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giovedì 29 dicembre 2022

Antonio Bonassera, "fornaciaio" a Borgo, disperso lungo strade che mai avrebbe voluto percorrere.

Il "placido Don" nei pressi di Ogalew
 

Antonio Bonassera nacque a Vernasca (PC) nel luglio 1905. Si trasferì poi a Fidenza, dove formò la propria famiglia. Nel 1938 risultava risiedere in via Palestro 16, di professione “fornaciaio”, ma le condizioni economiche dovevano essere molto modeste tanto che aderì alla proposta di lavoro in Germania.
In quell’anno infatti aveva preso avvio, concordato tra i due governi, un flusso migratorio da Italia a Germania composto da braccianti agricoli, operai edili, minatori, lavoratori dell’industria, per un totale complessivo che raggiunse mezzo milione di persone, uomini e donne. 
Il sistema produttivo germanico necessitava di mano d’opera per supplire alle carenze dovute alla precettazione bellica. Al contrario, gli emigrati garantivano all’Italia una iniezione di valuta pregiata a sostegno dell’importazione di materie prime.
Antonio lavorò a Wolfen (distretto Anhalt-Bitterfeld) nella ditta chimica di vernici Farbenfabrik, ma, dall’ottobre del 1940, la Germania preferì utilizzare come lavoratori forzati civili di paesi sottomessi o militari internati. Antonio Bonassera dovette rientrare in patria e non poté sfuggire alla precettazione nonostante, raccontano, un tentativo di nascondersi.

Getreide
Fu assegnato al battaglione o gruppo “Tagliamento CC NN”. Per la mancanza di un foglio matricolare, che abbiamo richiesto sia al Centro Documentale di Bologna che all’Archivio di Stato di Piacenza, non risulta agevole ricostruire l’odissea personale di Antonio se non ricorrendo a quella del raggruppamento di appartenenza, il LXXIX Battaglione CC.NN. 

1° dicembre 1942
«Il comando del XXXV Corpo d'Armata (CSIR) decentra alla Divisione «Pasubio» il Gruppo CC.NN. «Tagliamento», che viene dislocato a Getreide, pur senza essere ancora impiegato in combattimento. Altri tentativi di approccio alle difese italiane sono compiuti dal nemico nel settore dell'ansa di Ogalew (Berretto Frigio) a nord della posizione di resistenza».
Ma è proprio da Getreide che, il 3 dicembre 1942, Antonio invia l’ultima cartolina alla famiglia, poche righe in cui esprime non tanto preoccupazione per sé, ma parla di faccende familiari e parentali, dando indicazioni e suggerimenti con il pensiero rivolto al vicino Natale.

Ogolew

Militarmente in quel periodo la morsa attorno alle forze dell’Asse si stava chiudendo, da est l’armata sovietica spingendosi ad ovest investiva le nostre difese attestate sul “pacifico Don”. La battaglia ebbe inizio una settimana dopo, il 10 dicembre e fu chiamata “Piccolo Saturno”.
L’azione in cui Antonio fu impiegato fu quella di contenere questi attacchi, portandosi oltre la linea di estrema difesa, dove erano posti dei capisaldi: nel caso di Antonio il caposaldo Olimpo e quindi il caposaldo X, la cittadina di Ogolew.

Adagiata sul Don questa cittadina, ormai sparita totalmente, era ritenuta strategica dai due schieramenti e fu ripresa, persa, ripresa più volte nella stessa giornata dell’10 dicembre. Ogni volta che una delle due parti era costretta al ritiro lasciava morti e, insieme a loro, lasciava feriti intrasportabili e trascinava prigionieri. La mano pietosa di un compagno che strappasse la mostrina al morto era un lusso nella concitazione della ritirata.

Il 10 dicembre: 
“Le perdite subite dal XXX Battaglione e dai suoi rinforzi provocano un sensibile assottigliamento nel nucleo di combattimento del battaglione, non superiore ai 400 assaltatori. Pertanto, il XXX Battaglione viene sostituito dal LXXIX Battaglione CC.NN. Al mattino dell'11 dicembre questo ha già dislocato due compagnie al caposaldo «X» ed una al caposaldo «Olimpo». Alle luci dell'alba dell'11 dicembre il nemico amplia la sua risposta, lanciando un attacco in forze contro la linea, tenuta dal I/79° della Pasubio, a sbarramento della base dell'ansa di Ogalew”.

Questa rarissima foto è stata scattata il 18 dicembre 1942 dopo un'intera settimana di combattimenti attorno e dentro la cittadina di Ogalew. Documenta l'inizio di un ennesimo tentativo dei nostri soldati partendo dalla base Olimpo. Manca una settimana a Natale, un Natale di Guerra, pochi giorni ancora e inizierà il ripiegamento e la triste ritirata che apporterà tanti altri lutti.

La partenza del LXXIX Battaglione, il raggruppamento di Antonio, fu quindi prima dell’alba dell’11 dicembre nel freddo russo:

“Fin dalla primissima mattina il LXXIX Battaglione CC.NN. d’Assalto della Tagliamento viene posizionato con tre compagnie presso i capisaldi X e Olimpo; all'alba i sovietici riprendono gli attacchi sia contro Ogalew che più ad est sulla sponda destra del Don; ad est l’attacco viene stroncato grazie agli intensi bombardamenti dell’artiglieria italiana, mentre attorno a Ogalew e dopo diversi scontri i sovietici riescono a sommergere le difese italiane e ad occupare quasi per intero l’abitato.”
“Da Ogalew i russi si preparano all'attacco in direzione dei capisaldi X e Venere, ma la pronta reazione dei nostri soldati, li costrigse a ripiegare sulle posizioni di partenza; il compito della riconquista è affidato alla Tagliamento che si sposta in forze al caposaldo X; l’attacco viene condotto alle ore 15.30 dalle compagnie del 63° Battaglione CC.NN. sulla sinistra, al centro dal 63° Battaglione Armi Accompagnamento, dalle compagnie del LXXIX Battaglione CC.NN. sulla destra; Ogalew presa d’assalto viene “liberata” e i pochi fanti della Pasubio ancora presenti nelle rovine dell’abitato sfuggono alla prigionia ormai certa; attorno alle ore 21.00 un nuovo attacco sovietico all'abitato costringe i difensori a ripiegare sulle posizioni della mattina e così i resti del LXXIX Battaglione CC.NN. sono costretti a rientrare al caposaldo X; l’intervento di due compagnie del 63° Battaglione CC.NN. contiene l’avanzata nemica, ma tutte le compagnie impegnate nella difesa di Ogalew, nella notte, sono costrette a rientrare nel caposaldo X per la pressione del nemico.”
E da questo momento di Antonio non si sa più nulla e tanti suoi commilitoni che avrebbero potuto ricordare forse avevano già subito la stessa sorte.



Questa è la storia di uno di noi, quella di un “fornaciaio” che la crudeltà della guerra ha tolto alla famiglia e inviato in un paese lontano dove si doveva uccidere o essere ucciso. Più di cento furono i fidentini inviati in Russia, la metà non tornò. Solo per tre di loro fu possibile nei cinquant’anni successivi recuperare le salme che oggi riposano nel nostro cimitero.

Ottant’anni ci separano da questi momenti consegnati alla memoria e agli affetti dei parenti di Antonio; alla moglie Mafalda Cocchi ed al figlio di cui Fidenza conserva il ricordo, alla figlia Graziana ed alla nipote Cecilia. Oggi questa memoria ha anche il nome di un luogo, Ogolew.

Ricordiamo infine che il totale generale delle perdite nella battaglia invernale del raggruppamento di cui faceva parte Antonio Bonassera, che contava 2800 effettivi, fu di 2.170 uomini pari al 77,5 per cento della forza presente al 1° dicembre 1942.

Il cimitero militare di inumazione che più direttamente pertiene ai caduti di questo tratto di fronte è senza dubbio quello di Getreide-Swich che si trova a sud ovest di Ogolew ma distante un centinaio di chilometri. Raccoglie le salme dei caduti della Divisione Pasubio, della Divisione Torino, dell’80° Reggimento Fanteria e di Camicie Nere. Ancora nel 1974 erano 153 tombe che custodivano altrettanti corpi di cui 20 Camicie Nere, di queste due, la n° 83 e la n° 84, portano l’indicazione “Ignoto”.

Questo nostro scritto ci rinvia alle limpide parole di Mario Rigoni Stern :
"... ma ora so che laggiù, quello tra il Donetz e il Don, è diventato il posto più tranquillo del mondo. C’è una grande pace, un grande silenzio, un’infinita dolcezza. La finestra della mia stanza inquadra boschi e montagne, ma lontano, oltre le Alpi, le pianure, i grandi fiumi, vedo sempre quei villaggi e quelle pianure dove dormono nella loro pace i nostri compagni che non sono tornati a baita"
Ambrogio Ponzi
ANCR Sezione di Fidenza
11 dicembre 2022

Il 10 dicembre scorso, nella sede della sezione di Fidenza dell'Ancr, in occasione dell’ottantesimo anniversario della battaglia del Don, che si concluse con la tragica ritirata del contingente italiano inviato alla Campagna di Russia, il Direttivo ha incontrato la famiglia di Antonio: la figlia Graziana e la nipote Cecilia Mari.


Crediti
I brani riportati come citazioni da Regio Esercito - La Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale - La Campagna di Russia 1941-1943 -


Si ringrazia la Redazione della Gazzetta di Parma che ha dedicato un pregevole articolo a questa nostra iniziativa ed all'incontro del 10 dicembre con la famiglia di Antonio Bonassera.





3 commenti:

  1. Letto con grande interesse, i morti si sovrappongono ad altri morti e l’Uomo non trova altri modi per evitare le guerre.
    ( Si tratta del padre del “grande” Vincenzo, che ricordo con sincera gratitudine per la sua disponibilità?)

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  2. Grazie per il ricordo di queste Persone travolte da una Tragedia immane.

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  3. Sono riuscita solo ora a leggere la storia di questo "fornaciaio" che abitava vicino a casa mia.
    Grazie, Ambrogio, per l'impegno e la passione che metti, non solo come Presidente A.N.C.R., per far conoscere e rendere vivo il ricordo di queste vite sacrificate e perse lontano dai propri cari e dalla propria terra, altrimenti dimenticate per sempre.

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