«Il povero mercato di Borgo», così il Plateretti titolava il capitolo dedicato all’economia locale nel suo volume Borgo San Donnino 1802. Si trattava di un mercato di beni di sussistenza che soffriva dell’emarginazione della città in rapporto alla capitale, Parma, la quale esercitava di fatto una specie di monopolio forzoso. Il titolo è attuale anche oggi, ma le cause sono decisamente diverse e lo scenario non è così drammatico.
Compresso tra nuove forme commerciali e tradizione, il sistema del commercio del centro città stenta a trovare un proprio ruolo. All’origine, alcune deficienze urbanistiche, quali la penuria di parcheggi e la viabilità difficoltosa, penalizzata da «lavori in corso» senza fine.
Un altro fattore frenante sono le dimensioni dei negozi che, tranne pochi casi, sono estremamente ridotte. Sta di fatto che in questi anni il commercio non è più un fattore di attrazione per il centro di Fidenza.
Gli sforzi delle amministrazioni per creare eventi favorevoli ai commerci non ha sortito effetti stabili come l’apertura di nuovi negozi. La presenza di un grosso polo commerciale nei pressi del casello autostradale (outlet) è spesso citato come causa del declino commerciale del centro. Ma è una spiegazione che pecca di protezionismo: gli effetti negativi vi sarebbero stati anche se il polo commerciale fosse sorto in località vicine e in più non vi sarebbero stati i risvolti positivi.
Lo strapotere della grossa distribuzione oggi si gioca su ben altri livelli condizionanti e crea nuovi percorsi extraurbani dettati dalla convenienza o percepita come tale. Oggi coi bilanci comunali più che mai dipendenti dallo sviluppo edilizio, il meccanismo si è affinato. Più che gli amministratori e gli uffici tecnici, è la grande distribuzione, da Value Retail (outlet) a Legacoop a pianificare il territorio.
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