘astrologos’ e dal latino ‘astrologus’, cioè ‘indovino’. Dal D.E.B. (Dizionario Etimologico Borghigiano) della Claretta Ferrarini apprendo che il termine potrebbe significare: 
“Indovina cosa c’è dentro”; oppure: “Abbiamo strolgato (inventato) qualche cosa di eccezionale per il palato”. Viene automaticamente alla mente questa espressione tipica del nostro dialetto: “Mo csa vät a strulghèr?”, e cioè: “Ma cosa ti stai inventando?” (p.354).
Fausto Negri


3 commenti:

  1. Gran bel lavoro, prof. Negri. Non è che dentro il pentolone sul fuoco, la persona stia mescolando "i gräsö" o facendo bollire "j'òss del gugnén" o "èl fürlón del parsütt". Me lo suggerisce il fatto che, i preziosi insaccati ed investiti di cui parli sopra, non hanno bisogno di alcuna bollitura e che il primo pasto consumato, "däl mässlén" e dal committente prevedeva proprio gli ossi bolliti, il fegato fritto con la ratella e "i sänguänâs cum la sigùlla". Dimmi cosa ne pensi.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Gli strolghini sono appesi ad asciugare, così da essere mangiati presto, senza aspettare il tempo di stagionatura.
      Non saprei cosa potrebbe esserci dentro la pentola raffigurata nell'abside del nostro Duomo: non è visibile alcun cibo.
      Invece in quello del Battistero di Parma si vede bene che il contadino sta bollendo salami da pentola.

      Elimina
  2. Prof Negri, il contadino del Battistero di Parma sta bollendo dei preti, nel pentolone, non vedo bene se quelli in tonaca o gli altri o ambedue.

    RispondiElimina