Ercole dell'ambone all'esterno della chiesa di Borgo San Donnino a Fidenza |
Brescia, l'antica Brixia romana le cui origini si collegano al mito di Ercole, ha dedicato nei mesi scorsi al suo leggendario fondatore una rassegna archeologica e iconografica, unica nel suo genere, sotto il titolo "Ercole fondatore dall'Antichità al Rinascimento". Uno dei punti essenziali evidenziati, dal ricco catalogo a cura di Marco Bona Castellotti e Antonio Giuliano, è la ripresa in epoca cristiana della leggenda dell'eroe pagano, la cui figura si carica nel Medioevo di significati morali ed è avvicinata a quella di Cristo per la perseveranza, la lotta contro il male e la sopportazione, fino a diventarne una sorta di prefigurazione.
Tra gli esempi più importanti della sopravvivenza del mito classico viene segnalato il FORTIS HERCULES, Ercole e il leone di Nemea, scolpito nell'archivolto del portale minore di destra del Duomo di Fidenza, come controfigura del biblico Sansone. "Nell'Italia dei Comuni - scrive Irene Favaretto - la presenza di Ercole all'esterno di chiese o anche all'interno di esse non è inusuale.
Della stessa epoca dell'Ercole di destra della facciata di S. Marco e dell'Ercole dell'ambone è quello dell'esterno della chiesa di Borgo San Donnino a Fidenza, vigorosa immagine accompagnata dalla scritta "Fortis Hercules". Ma la scultura antelamica del Fortis Hercules, citata anche dal grande storico dell'arte medioevale francese Emile Male, non è forse l'unica testimonianza riscontrabile presso la Cattedrale di Borgo.
Il mito dell'eroe pagano sembra infatti rispuntare circa tre secoli dopo in cripta, tra gli aggraziati rilievi dell'arca quattrocentesca (venne inaugurata nel febbraio del 1488), in un curioso dettaglio iconografico, situato in basso a sinistra nel primo pannello istoriato con San Donnino che pone la corona sul capo di Massimiano.
Sfuggito alle più accurate indagini degli studiosi, quasi come un antico cammeo nascosto, questo inedito particolare figurativo dalle dimensioni molto ridotte mostra un impetuoso centauro che stringe l'arco e regge sul dorso una fanciulla ignuda dai capelli lunghi e scompigliati: un'immagine apparentemente "fuori luogo" e che nell'insieme ricorda molto da vicino il rapimento di Deianira da parte del centauro Nesso. Che si tratti proprio del ben noto episodio che sancisce la fine del percorso terreno di Ercole e la sua assunzione tra gli dei immortali, un soggetto molto comune nel Rinascimento, sembra lasciarlo intendere anche la stessa collocazione del piccolo rilievo, vera e propria scultura in miniatura, nel basamento della colonna dell'edificio, rappresentato in scorcio sulla parte sinistra della scena.
Arca del secolo XV nella Cattedrale di Borgo San Donnino |
Già il Pettorelli ("Un'arca del secolo XV nella Cattedrale di Borgo San Donnino", 1905), infatti, riconosceva in questa fantasiosa architettura, dalle linee classicheggianti, caratterizzata anche da una nicchia con un vaso con fiori e dalla figura del soldato che fa da guardia all'ingresso, la rappresentazione idealizzata della dimora di Massimiano.
E' perciò molto probabile che lo scultore, un ignoto lombardo della cerchia dell'Amadeo, abbia pensato al centauro non solo come allegoria dell' antico mondo pagano dominato dalla brutalità e dalla lussuria, ma anche come velata allusione al titolo di Herculius, Erculio o Erculeo, l'appellativo divinizzante assunto da Massimiano e riportato dalle antiche passiones che raccontano il martirio di Donnino.
Più che a un capriccio d'artista, si può quindi pensare a una sorta di gioco erudito, a un singolare percorso iconografico (Nesso Dejanira - Ercole - Massimiano), nel quale l'ira dell'imperatore per il tradimento del cubicularius Donnino viene emblematicamente associata alla furia di Ercole nei confronti dell'infedele centauro che gli rapisce la moglie. Quanto infine alla fonte iconografica dell'immagine (che andrebbe ulteriormente indagata insieme ad altri interessanti elementi figurativi come, nel secondo pannello, la donna che abbraccia un bambino, scolpita in micro-rilievo nell'urna dove Donnino sta per deporre la corona imperiale), essa va probabilmente ricercata nelle medaglie o nella glittica antica.
Ciò sia per il tratto sommario e deciso che la caratterizza, sia per la testa esageratamente grande di Deianira: un'anomalia che ricorda certe bizzarre figurette macrocefale dell'immaginario antico e medievale.
Guglielmo Ponzi
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