giovedì 19 ottobre 2017

"Pardon!"

6-modi-pessimi-di-chiedere-scusa
Scusami...
Qui, dalle nostre parti, ci si scusa spesso con il "pardon!", mutuato dal francese. Ma il chiedere scusa è divenuto un comportamento in via d'estinzione, peggio dei panda; così come salutare, chiedere per favore, dire grazie e prego, non parliamo poi di offrire la precedenza, di cedere il passo od il posto, di stare in fila e in coda, da bravini.

Di solito, le persone educate, non solo formalmente, chiedono scusa perché si rendono conto che hanno sbagliato, procurando del male al prossimo, fisicamente o psichicamente, perché si è stati sgarbati, in vari modi, da peccato veniale o da cafone incallito, per avere tenuto la sonorità di qualche apparecchio acustico a livelli stratosferici di decibel.
I maleducati di professione, trasversali ad ogni ceto e censo, si ritengono perfetti, non si mettono mai in discussione, sono infallibili ed intoccabili. La mancanza di cortesia viene da costoro associata alla forza, le buone maniere alla debolezza.
Il peggio di sé lo si dà in auto, dove è quanto mai improbabile che  si addivenga ad un gesto o ad una parola di scuse. Al volante, ognuno pensa di sé: io sono io, e voi non siete un c...
Scusarsi non significa sempre che tu hai sbagliato e l’altro ha ragione, ma solo che tieni più a quella relazione che non al tuo orgoglio. Mi è capitato spesso, con amici e colleghi. A volte, costa, brucia un tantino, richiede un coraggio vero, ma rafforza l’amicizia, spazza via i dubbi e l’odio, non è mai un segno di debolezza; può essere anche una richiesta di pace. Pensate che, sulla tomba di Dottie Parker, sta scritto: Scusate la polvere..
A tu per tu, poi, basta un sorriso. Delle fredde scuse, sono una seconda offesa
Io non sopporto chi offende con la giustificazione di avere un brutto carattere e  si nasconde dietro la dichiarazione che lui, o lei, è fatto così.
Paolo Giovio aveva spedito all'Aretino quella famosa, ironica epigrafe: “ Qui giace l'Aretin, poeta tosco, che di ognun disse mal, fuorché di Cristo, scusandosi col dir: “Non lo conosco!” E l'Aretino, di rimando: “Qui giace il Giovio, storicone altissimo, di tutti disse mal, fuorché dell'asino, scusandosi col dire: egli è mio prossimo”. Ci sono, a questo mondo, milioni di Aretini e di Giovio.
Però, è anche vero che nessuna scusa può restituire una stima persa. Mi è capitato, di non riuscire a passarci sopra, per via dei segni lasciati nella memoria.
Nel perdono, poi, c’è sempre una posizione dall’alto verso il basso, non da relazione alla pari. Ma se si chiede scusa, si conserva la propria dignità e l’altro può riavvicinarsi più serenamente.
 Da evitare, comunque,  le scuse non richieste: Excusatio non petita, accusatio manifesta.
Scusarsi, in questo caso, significa avere la coda di paglia, divenire la prima gallina che canta, dopo aver deposto l'uovo, e porre le premesse per future offese. Mi viene alla mente quella frase scultorea del sergente Red O'Neill, nel film “Platoon”: “Le scuse sono sono come i buchi del c..., tutti quanti ne hanno una”.
E' il modus operandi  cronico dei nostri politici, dalle Alpi fino a Roma e ancor più giù, che starnazzano e si azzuffano come gallinacci da combattimento, non riconoscono mai i loro errori, e non si scusano mai, né con i colleghi, né, tanto meno, per carità!, con l'elettorato.
Franco Bifani


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