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sabato 14 luglio 2018

Piccole le piazze di Borgo ma cariche di Storia. In un saggio Mirella Capretti ci restituisce un passato che interroga sul presente. Siamo ancora noi?


Leggo Marisa, che ogni tanto ci prende per mano e ci accompagna per le vie e le piazze di Fidenza, raccontando la storia dei personaggi cui sono dedicate e delle architetture che le delimitano, e dico grazie.
Grazie perché mi dà occasione di riandare ai luoghi e agli avvenimenti di un tempo e di ricordare l’abate Pietro Zani.


La chiesa di San Pietro, ad esempio, il più conosciuto riferimento di Piazza Gioberti, era frequentata dall’Abate, secondo quanto scritto dall’allora vescovo Luigi Sanvitale. Il Prelato ebbe modo di conoscere di persona e di apprezzare il Nostro, sia come prete, sia come studioso, per cui quando viene trasferito a Piacenza, porta con sé un suo ritratto - inciso da Denon a Parigi mentre scopre la prima stampa italiana di Maso Finiguerra - lo incornicia e lo appende nello studio. Poi, “con un piè nella fossa”, lo restituisce al Seminario di Borgo insieme a una lettera con notizie biografiche (conservata nell’Archivio di Stato di Parma), dove, in una nota, così lo descrive:
“Preciso negli ecclesiastici officcii, gli esercitava con viva fede. […] io ne loderò sempre lo Zani, il quale dopo il lungo travaglio del giorno trasferitasi a sera nella Chiesa di S. Pietro di Borgo S. Donnino, e colà ginocchioni a terra adorava prima il SS.o Sacramento, indi recavasi al maggior altare, alzavane le tovaglie e baciava la sacra pietra, che rinserrava le reliquie de’Martiri, e, continuando il giro, lo stesso faceva sopra gli altri sei altari di quella Chiesa”.

L’Abate viveva in alcune stanze dell’annesso convento degli Eremitani Agostiniani, requisito dal demanio e diventato Sottoprefettura, concesse per l’amicizia con Napoleone stesso e i suoi amministratori. 


Nel medesimo palazzo fu ospitato papa Pio VII, proveniente dalla Francia, che alloggiò nell’unica stanza con balcone rivolta a sud (A. Magnani). Ecco perché la lapide che ne ricorda il passaggio, un secolo dopo - con le parole del canonico don Sincero Badini (D. Galli) - si trova nella facciata della chiesa.


Pietro Zani donò al Pontefice una stampa di Louis Desplaces, rappresentante La Battaglia di Lepanto, nella quale si era distinto il duca di Parma Alessandro Farnese (e per la quale il papa di allora, il domenicano Pio V, aveva pregato con la corona del Santo Rosario, divulgata poi come strumento di preghiera per tutti i fedeli, alla fine del 1500). Gli donò pure sei immagini di San Donnino “il vero taumaturgo della Lombardia e della Toscana”.
Il vescovo di Borgo mons. Garimberti era deceduto l’anno prima, per cui i borghigiani ne approfittarono per implorare un nuovo presule.


Il benedettino Pio VII era stato arrestato e imprigionato per cinque anni, per aver emesso, in seguito all’annessione dei territori dello Stato Pontificio alla Francia, nel 1809, una “Bolla di scomunica” contro Napoleone. Una copia del documento, stampato nel 1814 a Milano, si trova nel ragguardevole Museo del Risorgimento fidentino, che conserva pure una litografia con il ritratto del Papa.
Piazza Gioberti, ai tempi dell’Abate, era stata allargata e dedicata a Napoleone.


Nel “Piano di Borgo S. Donnino” degli inizi del XIX secolo, in Archivio di Stato a Parma - che è pubblicato a colori, nel libro su Zani, grazie al Direttore dott. GrazianoTonelli - è disegnata per intero la pianta della Città con tutte le strade, gli edifici religiosi e civili, il percorso del rio “Fontanella” che porta l’acqua al pozzone del duomo e del “Venzola” che costeggia i terragli a sud fino ad arrivare ai Gesuiti. Qui è visibile, davanti alla chiesa di S. Pietro, l’isolato di sei case demolito il 7 maggio 1813 per allargare la piazza della Sottoprefettura. Il giorno dopo il Consiglio Comunale di Borgo San Donnino ha deciso di dedicare la piazza a Napoleone (A. Aimi).


Pure il nome di Angelo Pezzana, cui è dedicata una piazzetta nascosta, mi è caro, perché grazie a suoi scritti in Continuazione delle Memorie degli Scrittori e Letterati Parmigiani raccolte dal Padre Ireneo Affò e continuate da Angelo Pezzana, ho potuto raccogliere molte notizie certe sulla vita del Nostro:
che Pietro era figlio unico, aspettato da anni da genitori di “niun censo tranne il ricchissimo dell’onestà” ;
che dovette abbandonare la scuola perché orfano del padre, all’età di sette anni, ma che “Avea però apparato il leggere e lo scrivere da un buon sacerdote che lo istruì gratuitamente”;
ci informa che, quando, a meno di dieci anni, per necessità economiche, dovette cercare “servizi” in rocca, e recitare nel piccolo teatro di corte, “oltre il recitare, ebbe in quella Corte uffizio di famigliare”, poiché si era distinto e fatto benvolere, ottenendo “la protezione generosa” di Enrichetta.
È sempre Pezzana che mi ha aiutato a trovare i ritratti dell’Abate:
“A cui piaccia avere certa notizia del suo sembiante vegga il rammentato ritratto che ne fece il Denon, o quello ancor più rassomigliante che ne disegnò dal vivo ed intagliò in Roma nel 1794 a semplici contorni il suo amico Damiano Pernati che anche gli dedicò uno de’suoi 34 intagli pubblicati colà nel 1795. Un altro in legno alquanto men somigliante fu intagliato da non so chi, pure a soli contorni con questa sola iscrizione PETRUS ZANI S. Di quello del Denon si trovano esemplari coloriti” (R. Cristofori).

E così ne continua la descrizione e il carattere, con un fatto curioso: 
“Ebbe alta e gagliardissima la persona, ripiegate da pezza in arco le spalle più pel continuo stare incurvato sullo scrittojo, che per l’età. Quella sua gagliardia fu tanta che nella verdezza degli anni, irritato a buon diritto, quantunque per l’ordinario fosse di mansueta natura, contro un ribaldo che avealo offeso, afferrollo pe’capegli, lo spinse fuor d’una finestra e così il tenne ciondoloni lungamente minacciando di gittarlo nella sottostante strada, sinchè ed il chieder perdono e le grida compassionevoli di quel malvagio, e le preghiere dei vicini calmarono la giusta sua collera. Egli lavorava ogni giorno quattordici ore, senza omettere i suoi doveri di sacerdote”.

Ritroviamo il suo nome ancora nel 1813, quando, il 7 marzo, una rovinosa caduta “gittò sull’orlo del sepolcro” l’Abate, a tal punto che il suo confessore, pensandolo alla fine, per non trovarsi impreparato, chiese ad Angelo Pezzana, per la sua influenza, di interessarsi presso il Prefetto del Taro, francese, in nome di tutta la Città di Borgo, affinché la sua salma fosse seppellita nella chiesa di San Pietro e non nel cimitero pubblico, come richiedevano le nuove norme dell’Editto napoleonico di Saint Cloud, in vigore dall’anno precedente (possiamo dire quindi che era considerato alla stregua di un vescovo!). Rimase invece convalescente per oltre un anno, ma sopravvisse.
Quando, dopo l’uscita del Prodromo (annuncio), da un preventivo di spesa risultava che l’Enciclopedia era pronta per essere stampata “la di lei prima parte nel finire del 1793”, che gli associati erano 800, che sarebbero stati tirati 800 esemplari, di cui 300 in italiano e 500 in francese (L. Farinelli) e la cosa non ebbe seguito, al proposito scrive Pezzana: “Non mancarono invidiosi al Zani. Si tentò sin d’allora disgradarlo dal favore del Duca, […] ”.
Riferisce pure, parlando della speciale accoglienza dalla Famiglia Elettorale ricevuta dall’Abate a Dresda che “quando, dieci anni dopo l’Ab. Zani mandò in dono i suoi Materiali al Principe Massimiliano, questi nel ringraziò con lettera tutta scritta di proprio pugno da Pilnitz, 10 giugno 1803”.
Pezzana ci fa sapere che da Roma così scriveva ad Affò mons. Marini: “Conobbi giorni sono il vostro D. Pietro Zani, uomo meraviglioso nella perizia delle stampe”; e che quando don Pietro comunicò la scoperta della stampa di Maso al conservatore Mr. Joly, a Parigi, era presente anche il sig. Duchesne, “che ancor giovinetto era già impiegato in quella Galleria”: infatti poi descriverà la scena nel suo Essai sur les Nielles.
Da lui sappiamo che per quella scoperta, ricevette rallegramenti, lodi e attestati di stima, ma anche qualche dissenso, in particolare da Pietro Vitali di Busseto, che dopo la morte dell’Abate ottenne dagli eredi il disegno avuto da Alibert.
Ci conferma che l’Accademia di Belle Arti di Parma, presieduta dal nuovo amministratore dello stato Moreau de Saint Méry, lo acclamava Accademico d’Onore, in data 4 novembre 1802, per il volume Materiali; che pure le Accademie di Firenze, Roma e Madrid lo volevano nel numero degli accademici, anche se qualcuno remava contro e stroncava l’Autore. 
Pezzana riporta infatti che “Fu censurata quest’opera nel t.[om]° 3° del Giorn. dell’Italiana letter., Padova 1802. Il cel. Cav. Jacopo Morelli, parlando di essa, diceva, che il Zani «non era avvezzo a scrivere, e che bisognava studiarlo per intenderlo»”; e commenta: “ma se avesse saputo ch’egli non avea fatto niuno studio ordinato, lungi dal rimproverarnelo, avrebbe trovata cagione di restare ammirato che avesse fatto ciò che appunto ha fatto”. Dice anche che “Grandi elogi ne fa il P. Luigi de Angelis […]”.
Grazie a lui, appena nominato Segretario – sarà poi Bibliotecario per oltre cinquant’anni - l’11 febbraio 1804, dopo tante richieste, Zani riuscì a entrare nella Biblioteca Reale di Parma, con la qualifica di “Custode delle Stampe e dei Libri Figurati”, ricevendo un assegno di lire 4000. Si trasferì a Parma, ma l’anno dopo, con la cacciata di Moreau, perdeva l’incarico e doveva ritornare senza soldi a Borgo. Solo nel 1807 ne diverrà “Conservatore Aggiunto”.
È sempre lui che ricorda la disponibilità di Maria Luigia a finanziare concretamente la pubblicazione dell’Enciclopedia, dopo soli pochi mesi dal suo arrivo a Parma, dimostrando grande stima e apprezzamento per l’Autore, e dire che lo onorò pure nominandolo “uno de’Cappellani dell’Ordine Costantiniano di San Giorgio” nella chiesa magistrale della Steccata in Città, e gli commutò “il titolo di Custode delle Stampe in quello di Vice-Bibliotecario”.
Dopo la stampa del primo volume dell’Enciclopedia nel 1817, malelingue e motivi economici fanno fermare subito la pubblicazione.  
Proprio 200 anni fa, il 16 luglio 1818, Amedeo Berchet, commesso della Biblioteca Ducale, comunica all’Abate, in nome di Angelo Pezzana, che l’Enciclopedia continuerà a essere pubblicata se il Governo troverà i fondi (L. Farinelli).
Il cuore di don Pietro riprende a sperare, ma solo l’11 ottobre 1818, riesce a tornare al cospetto della Duchessa - aiutato da un interprete, talmente grave era la sua sordità - che lo consola e dà disposizioni per continuare la stampa dell’opera.
Pezzana segue la vicenda…
E, quando, il 15 ottobre 1824, il direttore della Tipografia avvisa i soci con lettera circolare che essendosi terminata la stampa di “tutti que’manoscritti del defunto illustre Autore, che d’uopo non avevano d’essere ordinati e corretti, rimaneva chiusa l’associazione all’opera”; correggeva Pezzana nel riferire la notizia: “dovevasi dire sospesa”.
Dopo l’acquisizione in Palatina della Collezione Ortalli, cui aveva dato slancio lo studioso fidentino, lo stesso Pezzana si rivolgeva con una lettera al Ministro dell’Interno, il 26 giugno1828, per ripetere come si rendesse “ognora più necessario” depositare in Biblioteca i manoscritti dell’Enciclopedia giacenti inutilmente ancora nella Ducale Tipografia, ben consapevole del loro valore: 
“Gioveranno per gran modo alla compilazione del Catalogo di quegli Intagli per la multiplicità delle notizie che vi si trovano per entro, e pei segni che vi si danno onde conoscere gli originali dalle contraffazioni, e dai ritagli”.

Pezzana, persona colta e poliedrica, stimava molto Zani e conosceva bene il valore dell’opera rimasta manoscritta; da lui aveva ricevuto ben 175 lettere, dal 1804 al 1821, ora in Palatina. Così si era espresso per la sua morte:
“Tutti i suoi concittadini sparsero lagrime sulla sua tomba, perché tutti lo amavano per bontà di cuore, per lealtà di maniere, e per singolare affabilità verso ognuno. Amarissima a me pure fu la morte di questo diletto amico” (L. Farinelli).

Fidenza 16 luglio 2018                                                                         Mirella Capretti

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