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sabato 27 agosto 2016

"La prova del nove", intervista all'autrice Lorenza Pellegrini


Finita la lettura dell'ultimo libro di Lorenza Pellegrini, "La prova del nove", ne ho tentato una breve presentazione in una pagina di questo stesso blog. Cogliendo in alcuni racconti della raccolta una non tanto velata attinenza con luoghi e fatti che rimandano alla nostra città, ho posto all'autrice alcune domande. Ne è uscito questo che fedelmente riporto sotto, una intervista con domande e risposte.
Il libro raccoglie racconti diversi che si leggono volentieri. Chi legge cerca sempre un legame, ha senso in questo caso? altrimenti il libro da cosa muove? Non mi pare di pura evasione.
Il libro è nato dal desiderio di riunire in un'unica raccolta cinque racconti già editi, pubblicati in altrettante antologie della casa editrice Montag, e quattro racconti inediti, che "aspettavano" l'occasione propizia per uscire.Non si può parlare di un legame nel senso stretto del termine, in quanto le storie sono state scritte in momenti diversi e, per quanto riguarda i racconti pubblicati, quattro si riferivano ai temi dei concorsi delle varie antologie ("I sentieri del cuore"; "Alchimie di viaggio"; "L'amore delle donne"; "La forza della diversità") mentre il quinto, La settima carta, inserito nell'antologia "Il piacere di scrivere" è frutto di un lavoro preparatorio e di una successiva rielaborazione durante un laboratorio di scrittura creativa a Tolentino (sede della casa editrice): un'interessantissima "tre giorni" a cui ho partecipato quando ancora ero docente (primavera 2012).I quattro racconti inediti, invece, sono stati scritti in periodi diversi, e l'unico portato a termine nella "mia nuova vita", vale a dire il lavoro come Dirigente Scolastico, é stato "Scacco Matto", questo perché la nuova professione mi assorbe moltissimo, specie da quando sono anche reggente: avere due presidenze significa raddoppiare gli adempimenti e utilizzare spessissimo il tempo "libero" e le ferie per la scuola.Il fatto di essere tuttavia riuscita a costruire "Scacco Matto" nella vita "da Preside", mi dà la speranza di poter riuscire ancora a coltivare, prima o poi, il mio hobby: ho un terzo romanzo, scritto a metà, nel "cassetto" e, prima o poi, desidererei trovare il tempo e l'energia mentale per proseguire la storia. Tornando a Scacco Matto, vi è da sottolineare, anche, come io sia particolarmente legata a questo racconto, in quanto è frutto di una significativa collaborazione professionale, visto che è stato scritto "a quattro mani" con Fabrizio Bianchini, editor della Montag, piccola casa editrice marchigiana diretta, appunto, da Fabrizio e da Alberto Cola (autore di recente di un libro per ragazzi edito dalla Piemme). In ogni caso, prima sostenevo che non si poteva parlare di legame in senso stretto del termine, ma in senso più generale direi di sì: tutti i racconti sono caratterizzati da uno stile particolare, "inaugurato" con il mio primo romanzo, Doppio tempo, e proseguito con il secondo, Eterno ritorno.In Doppio tempo, rifacendomi alle classificazioni di T. Todorov, penso di essermi incasellata nel genere, secondo la definizione dello studioso bulgaro, "fantastico strano", vale a dire "il meraviglioso spiegato", e questa linea, particolarmente evidente e marcata in Doppio tempo, penso sia rimasta, più o meno latente, anche nelle prove successive.I miei scritti, infatti, così come sintetizza la quarta di copertina de "La prova del nove", immergono spesso i personaggi in scenari irreali, calandoli però in realtà quotidiane, e le storie sono tanto surreali quanto costruite e circostanziate con logica al punto da sembrare reali.Ecco, questo mi sembra possa essere il filo conduttore dei nove racconti.Per quanto riguarda, invece, la "pura evasione", in effetti la domanda coglie il segno.Se da una parte il lettore può essere mosso dalla curiosità di sapere come procede la "bizzarra storia", dall'altra c'è sempre una più o meno velata riflessione su vizi e virtù, più stringata nei racconti per i tempi stretti, più ampia e distesa nei romanzi.
Dove troviamo l'autore? Non parlo solo di riferimenti biografici.
L'autore, come spesso accade, si nasconde e non si svela mai in maniera esplicita, ma è dappertutto: talvolta veste i panni del narratore, talvolta si immedesima in più di un personaggio, talvolta si diverte a seminare indizi per vedere se il lettore "coglie". E glissa sulle domande di questo tipo...
Come si colloca questa raccolta nell'intera sua produzione?
Come già sottolineavo prima, ritengo  che la  raccolta ne prosegua lo "stile". Ci sono poi delle ricorrenti fisse, come la dedica e la citazione "molto pensata" all'inizio. Sono dei piccoli tratti distintivi, presenti anche nei romanzi, dove contraddistinguo i capitoli non con una numerazione, ma con la frase iniziale, appunto, del capitolo.
Ha senso oggi scrivere?
Domanda molto interessante, dal momento che oggi "scrivono" tutti, considerando anche social, blog e tutti gli annessi e connessi, mentre é risaputo che leggano in pochi, oggi ancor meno di ieri. Direi che ha senso scrivere nella misura in cui c'è la passione di farlo, senza aspettarsi molti lettori, perché la mancanza di tempo, le distrazioni offerte dall'immensità della rete e una certa pigrizia hanno fatto diventare il lettore "merce rara".Personalmente penso che scrivere, intendo "scrivere bene", sia comunque operazione difficile e complessa che necessita, oltre che di talento naturale, di rigore, studio e razionalità, attraverso un "esercizio" che nulla deve lasciare all'improvvisazione.
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Tra i nove racconti voglio soffermarmi un attimo sul secondo, "La settima carta". Anche se ambientato altrove, mi ha riportato qui a Fidenza tra Via Malpeli, dove sono nato e l'autrice ha abitato per molto tempo, e Via Manzoni altrettanto familiare. In effetti il racconto "La settima carta" si può leggere come "la versione fantasiosa" sul delitto rimasto impunito che tanta curiosità ha suscitato nella nostra città.

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