MANCA PERO' ANCORA OGGI
L'ONESTA' INTELLETTUALE DI DIRCI COSA VERAMENTE E' SUCCESSO AI NOSTRI MILITARI
DISPERSI IN RUSSIA E QUALE RUOLO HANNO AVUTO I COMUNISTI ITALIANI, ALLORA
ASSOGGETTATI AL REGIME DI STALIN, AL PUNTO DA DIVENTARE CITTADINI SOVIETICI,
COME TOGLIATTI.
ANCHE ALTRI NOMI "ECCELLENTI" DEL COMUNISMO, QUALCUNO GIUNTO
FINO AI GIORNI NOSTRI, HANNO SCRITTO (VIGLIACCAMENTE) QUESTA PAGINA DI STORIA,
NATA COME ERRORE E FINITA COME STERMINIO. STERMINIO DEGNO DEL PEGGIOR ADOLF
HITLER, IMITATO ALLA PERFEZIONE, SE NON ADDIRITTURA PEGGIORANDONE IL RITRATTO,
DA QUELLO STALIN USCITO VINCITORE E COME BEN SAPPIAMO LA STORIA LA SCRIVONO I
VINCITORI E NON I VINTI, QUINDI.........
Lettera di Togliatti a Vincenzo
Bianco sui prigionieri italiani in URSS, a Togliatti servivano i morti in Russia
e scrisse: "Il sacrificio dei soldati dell’ARMIR nei lager di Stalin è un
antidoto al fascismo".
Resa nota la lettera, conservata negli
archivi
del KGB e trovata dal giornalista Francesco Bigazzi (Panorama) e dallo storico
ex comunista Franco Andreucci.
Rivelata un’agghiacciante lettera del ’43 di
Togliatti a Vincenzo Bianco sui prigionieri italiani in URSS:
a Togliatti servivano i morti in Russia per la propaganda al comunismo e
ai suoi gerarchi, sovietici e sopratutto italiani; nomi poi divenuti strafamosi
nelle vicende politiche della sinistra italiana, nomi eccellenti, qualcuno
ancora oggi in vita, qualcuno che addirittura è diventato Presidente della
Repubblica (vediamo se indovinate chi è).
In
questa incredibile lettera del '43 "Il Migliore" spiegava perché non si dovesse
intercedere per gli italiani. Titolo: A TOGLIATTI SERVIVANO I MORTI ITALIANI IN
RUSSIA PER LA SUA PROPAGANDA. Egli scrisse: "Il sacrificio dei soldati
dell'Armir nei lager di Stalin è un antidoto al fascismo. Nessuna pietà in nome
della lotta politica! Anzi, la tragedia personale e il lutto di migliaia di
famiglie sono il più efficace antidoto alla guerra e al fascismo: è una
questione di giustizia".
Lubianka |
La teoria è di Palmiro Togliatti, detto "Il Migliore".
Le tragedie personali cui si riferisce furono almeno 50 mila, quelle delle
"gavette di ghiaccio" dell'Armir, l'armata italiana in Russia dispersa in
Unione Sovietica tra il '42 e il '43: 27 mila morirono di stenti e di torture
nei campi di concentramento di Stalin, che nulla avevano da invidiare a quelli
di Hitler, di altri 22 mila prigionieri ancor oggi non si sa nulla.
La condanna
a morte dei soldati dell'Ottava Armata Italiana in Russia è contenuta in una
lettera del "Migliore" a Vincenzo Bianco, delegato italiano all'Internazionale
comunista, che gli poneva il problema della sorte dei prigionieri italiani.
E il
15 febbraio 1943 risponde Togliatti, allora alto dirigente del Comintern,
dall'Hotel Lux di Mosca: "La nostra posizione di principio rispetto agli
eserciti che hanno invaso l'Unione Sovietica è stata definita da Stalin.
Nella
pratica però se un buon numero dei prigionieri morirà per le dure condizioni di
fatto, non ci trovo assolutamente niente da dire, anzi il fatto che per migliaia
e migliaia di famiglie la guerra di Mussolini e soprattutto la spedizione contro
la Russia, si concludano con una tragedia, con un lutto personale, e' il
migliore degli antidoti. Perché - spiega Togliatti - nelle durezze che oggi
possono provocare la fine di molti di loro non riesco a vedere altro che la
concreta missione di quella giustizia che il divino Hegel diceva essere
permanente nella Storia".
C'è anche una premessa nella lettera di Togliatti, una
frase che suona cinicamente ironica: "Sono umanitario quanto può esserlo una
dama della Croce Rossa".
La lettera, che viene resa pubblica da "Panorama" a una
settimana dall'annuncio del rimpatrio in Italia di duemila salme dei caduti di
Russia, esce dalla Lubianka.
E' uno degli oltre 14 mila fascicoli che si
riferiscono ai soldati italiani rinchiusi nei campi di concentramento di Stalin:
di parte dei documenti, custoditi per decenni negli archivi del Kgb, ne sono
venuti in possesso il giornalista Francesco Bigazzi e lo studioso Franco
Andreucci.
La richiesta di Vincenzo Bianco a Togliatti poneva una questione in
qualche modo umanitaria: "E' di carattere politico molto grande.
Penso che
bisogna trovare una via, un mezzo - scriveva Bianco il 31 gennaio del 1943 - per
cercare con il dovuto tatto politico di porre il problema affinché non abbia a
registrarsi il caso che i prigionieri muoiano in massa come è già avvenuto.
La
cosa è troppo importante perché io la ponga e pur essendo una giusta
preoccupazione la porrei nel modo, nella forma e senza l'autorità che la cosa
possiede".
Sulla lettera e sul cinismo delle parole del "Migliore" si e'
scatenata la bufera tra gli intellettuali, i reduci dell' Armir e i politici.
"Siamo di fronte a un leninista ortodosso, coerente fino all'estremo con il
proprio progetto politico - dice lo storico Vittorio Strada - non e' il primo
esempio e non sarà l' ultimo di una critica, organica e sostanziale consonanza
con i dettami leninisti da parte di Togliatti. Del resto, non era Lenin a dire:
non esiste una morale assoluta, la morale è ciò che è utile al comunismo"?.
Cartolina inviata dal Campo di concentramento sovietico di Tambow nel mese di Gennaio 1943, e giunta alla famiglia nel mese di Ottobre. Il Bersagliere era deceduto il 3 Febbraio 1943 |
La notizia del suo decesso venne comunicata alla famiglia. era rimasto solo il fratello dopo oltre cinquanta anni alla fine del secolo 1900
L'europarlamentare socialista Baget Bozzo: "Perché stupirsi? Togliatti era un vero bolscevico, ogni sacrificio per lui era giustificato dalla Storia".
"E'
inammissibile - dice il generale Gavazza, presidente dell' Onorcaduti - un tale
atteggiamento nei confronti delle decine di migliaia di soldati segregati nei
campi di prigionia sovietici.
E' difficile pensare che in nome della
collaborazione ideologica con Stalin, Togliatti seppe raggiungere un cosi' basso
livello di abiezione".
Franco Fossa, socialista, ex senatore, visse la tragedia
della prigionia in Russia. Fossa, allora militare di leva, è sopravvissuto nell'inferno di ghiaccio dei lager russi dal 1943 al 1946: "Le dimensioni di quella
tragedia sono immensamente più grandi di quanto immaginiamo, sopratutto per il
numero di prigionieri. Ancora più per l'atrocità di quelle morti per fame,
freddo, stenti e malattie consumate nel più totale disinteresse ed abbandono.
Una mortalità così alta nei primi mesi da suggerire l'idea dello
sterminio".
Decisamente diverso ciò che ci hanno raccontato le sinistre da
sempre, ma allora perchè criticare il ventennio quando si è stati capaci di fare
di peggio, oltretutto tradendo la Patria? Compagni di ieri e di oggi, non
ascoltate esclusivamente ciò che vi viene raccontato credendovi ciecamente,
provate a ragionarci su anche voi, magari anche con ricerche storiche al di
fuori della più assurda e cattiva politica pervenuta fino ai giorni nostri, così
come per le Foibe. Insomma, ci hanno raccontato un'altra storia e ci hanno detto
solo quello che faceva loro comodo, tacendoci ciò che poteva dar loro una
cattiva fama, comunque, dopo le scoperte storiche,
meritatissima
Germano Meletti
Nei campi di prigionia di allora, imperversavano gli istruttori politici del Pci per indottrinare i prigionieri, spesso con angherie e violenze. Tra essi si distinse Edoardo D’Onofrio, nel dopoguerra parlamentare del Pci, che con la moglie di Togliatti, Rita Montagnana e il cognato Robotti, dirigeva "Alba", il giornale dell'ortodossia sovietica che si tentava di diffondere nei lager. Nel 1946 alcuni reduci dalla prigionia in Russia pubblicarono un opuscolo per denunciare le persecuzioni subite da D'Onofrio, da Robotti e dagli altri funzionari moscoviti del Pci.
RispondiElimina
RispondiEliminaIl padre di un disperso in Russia scrive all’on. Togliatti
Milano, lì 9 giugno 1948
On. PALMIRO TOGLIATTI
Camera dei Deputati - Montecitorio
Roma
On. Togliatti,
con tutto il rispetto per tutte le ideologie, con tutto il rispetto per Lei che ho sempre creduto un idealista e di elevata cultura, mi fa veramente pena apprendere dai giornali le discussioni sui prigionieri in Russia, sui nostri figli dei quali non ne sappiamo nulla (ho un unico figlio dato per morto dai suoi Colleghi rientrati); io credo che sarebbe buona cosa che Lei, quale massimo esponente di un esecutivo che dipende dalla Russia, si facesse promotore di una spedizione da Lei capeggiata e composta dai suoi On.li Colleghi Longo, Terracini, Di Vittorio, Pajetta, ecc. e prendere congedo di sei mesi dalla Camera e dal Senato recandovi in Russia ad esperire tutte quelle pratiche che nessuno meglio di Voi, che siete di casa, può fare. Al vostro ritorno, con risultati positivi e veritieri, tutti gli italiani di ogni idea e colore Vi accoglieranno a bandiere spiegate, anche rosse se Vi farà piacere e Vi porteranno in trionfo.
Questo è il V/ dovere, dopo la strada sarà aperta a tutte le discussioni politiche che vorrete.
ALESSANDRO MALERBA di Milano
La risposta del leader del P.C.I.
Roma, li 11 giugno 1948
Egregio Signore,
il tono della sua lettera mi fa supporre in Lei la buonafede. Mi rincresce però che questa non le abbia impedito di cadere vittima di una indegna speculazione, ordita sul sentimento di tanti italiani, sia dal governo che dal partito democristiano. Per quello che a me risulta (dallo spoglio della stampa sovietica) il governo sovietico ha pubblicato la lista numerica dei sopravvissuti alla fine della guerra e le date esatte di consegna di tutti i sopravvissuti (con la eccezione credo di una ventina) alle autorità di frontiera anglo-americane. Il Governo italiano aveva il dovere di far riprodurre in Italia questo documento, facendo inoltre conoscere ciò che tutti i competenti sanno, e cioè che è assurdo anche solo pensare alla più lontana possibilità di esistenza di «dispersi sopravvissuti» perché l'equipaggiamento di quei poveri ufficiali e soldati italiani non consentiva la sopravvivenza in quelle condizioni di battaglia e di clima. Questo è il delitto che oggi si sta commettendo; i responsabili diretti del massacro di quei giovani (Messe e gli altri, non esclusi i vescovi e i dirigenti di Azione Cattolica che benedissero la spedizione criminale contro la Russia) si servono del male da essi commesso per seminare odio e discordie tra i popoli e nel nostro popolo.
La mia opinione, del tutto oggettiva e spassionata, è che alle autorità sovietiche nulla è da rimproverarsi. Nelle condizioni in cui erano, hanno fatto quanto dovevano. Purtroppo noi italiani ci troveremmo molto imbarazzati se quelle autorità ci chiedessero conto dei prigionieri russi fatti dalle truppe italiane. Lo sa che non ne è tornato in Russia nemmeno uno? Messe e gli altri generali italiani li consegnavano ai tedeschi che li passavano ai forni crematori. E sono proprio questi generali che oggi strillano e fanno campagne in nome della civiltà. Mi scusi lo sfogo sincero. Cordialmente
PALMIRO TOGLIATTI
E' veramente ora di scrivere la storia del novecento dell'Italia.
RispondiEliminaL'Italia fascista che dichiara guerra all'Unione sovietica, a fianco dei Nazisti nell'invasione di quel paese; ammazzano 21 milioni di Russi i quali sconfiggono i Fascisti italiani ed i nazisti tedeschi, vincendo la seconda guerra mondiale e liberando l'Europa ed il mondo dalla terribilità del pensiero fascista e nazista.
Da che parte potevano stare i Comunisti italiani? dalla parte della democrazia e del popolo oppresso dalla tirannide.
A fianco del popolo Russo e combattente nella Resistenza per liberare l'Italia dal fascismo e dal nazismo.
Questa storia, vittoriosa, gloriosa e che ha emancipato un intero continente è certamente ripudiata da chi è stato colluso con quei regimi e con quelle idee.
Non se ne farà mai una ragione e cercherà il torbido.
Ma la storia, è più forte di loro, nonostante loro.
I soldati tedeschi ed italiani inviati in URSS non erano affatto dei nazifascismi, come invece le SS e le Camicie Nere; o andavi a combattere o ti mettevano al muro. Tu, che scelta avresti fatto, allora? I popoli liberati dai russi non fecero che cadere dalla padella nella brace, soffrirono e morirono per quasi 50 anni, e i primi a venire eliminati furono proprio i comunisti più duri e puri, come aveva fatto Baffone, con le sue famigerate purghe. Tu, forse, saresti stato uno dei primi a finire al muro o in un luogo di villeggiatura siberiano. Stalin ha accoppato decine di milioni di esseri umani, ha soffocato la libertà del popolo russo e di quelli dell'Europa dell'Est. I nazisti arrivarono a 10 km. da Mosca, proprio perché i migliori comandanti dell'Armata Rossa erano stati accoppati da Giuseppone, che rimane quindi complice e comprimario della morte di 21 milioni di russi. Se l'Italia fosse stata "liberata" dai russi, saremmo stati i leccapiedi lecchini più servili dell'URSS, come sempre, servitori senza dignità di ogni invasore del nostro paese, da secoli.
RispondiEliminaGrande Franco: sempre documentato e sempre preciso e al di sopra delle parti. Ce ne fossero dei commentatori come te, lucidi e precisi, talvolta ironici e l'ironia, se spesa bene, è solo una nota di colore in più nell'esposizione dei fatti
RispondiElimina