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don Oreste Vismara |
Tra le figure protagoniste della Resistenza e della Lotta di Liberazione sono da ricordare anche quelle di tanti sacerdoti della diocesi fidentina.
Tra loro don Oreste Vismara, in tempo di guerra parroco di Semoriva di Busseto, caldo predicatore e fecondo scrittore che ha saputo lasciare una dettagliata "Cronaca della terribile battaglia avvenuta a Semoriva il 26 aprile 1945" ma anche una "Cronaca in succinto del tempo di guerra 1940-1945 che riguarda la nostra Parrocchia di Semoriva" datata 11 febbraio 1946.
"L’infernale orribile guerra scatenata da Hitler Capo dei Tedeschi ed assecondato dal megalomane Mussolini, Capo dei fascisti, trascinando la nostra nazione in una vera catastrofe, sino ad arrivare negli ultimi mesi alla guerra fratricida tra Repubblicani di Mussolini e di Graziani e Partigiano di Badoglio e favoriti dagli Alleati, questa guerra che à superato tutte quante le altre che la storia ricorda, ebbe anche da noi, nella nostra Parrocchia le sue risonanze… Dopo l’8 settembre 1943, ossia dopo che si è sfasciato e totalmente disfatto tutto l’esercito italiano, causa del generali italiani, che lasciarono così il popolo allo sbaraglio di due eserciti formidabili che combattevano sul suolo italiano, gli Angloamericani che venivano dal Sud ed i tedeschi che scendevano dal Nord, tutti i nostri soldati dovettero subire triste sorte. Una parte fu catturata dai tedeschi e portata nei campi di concentramento in Germania ed a lavorare in Russia e in Polonia, un’altra parte riuscì venire a casa eludendo la vigilanza dei tedeschi, si tenne nascosta, alcuni fuggirono sui monti Appennini con i Partigiani, altri poi furono catturati dai Repubblicani e mandati chi in Germania, chi a combattere sui fronti. Dopo la disfatta dell’esercito fu assai peggio di prima, perché si arrivò alla guerra fratricida. Questo stato di cose durò fino al 2 maggio 1945, ossia la liberazione, con la totale capitolazione dell’esercito in rotta dei tedeschi…".
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don Sisto Bonelli, |
Molto celebre anche la figura di don Sisto Bonelli, nato a Roccabianca il primo dicembre 1915 e morto a Parma il 10 ottobre 1993.
Partigiano, detto don Corsaro, era tenente cappellano e faceva parte della 78esima Brigata Garibaldi Sap come Comandante di Battaglione. Durante il secondo conflitto bellico era curato a San Rocco di Busseto. Una esistenza, la sua, spesso giudicata controversa. Infatti c’è chi ne ha rimarcato le gesta piuttosto spregiudicate e chi gli è sempre stato riconoscente per il grande aiuto ricevuto in vari modi.
Di lui scrive Luigi Leris "Gracco" in "Antifascismo e Resistenza nella Bassa Parmense" evidenziando che
"A Busseto in questo periodo si organizza il Cln; la responsabilità fu affidata a Ferretti Alfredo e Massari Nino e le squadre Sap prendono consistenza e passano all’attacco….Vi farà parte anche Don Sisto Bonelli, nome di battaglia Corsaro, curato di San Rocco di Busseto, che in seguito, scoperto, riparerà in zona montana e diverrà Cappellano della 78° Brigata Garibaldi Sap. Per altro alla fine del conflitto perderà la ‘Curazia’ quale ricompensa del valore cospirativo e combattentistico dimostrato"
In "Cospiratori in armi– numero unico delle brigate Sap del 18 maggio 1946" si legge poi che
“Bonelli don Sisto…è stato privato della parrocchia per essersi sottratto alla cattura…assumendo l’incarico di Cappellano della 78° Sap. La punizione dura ormai da un anno! Non ritiene l’Eminentissimo Presule di Fidenza sia ora di restituire allo stesso l’onore e la parrocchia? I fascisti repubblicani vengono assolti e reintegrati nei loro impieghi. Don Bonelli soffre ancora le conseguenze della sua attività per chi ha dato prove di patriottismo e di integrità sacerdotale. E’ egli da meno dei repubblicani? Noi della 78° non vorremmo che il confronto facesse pensare ad una condanna all’idea partigiana per la quale ha lottato don Bonelli".
Alla fine don Sisto, che prendendo parte alla lotta partigiana venne decorato di medaglia d’argento dai combattenti cristiani per la libertà, a San Rocco, da curato, ci tornò e vi rimase fino al 1956, anno in cui fu trasferito a Sant’Agata di Villanova sull’Arda dove fu parroco dal 23 luglio 1957 fino alla morte avvenuta nel 1993.
Di don Sisto si parla diffusamente anche nel libro "Storie – La Resistenza bussetana e i suoi protagonisti" di Adriano Concari e nel volume "La resistenza armata nel Parmense" in cui l’autore Leonardo Tarantini, tra le altre cose, scrive
"I nomi di don Giuseppe Cavalli, di don Nino Rolleri, di don Mario Casale, di don Guido Anelli, di don Luigi Canessa, di don Sisto Bonelli, di don Giovanni Lapina, di don Lambertini e di vari altri, sono ben noti ai partigiani parmensi come quelli di uomini, eminenti nello spirito, nell’intelletto e nel coraggio, i quali nel dedicarsi alla lotta contro la violenta prevaricazione materiale e morale operata dalla dittatura fascista, in una sintesi unitaria di fede cristiana e di diritti egualitari dell’uomo, trovarono il compendio terreno nella loro missione sacerdotale fra gli uomini…".
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don Giuseppe Piccoli |
Non lontano da Semoriva, a Spigarolo (sempre frazione di Busseto) è stato a lungo parroco don Giuseppe Piccoli, classe 1900, che partecipò sia al primo conflitto bellico (quale soldato di rinforzo) da giovane seminarista che al secondo.
In questo caso, col grado di tenente cappellano, prestò servizio sia in Jugoslavia che in Russia e nel 1943 chiese ed ottenne di essere posto in congedo tornando a Spigarolo dove, nella notte tra il 24 ed il 25 aprile 1945, durante l’ultima resistenza tedesca, rischiò di essere fucilato da un gruppo di soldati della Wermacht perché scambiato per un partigiano mentre, invece, si recava a soccorrere alcuni feriti. I tedeschi lo trovarono senza documenti e lo misero al muro. Solo il provvidenziale intervento di una sua parrocchiana, che ne rivelò l’identità, lo salvò.
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don Mario Corradi |
La fucilazione la rischiò anche don Mario Corradi, originario di Pieveottoville dove ora riposa, all’epoca della guerra parroco a San Giovanni in Contignaco, dove durante gli anni della occupazione militare tedesca fu duramente provato dai numerosi avvenimenti che si susseguirono in zona.
Zona che era teatro della lotta partigiana ma anche di feroci repressioni da parte delle forze tedesche appartenenti alle famigerate SS.
Ci furono rastrellamenti e sommarie esecuzioni e don Mario, a rischio della propria vita, si prodigò a salvare più persone possibili, compresi giovani renitenti alla leva ma anche ufficiali e soldati alleati sfuggiti alla prigionia ed ebrei, sottraendoli più volte alle persecuzioni e maturando esperienze dolorosissime, senza mai indietreggiare di fronte al pericolo, mettendo sempre davanti a tutto la sua straordinaria opera di carità (per la quale lo scrittore salsese Roberto Mancuso si sta prodigando al fine di vederlo riconosciuto tra i Giusti tra le nazioni).
Profondamente scosso dalle brutali violenze alle quali dovette purtroppo assistere, alla fine della guerra rinunciò al mandato pastorale per un periodo di riposo nella sua Pieveottoville, per poi essere nominato parroco a Semoriva due anni più tardi.
A Fidenza da non dimenticare certamente la figura di don Rino Davighi che, durante gli anni del conflitto, in collaborazione con Radio Vaticana, aveva promosso una trasmissione che dava notizie sui prigionieri di guerra e fu provvidenziale per tante famiglie che desideravano avere notizie sui loro cari.
Altra figura, in città, fu don Giovanni Orlandazzi (parroco in San Michele dal 1932 al 1969), classe 1892, cavaliere di Vittorio Veneto (e cittadino onorario di Vittorio Veneto) che, durante gli anni del secondo conflitto bellico, dimostrò la sua straordinaria bontà e generosità adoperandosi fattivamente e concretamente per i senza tetto, le vittime dei bombardamenti aerei e verso i poveri in genere così come con tutti quelli che bussavano alla sua porta, con uno spirito di povertà che lo rese, davvero, fratello dei e con i sofferenti che in lui trovarono sempre aiuto, coraggio e conforto.
Figura di spicco fu anche quella di don Ettore Donelli che, subito dopo la guerra, si prodigò soprattutto per trovare posti di lavoro a coloro che erano rimasti senza occupazione mentre don Luigi Faraboli, a Borghetto, si prodigò ampiamente per i combattenti, i reduci e le loro famiglie.
A Coduro indelebile è il ricordo di don Francesco Stringhini che, tra il 1943 ed il 1945 dette prova di bontà ed eroismo dando aiuto ai perseguitati politici e nell’assistere amorevolmente i combattenti delle forze partigiane e nel tenere desti, ed alti, nei giovani, gli ideali di libertà e democrazia.
Questa sua importante e costante attività, svolta sempre con determinazione, altruismo e spirito di carità e solidarietà gli valse il conferimento di una medaglia d’argento da parte dei combattenti cristiani per la libertà.
Quella di don Stringhini fu davvero una vita tutta spesa al servizio di Dio, della Chiesa e della Patria. Fu lui, tra l’altro, doveroso ricordarlo, ad accorrere sul luogo del drammatico eccidio avvenuto tra il 10 e 11 marzo 1945, sulla strada delle Carzole.
Il sacerdote nel dare l'assoluzione non riuscì a trattenere le lacrime; giunsero anche il dottor Catelli e il podestà Mosè, sfollato a Coduro. Il podestà e il parroco riuscirono ad ottenere dal Comando tedesco il permesso di seppellimento, anche se l'intenzione dei tedeschi era che i corpi dei giustiziati restassero esposti 3 giorni, per incutere terrore nella popolazione. Il lunedì mattina, Denti, becchino del cimitero di Fidenza, caricò su un carretto le salme e le portò al cimitero di Parola. In seguito, il 13 luglio '45, per iniziativa di don Francesco Stringhini, la parrocchia di Coduro eresse sul luogo della esecuzione una grande croce, fatta da Allegri Sperindio.
Una menzione la merita anche l’indimenticato don Amos Aimi che riuscì con pazienza ed attenzione a salvare e recuperare numerosi documenti dell’archivio della Curia vescovile andati distrutti dai bombardamenti aerei che colpirono e ferirono pesantemente Fidenza.
Tornando lungo le rive del fiume, a Ragazzola, e nei centri piacentini di Croce Santo Spirito e Monticelli d’Ongina si distinse don Lino Curti, nativo di Spigarolo, che, durante gli anni della guerra, si prodigò senza risparmiarsi verso tutti coloro che avevano bisogno di lui.
La stessa cosa la fece don Nino Belli a Cignano che, nei settant’anni di fecondo ministero pastorale, fu testimone dei principali avvenimenti politici che precedettero e seguirono le due guerre mondiali e dei profondi mutamenti sociali che si verificarono. In particolare fu sempre presente accanto a tutti coloro che avevano bisogno del suo aiuto e del suo conforto.
Nella non lontana Bersano, don Remigio Marocchi, nativo di Roncole Verdi, dovette addirittura assistere al crollo sia della chiesa che della canonica adattandosi per un lungo periodo a vivere in condizioni di disagio e a celebrare le funzioni in una baracca di legno.
Da vicario cooperatore, don Adolfo Rossi (storico parroco di Roncole Verdi), a Castelvetro Piacentino, a sua volta si prodigò a soccorrere quanti, nel torbido periodo dell’occupazione tedesca, ricorrevano alla sua grande carità.
Da non dimenticare infine l’impegno, accanto ai partigiani, di don Lodovico Bonini, originario di San Rocco di Busseto, a lungo cappellano dell’ospedale di Fidenza, che in più occasioni, in bicicletta, si recò sui colli a portare viveri e cibo ai partigiani.
Don Ugo Uriati, negli anni in cui fu vicario cooperatore a Croce Santo Spirito, Villanova e Roncole Verdi (più avanti fu poi storico parroco di Samboseto e Madonna Prati) si spese in favore dei giovani e di tutti coloro che avevano bisogno della sua assistenza morale, spirituale e materiale mentre don Aldo Cotogni, da vicario a Monticelli d’Ongina, collaborò attivamente col parroco don Antonio Gandolfi in innumerevoli iniziative benefiche e si impegnò a tenere vivi, specie nei giovani, gli ideali di amore verso Dio, la Chiesa, la Patria e la Libertà.
A Zibello, don Celso Ghiozzi, a sua volta si spese a favore di solidati, partigiani e sfollati e la stessa cosa la fece don Egisto Caraffini, a lungo parroco di Villa Diversi (parrocchia del piacentino da tempo soppressa) che, tra lo’altro, uscì miracolosamente illeso dallo scoppio di una bomba a mano che gli venne lanciata da un militare della Wermacht che, durante la ritirata tedesca, si era furtivamente introdotto nella casa canonica.
Tutte figure di sacerdoti che hanno scritto la storia delle nostre terre, che hanno tenuto alti gli ideali di fede, libertà e democrazia. Una “panoramica” senz’altro parziale e lacunosa (ci si scusa pertanto con i dimenticati) meritevole di approfondimenti e, perché no, di una pubblicazione.
Eremita del Po, Paolo Panni
Complimenti, spesso si dimentica o si sorvola sul contributo della parte cristiana nei difficili momenti della Liberazione.
RispondiEliminaGrazie Eremita, è bene e importante non dimenticare il contributo dei cattolici alla lotta di liberazione.
RispondiEliminaL'Anonimo di Borgo