A tener alto il livello della discussione culturale questa volta ci pensa un blog locale (il maggiore) che propone in anteprima la scoperta dell'esistenza di un Forno Comunale incastrato nelle mura del Palazzo Comunale sotto un arco di alleggerimento sul lato di Via Amendola. In verità i commenti, dopo i complimenti di rito, dall'archeologia passano all'antropologia. E qui, se parliamo di Antropologia Culturale nei termini di Levy Strauss, ci siamo.
La foto sopra anticipa come potrebbe concludersi, ammesso che i tre volti noti siano d'accordo, il dibattito culturale (senza scomodare la Soprintendenza altrimenti finisce proprio così). Sarebbe il massimo per la Fidenza d'oggi che, quando parla di Borgo San Donnino, dimentica Coduro, il vero toponimo che s'addice sia ai borghigiani che ai fidentini.
Il forno comunale c’è, ma (quasi) non si vede
Pubblicato da Redazione il 25 aprile 2012 in Fidenza |
Beveva un Merlot al bar dove si riunisce l’arco
costituzionale per spritz e happy hours. Ma fuori orario.
Passavo di lì. Ti offro un Cabernet, mi disse. No, grazie preferisco Internet,
gli risposi. Non se ne fece niente. Quello è il forno comunale, aggiunse
fissando il muro di fronte.
Pensai che fosse il Merlot a parlare. Guardai
comunque il muro per compiacerlo. Non vidi nulla. Guarda meglio. Niente. Non
vedi la volta? La vidi. È murata. Bisogna guardare bene. Vede chi contempla e
sembra che guardi nel vuoto. Bisogna saper vedere.
È lì, in un muro del municipio che dà su via
Amendola, che si affacciava un tempo il forno comunale. Che poi si trasferì di
fronte prima di diventare Pescatori, che a sua volta è diventato il parlamento
dell’arco costituzionale. Prima di trasferirsi (il forno) dove l’hanno buttato
giù.
Non c’è più forno comunale. Adesso abbiamo
l’acqua in comune. Pane e acqua. Un triste connubio. Non spezziamo più il pane
in comune come al tempo dei primi cristiani. Non lo spezziamo più per intingerlo
nel vino rosso (chissà mai perché non si faceva con il bianco). Del pane è
scomparso il profumo ed è rimasto un sapore sempre più blando.
Evanescente come il forno comunale. Visibile
oltre i sette veli dell’aria. Tutto c’è, se sai guardare. Tutto torna a galla a
forza di scrutare. E ringrazio questo amico che mi ha fatto tornare a casa con
un’informazione in più e due scatti eccoli qui. Ne sa di cose, chi ascolta la
gente e guarda il vuoto fingendo di non ascoltare. (Domenico
Pagnotta)
I commenti
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Complimenti per il pezzo che con la solita nostalgia del tempo passato ci permette di rivivere alcuni momenti della storia fidentina. Mi sono sempre chiesta cosa rappresentasse questo piccolo arco nel muro del municipio. Più di tutto mi è piaciuta la finale, quel “Ne sa di cose, chi ascolta la gente” deve farci pensare.
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La dimensione dell’arco sembra proprio coincidere con quella dell’imboccatura di un forno a legna. Ma è lì che lo cuocevano il pane? Qualcuno sa rispondermi?
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Caro Pagnotta, lei sa quanto mi stia e mi sia sempre stata a cuore la nostra Città. In questo amore, lei mi cammina a fianco, parallelamente e la ringrazio di cuore per questo pregevole e divertente racconto, non privo di materia da considerare a fondo. Veda, caro Domenico, io penso che la memoria sia molto importante perchè, se non è solo mera nostalgìa, contiene un forte senso del presente. Chi non vuole ricordare, non riesce a rapportarsi col mondo attuale in modo equilibrato.
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L’articolo è bellissimo in particolare perchè ci invita e sollecita ad osservare non solo con il senso della vista, ma soprattutto a ricercare ed approfondire con la curiosità del cuore appassionato di chi ama la propria città. Se poi si ha la fortuna di incontrare ancora qualche borghigiano vero, d’altri tempi ( rarità ormai assoluta causa l’inesorabilità del tempo che passa …..) il saper ascoltare e cogliere, dice bene il Signor Pagnotta, diventano arti imprescindibili. Ormai degli edifici vetusti ed autentici è rimasta poca cosa, responsabili in parte i bombardamenti, ma anche certe scempiaggini inconsulte e la frenesia di radere al suolo di ieri e di oggi. Per cui ciò che resta va, a mio avviso, conservato, riscoperto, studiato, estimato. Nel frattempo, grazie al Signor Pagnotta e a Nave Corsara per averci, ancora una volta, ripescati dall’oblio.
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Interessante il concetto di borghigiano vero che deve essere d’altri tempi.Quindi per essere borghigiano bisogna aver vissuto a Borgo San Donnino. Quindi solo i nati prima del 1927 (? 29 o altro anno) lo sono ? oppure sono borghigiani anche quelli nati da borghigiani ? ma ambedue i genitori o ne basta uno ? e se i genitori erano del contado (Castione, Rimale, Bastelli, Chiusa, Santa Margherita, e le altre frazioni) sono ascrivibili ai borghigiani ? oppure bisogna saper leggere e capire il dialetto ?Grazie per la risposta
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Signor pagnotta, mi scusi se la contraddico ma dovrebbe trovar qualcosa di meglio da fare che ascoltare i vecchi delle osterie (anche se in trasferta) dediti al vino e ai loro pensieri vetusti. Che cosa ne vuol che ne esca da vecchie memorie tramandate e da chiacchiere (rac)colte, ne escono pensieri bislacchi. Peraltro non si offenda ma sarebbe meglio che invece di poltrire sorseggiando e perdendosi dietro a racconti tramandati illo si dedicasse ad attività più produttive, è colpa loro se l’Italia va male.
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Esimio China, era mica vecchio, sa, quel che lei chiama vecchio oberato da pensieri che lei, con somma ingiustizia, definisce vetusti. Avrà avuto al massimo 47 anni e forse non del tutto compiuti.Vede, io da tempo lavoro sulla memoria perché è lì che si annidano le migliori storie. «Il passato è una terra straniera; fanno le cose in modo diverso laggiù», così scrisse Leslie P. Hartley all’inizio del suo romanzo The Go-Between (1953) che da noi si sarebbe intitolato L’età incerta (1955) e Messaggero d’amore nella trasposizione cinematografica di Joseph Losey del 1970.Il passato per me non è nostalgia, è miniera da sfruttare. Ci sono molte storie anche nel futuro, ma per esplorare quella terra straniera bisogna avere un’immaginazione che io non ho. Perciò bazzico le osterie. Aspettando che siano i bevitori di Merlot a parlare. Sono solo un ladro di ricordi. Per giunta quasi astemio. L’ho scritto, ma lei finge di non saper leggere. Era l’altro che beveva e voleva indurmi in tentazione.Per il resto, ammetto le mie colpe: a parte qualche noterella sparsa e inutile, di solito e di norma io poltrisco. Stanco di essere sobrio. Faccio male?
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Gentile Costantino V,premetto che non era mia intenzione innescare alcun tipo di disquisizione polemica di natura campanilistica. Ma, essendo stata chiamata in causa, mi sento in dovere di esplicitare che per ” borghigiano vero, d’altri tempi ” intendo tutti coloro che, per età anagrafica e residenzialità, hanno avuto modo di conoscere la città vivendola nel bene e nel male e sono stati, di conseguenza, partecipi delle crepe ( di ogni tipo), dei restauri, delle demolizioni, delle ricostruzioni, ecc.Va da sè, pertanto, che chi non ha vissuto a pieno la città e la relativa storia, credo non sappia della “volta del vecchio forno ” di cui ci ha raccontato il signor Pagnotta e, probabilmente, non ha neppure mai notato la particolare disposizione dei mattoncini nella fiancata del palazzo municipale ( vedi foto sopra ). Un saluto