Verso la Festa della SS. TRINITÀ (11 giugno 2017)
I CERCHI TRINITARI
SULLA FACCIATA DELLA
CATTEDRALE
Michelangelo, quando ha iniziato a dipingere la
cappella Sistina, aveva un progetto, o ha dipinto le varie scene a casaccio? La
risposta è talmente scontata che l’interrogativo appare stupido. La stessa
domanda pare non valere, però, per la facciata del Duomo di Fidenza. Per quanto
ne so – dopo 800 anni dalla costruzione - nessuno sino ad oggi ha saputo
spiegare il progetto in base al quale sono stati realizzati i bassorilievi e le
statue del Duomo di Fidenza. Spesso, imbattendomi in gruppi che visitano la
nostra Cattedrale, sento dire dalle guide turistiche che le 187 figure umane e
gli oltre 100 animali scolpiti in facciata sono stati posti “a caso”.
Il problema è che, se non si comprende il
progetto complessivo, ognuno può dare alle varie sculture interpretazioni più
diverse: e così è purtroppo successo, nel tempo. Un esempio per tutti: ho
trovato – in vari scritti - ben 14 letture diverse circa le due fasce di
bassorilievi posti sulla torre del Trabucco; alcune molto originali, altre
fantasiose, altre ancora strambe (come io ritengo sia l’interpretazione data da
un filologo tedesco alla fascia posta in facciata, con la storia stravagante di
“Milone e la Berta”).
Con un breve testo – oggi esaurito - dal titolo
“Gloria, Martirio e Profezie” presentato in Teatro Magnani nel settembre del
2015, ho tentato di dare una spiegazione complessiva della facciata: nella
certezza che sia i committenti di allora (in primis l’arciprete di Borgo), sia
la scuola di Benedetto Antelami, avessero bene in mente sin dall’inizio un
progetto preciso.
A mio avviso, le varie sculture della facciata si
leggono dunque con due modalità:
a) In modo simmetrico
b) Con un rimando ai cerchi trinitari
proposti da Gioacchino da Fiore
a)
Partendo dal centro geometrico e simbolico della facciata – il Cristo
in gloria posto al vertice del portale centrale -, le sculture per essere
comprese, vanno lette in modo simmetrico. Detto in altre
parole: ciò che si trova a sinistra va collegato a ciò che si trova – nella
stessa posizione – a destra.
Nell’arte romanica la simmetria,
appresa dall’Oriente, aveva un’enorme importanza, poiché appariva il riflesso –
in terra – dell’armonia dell’universo. Questa ‘lettura’ è oggi condivisa dagli
studiosi e dalle guide più attente. Viene così ben descritta anche nel bel sito
ufficiale della Cattedrale, realizzato l’anno scorso: www.cattedraledifidenza.it
b) La “lettura simmetrica” viene rafforzata e
completata – a mio avviso -dal
pensiero del monaco calabrese Gioacchino
da Fiore (1130 – 1202), che ha avuto in Borgo uno dei suoi seguaci più
fedeli: frate Gherardo. Ci soffermiamo su questo:
La figura di Gioacchino da
Fiore
Secondo
l’abate calabrese Gioacchino da Fiore, definito da Dante “di spirito profetico
dotato» (Paradiso XII, 139-141), unendo Vecchio e Nuovo Testamento si può
conoscere il futuro dell’umanità. Tra i due cicli dell’Antico e del Nuovo
Testamento l’Abate stabilisce una “concordia”, cioè un collegamento e quel
rimando continuo che è ben evidenziato nella facciata del nostro Duomo (ad
esempio dalla simmetria “Comandamenti-Beatitudini” dell’arco centrale).
Il fulcro
centrale del suo pensiero è però la suddivisione della storia dell’Umanità in
tre ere, associate alle tre figure della Trinità. La novità dell’abate
calabrese è l’aver pensato la Trinità
nell’orizzonte della storia, e la storia come ‘luogo’ in cui si manifesta la
Trinità.
Gioacchino da Fiore: I cerchi
trinitari
(tavola tratta dal "Liber Figurarum")
Con la
tavola dei tre cerchi si entra con un ‘colpo d’occhio’ nel cuore della sintesi
trinitaria di Gioacchino da Fiore.
Tutta
la Storia umana viene divisa in tre "Età" o "Stati",
segnati dalle didascalie inferiori della figura.
- Età del Padre: corrispondente all'Antico Testamento: cerchio
di colore verde, perché il Padre è Creatore della natura.
- Età del Figlio: rappresentata dall'avvento
di Gesù e dal Vangelo, estesa
nel tempo che va fino al 1260 (6 x 7= 42; 42 x 30 - età media di una
generazione); cerchio intermedio, di colore azzurro poiché Cristo è disceso dal
Cielo.
- Età dello Spirito Santo: quel periodo di pace tra gli uomini, di riconciliazione dei
popoli e delle religioni, in cui l’umanità avrebbe raggiunto “l’intelligenza
spirituale’, cioè la vera comprensione e attuazione della Parola di Dio;
cerchio di colore rosso, simbolo dell’amore.
L'Unità della Sostanza Divina è indicata dal
"cuore" ovale dell'immagine, in forma di mandorla mistica. Essa esprime l’unità della essenza divina che è
comune a tutti e tre i cerchi e la certezza che nulla è del Padre che non sia
del Figlio e viceversa, e così anche dello Spirito.
Ciò che a Gioacchino premeva era, appunto, di avvertire gli uomini della
imminente conclusione della Seconda età e dell'avvento della Terza, inaugurata
da San Benedetto (e, per i Francescani, da San Francesco). La Storia non
veniva più vista come un declino verso la fine del mondo, ma come un’ascesa
piena di speranza verso il compimento dei tempi. Detto in altre parole: in
un’epoca di grandi conflitti e densa di problemi, l’abate calabrese sosteneva
che era imminente un’era di pace, giustizia per tutti già qui in terra.
I CERCHI TRINITARI
SULLA FACCIATA DEL DUOMO
DI FIDENZA
L’armonia
della facciata deriva dall’essere stata progettata utilizzando le figure più
elementari della geometria, che nello stesso tempo sono le più perfette: il
quadrato, il triangolo, il cerchio.
Tutta
la facciata (escluse le torri) si può iscrivere in un grande quadrato – simbolo
dell’umano (Se si fa GIRARE IL QUADRATO, DIVENTA un ROMBO che include le
torri).
La
diagonale del quadrato rappresenta l’esatta misura dei lati del triangolo.
La
facciata con incluse le torri, è invece iscritta in un triangolo equilatero,
simbolo del divino.
Il
centro del quadrato è posto più in alto di quello del triangolo; se la distanza
tra i due centri viene spostata verso il basso, si incontra il centro del
racconto del martire Donnino (come a significare che nel martire-Patrono della
città si incrociano l’umano e il divino).
Quadrato
e triangolo possono essere iscritti in un grande cerchio – simbolo di
perfezione - che tutto racchiude [vedi disegno].
I
tre cerchi trinitari di Gioacchino da Fiore si possono sovrapporre alla
facciata del Duomo, ricavandone una lettura straordinaria!
La
larghezza del Cerchio di mezzo è data dalla distanza che separa il punto
centrale dalla pavimentazione.
Gli
altri due cerchi con cui interpretare la facciata (del Padre a sinistra, e
dello Spirito Santo a destra) hanno come centro il punto in cui la diagonale
del quadrato interseca la bisettrice del triangolo (esso coincide proprio nel
punto in cui inizia e in cui finisce la vicenda di San Donnino!).
Ne
nascono tre grandi Cerchi, di cui uno include l’altro secondo il modello
ispirato a Gioacchino da Fiore.
Tutto
risulta perfetto! E incredibile!... la parte comune ai tre cerchi, cioè alle
tre Persone della Trinità – la cosiddetta “mandorla mistica” – coincide con il
fregio orizzontale posto sopra la porta centrale in cui è rappresentato il
martirio del Santo patrono. Il Padre che dona il Figlio, il Figlio che si
abbandona al Padre e lo Spirito Santo-Amore che unisce i due non hanno
luogo/immagine terrena più sublime del martirio, cioè di chi è disposto a
donare la propria vita per amore di Dio e dei fratelli.
Concludendo:
Io
credo che questa seconda interpretazione rafforzi e completi la lettura
simmetrica della facciata. Essa non è ancora stata presa in considerazione da
nessuno, poiché complessa e di difficile comprensione per noi moderni, che conosciamo
ben poco non solo Gioacchino da Fiore ma anche la Bibbia e i Padri della
Chiesa.
Sono
convinto che a Borgo esistesse un gruppo di sacerdoti, molto acculturati, che
erano affascinati dal pensiero del profeta calabrese (come succederà – più
tardi – a fra’ Salimbene e al ministro generale dell’ordine francescano,
Giovanni da Parma). Sta di fatto che le teorie di Gioacchino da Fiore “s’abbatterono come un ciclone”
nella Chiesa del tempo. Frate Gherardo di Borgo San Donnino le ha “respirate”
fin da bambino e, divenuto francescano, divulgò le idee dell’abate calabrese –
esasperandole - fino all’Università di Parigi, la più prestigiosa del tempo.
Frate Gherardo di Borgo è stato la tromba d’aria più forte di quel ciclone che,
da una parte ha prodotto frutti spirituali come gli ordini mendicanti, opere
d’arte come il Duomo di Borgo, ma anche dottrine eretiche quale, appunto, la
sua.
Fausto Negri
Grazie sig Negri, bellissimo, interessante e dettagliato articolo che può farci meglio comprendere la complessità delle pietre del nostro amato duomo.
RispondiEliminaGli articoli del Professor Negri, oltre ad essere molto interessanti ed approfonditi, grazie ad una ricerca accurata, hanno il merito di essere espressi in modo chiaro, permettendo così di venire avvicinati anche dalle persone che non frequentano le "accademie". Questo è il modo giusto per far amare e diffondere la cultura. Grazie.
RispondiEliminaCaro Fausto Negri, che piacere tornare a leggerti! Conosco da tempo il tuo pensiero e il risultato delle tue ricerche sul nostro Duomo, perché mi fai l'onore di anticiparmi ogni tua scoperta. Apprezzo moltissimo ciò che fai e concordo con l'anonimo delle h 19:24. Tu scrivi in modo chiaro e semplice e la semplicità di un divulgatore, è sempre un "punto d'arrivo", non di "partenza".
RispondiEliminaVorrei visitare Fidenza guidato da un apassionato di Gioacchino da Fiore.
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