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venerdì 8 gennaio 2016

"Federico, pisarei e fasò", un "pezzo" di Gianni Varani

Oggi Federico, fidentino, il penultimo dei sei fratelli Ghiozzi figli di Ercole e dell'Adriana, lo troviamo a Parma, ci spiega tutto Gianni Varani, altro fidentino, altro cognome che rimanda ad una stagione politica fidentina esaltante, irripetibile. La sua piccola esperienza di impegno in politica Federico l'ha comunque tentata coi i civici fidentini ma il suo riferimento è piuttosto il movimento di CL con l'amicizia che lo lega a Vittadini.


Il pezzo

Federico Ghiozzi, quello della trattoria Belvedere a Parma, è un tipo che ha un dono oggi raro. Ti ci metteresti subito a raccontargli i fatti della tua vita, anche se non l’hai mai visto prima. E lui pare poi fare la stessa cosa. Anzi di solito sembra cominciare lui. 
Provare per credere, andando sul posto, a due passi della confluenza tra il Parma e il Baganza, un torrente che ha combinato un bel disastro non molto tempo fa. Non mangerete soltanto degli ottimi, meglio dire straordinari tortelli d’erbetta. Assaporerete un clima. Non ci credete?
Federico con Ardu e Steve

Tanto per cominciare non troverete il menù su carta. La comunicazione avviene a voce. Il menù te lo raccontano. Non andateci di fretta perciò. Può così capitare che ti tiri fuori, il Fede, fatti e misfatti, aneddoti e casi seri, ma sempre con ironia e col sorriso. Dicono che è una cifra ereditaria. 
In casa –  racconta  – la famiglia ha sempre sdrammatizzato e la madre, una vita da cuoca, “ha un’ironia pazzesca”. Non la risparmia nemmeno all'indirizzo dei figli, incluso il più famoso, che oramai viaggia sui 60 anni.  
Si spiega in tal modo da dove salti fuori il più noto dei quattro fratelli Ghiozzi, il Gene Gnocchi che ha bucato in Tv, il fratello maggiore. 
Aggiungeteci che il padre era un comunista atipico. Amendoliano quando la stella era Palmiro Togliatti, s’è sempre ritrovato un po’ ai margini tra i "compagni" nel borgo fidentino. Destino che non ha poi reso le cose facili nemmeno ai figli. Fede è il più giovane, classe 1966. 
Naturalmente è anche lui fidentino doc e non c’è alcun dubbio in proposito quando ne udirete l’accento. Hanno tutti in comune, oltre alla “erre” emiliana occidentale, l’ironia leggera e mai banale, ma anche il pallone e la musica. Federico ci ha passato una decina d’anni sui campi da calcio. 
Tifa, ahinoi, Inter. Ha fatto anche l’allenatore e ha suonato e composto musica. Il calcio risalta fuori in trattoria perché lì ci hanno bazzicato fedelmente e ci ripassano non pochi sportivi, personaggi come Francesco Guidolin, quand’allenava il Parma, o Franco Colomba, ex calciatore e allenatore, che è un patito di pisarei e fasò (che c’azzeccano i piacentini pisarei con Parma? Ce lo spiegano poi). 
Colomba adesso allena in India ma tiene i contatti con gli amici della trattoria. E con gli allenatori il Ghiozzi si ritrova subito a suo agio, mentre quelli degustano pietanze tradizionali, a parlare delle tecniche pedatorie e della sfera che rotola e che ha amato a lungo.
C’è da dire che alla ristorazione ci è arrivato non più giovanissimo. Tramite i genitori in realtà ha respirato di cucina e arrosti fin dalla culla, quando la famiglia gestiva a Bacedasco, nella piacentina Val d’Arda, La Ghiozza. Tuttavia, prima di tornare a quegli odori respirati quand'era ancora in fasce, ha fatto il tecnico ambientale per le acque, mollando poi l’impiego attorno ai 30 anni e girovagando con vari lavori tra Lombardia – quando faceva il commesso all’ ”Uba Uba” – e il Veneto, a Bassano del Grappa, per rientrare nel parmense. 
Un’anima inquieta, sembra, o forse piuttosto creativa, cercatrice, curiosa, pronta a cambiare direzione se un incontro si rivela decisivo. Undici anni fa il “ritorno” nella ristorazione, con socio il fratello Alberto, secondogenito dei Ghiozzi. 
Da notare che questi due hanno invertito il trend nazionale. Ovunque sono i cinesi a comprare locali e bar in giro per l’Italia e in Emilia. Lì i Ghiozzi han rilevato una trattoria piuttosto nota e conosciuta a Parma proprio dai gestori cinesi. Hanno coinvolto alcuni giovanissimi, pescati dalla scuola alberghiera. Ragazzi sui 23-24 anni. Tom, Filo, Claudia. 
Han saputo resistere assieme e risollevarsi anche dall'alluvione che ha investito e devastato proprio quella zona e bloccato tutto per più di un mese.
Nel menù a voce, poche essenziali e notevoli pietanze tradizionali. Quattro o cinque primi, più o meno altrettanti i secondi. D’obbligo anolini, detti anche cappelletti, i citati tortelli d’erbetta e, immancabile in Emilia ovest, la torta fritta coi salumi del posto. 
Sia ben chiaro, a differenza della zona fidentina, gli anolini qui a Parma prevedono la carne, il manzo, nel ripieno. Non sono ammesse eccezioni. Semmai in casa Ghiozzi c’è stato un intenso dibattito tra i fratelli sullo spessore della sfoglia. A Fidenza più sottile, a Parma più spessa. Parliamo di “micron”, scherza Federico. Ma sono micron che fanno la differenza decisiva per i palati parmigiani e lui, che ama anche ascoltare, ha imparato questo dettaglio decisivo proprio ascoltando gli avventori. Quelli della Parma del cuore, che sta lentamente sparendo.
Gioca sulla qualità e la freschezza degli alimenti la formula di questa trattoria. La pasta è fatta sul posto, poco prima di consumarla. 
Un direttore di giornale del calibro di Michele Brambilla ci ha portato un giornalista altrettanto famoso, Stefano Lorenzetto, che è anche una buona forchetta. Non ha resistito, il direttore, a raccontare cosa è successo con un inusuale editoriale. 
Lorenzetto, veneto, dove aver gustato i tortelli, ne ha chiesti un tot da portare a casa. Niente da fare, ha risposto Ghiozzi, li facciamo in tempo reale, sennò perdono sapore. Lorenzetto incredulo non ha però mollato la presa e alla fine l’ha spuntata sul riluttante gestore. Gliene hanno fatti da portare a casa, dopo l’assicurazione che li avrebbe consumati senza indugio appena arrivato a Verona. 
Famiglia veronese in tripudio alla sera ma il giornalista ha poi dovuto ammettere via telefono con Fede che c’era, sia pure di poco, una differenza, mezzo punto in meno da quelli gustati freschissimi con Brambilla. E’ quella differenza in meno che qui alla Belvedere non vorrebbero concedere mai. 
Nasce così, non c’è dubbio e l'ho raccontava quell'editoriale, il primato parmigiano nella cucina, quando ci sono ristoratori che fanno le cose con questa determinazione e passione. Ma in via Varese non si deroga anche dalla socializzazione, dal parlarsi, dal prenderla col sorriso, dal fare incontri. “Se dovessi fare diversamente – commenta quasi tra sé Ghiozzi – non so se terrei botta”. Gli si crede, conoscendo la sua storia atipica. 
Non s’esagera a dire che in questa trattoria s’è creato un po’ un riferimento tra il culturale e il politico, nonostante la crisi abbia picchiato duro anche nella città ducale, ferita anche da scandali, crolli societari e inchieste. Ci potreste incontrare un Pupi Avati, Abel Ferrara, Gigi Proietti, Tognazzi figlio, Costa Gavras, Matteo Aleotti, Ivan De Petri che a Parma è un riferimento nel campo dei cinema, e molti che ora scordiamo.
Avevamo parlato dei pisarei e fasò, una incursione piacentina graditissima all’allenatore Colomba. C’è in Emilia un notevole ripescaggio di questo piatto tradizionale e popolare, dove il pane la fa da padrone in questi gnocchetti gradevolissimi, perché nella cucina di una volta non si buttava via niente, sottolinea Ghiozzi. 
Il piatto alla Belvedere è fatto come si deve, perché dietro c’è l’esperienza piacentina di famiglia, quando gestiva La Ghiozza, e ci sono le istruzioni basilari della signora cuoca Maria di Lugagnano val d’Arda. Per averne la ricetta per forza di cose dovete provare ad andare in via Varese, assaggiarli con calma e giocare sulla socializzazione col gestore, sperando molli le informazioni. Credeteci, non è così difficile da quelle parti.
Gianni Varani


foto di Federico Ghiozzi.

3 commenti:

  1. Federico, facen'na da šbirüss, sono lieta che Gianni Varani ti abbia dedicato questo ampio servizio con la complicità di Ambrogio. Te lo meriti.

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  2. Io vivrei di tortelli di erbette e di zucca. Questi ultimi, però, senza l'aggiunta malefica degli amaretti o della mostarda mantovana. Risutla comunque difficilissimo trovarne di ottimi, di entrambi i tipi: o hanno una pasta troppo dura e consistente, o troppo sottile, che si apre e sbrodola fuori il ripieno, o il dosaggio del ripieno è insapore ed infimo. Una volta, in una trattoria del Piacentino, molto rinomata, ho chiesto un piatto-bis con le due specialità, ma non si capiva quali erano di erbette e quali di zucca, tanto era, per me, ridotto e senza sapore il ripieno. Ne ho mangiati di ottimi 60 anni fa, a Salsomaggiore, ce li portava giù una coinquilina di Reggio Emilia. Erano grandi, di una pasta tosta e spessa al punto giusto, con una collinetta di zucca, tritata con la mezzaluna, e basta. Non ne ho più assaggiati di così buoni!

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  3. x Bifani, non vorrei che passi per pubblicità occulta, provi anche nella trattoria di mia sorella a Viarolo, mio cognato negli scorsi anni con quelli di zucca ci ha vinto un paio di premi.

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