sabato 17 febbraio 2024

Nella Chiesa Parrocchiale di Santa Margherita una tela da riscoprire

NELLA  CHIESA DI S.MARGHERITA (PR) UNA TELA DA RISCOPRIRE:

“S.ANTONIO E LE ANIME PURGANTI “ DI GRISANTE CASANA

L’autore (1738-1782) è stato a lungo confuso in passato con il padre Luca , che fu allievo e collaboratore di G.B.Tagliasacchi.

       Di lontana origine medievale la chiesa parrocchiale di Santa Margherita di Fidenza (PR) raccoglie al suo interno alcune opere di notevole importanza per la conoscenza del Settecento fidentino.

G. Casana, 1762.”Sant’Antonio e le Anime Purganti”.
Chiesa Parrocchiale di Santa Margherita, Fidenza (PR). Foto di I. Cogato


Tra le testimonianze   più significative, va certamente inclusa  la bella tela raffigurante “Sant’Antonio da Padova e le Anime Purganti”, collocata sull’altare del santo, nella seconda cappella di sinistra, eseguita, come provano gli atti archivio,  nel 1762 dal borghigiano  Grisante  Casana (1738-1782), l’opera, tuttora inedita, è ancor più interessante, in quanto ci permette finalmente di conoscere  da vicino la personalità di questo  valente  pittore, confuso in passato con il padre Luca (1706 - notizie fino al 1742), allievo e primo collaboratore di Giovan Battista Tagliasacchi (1696-1737).

  Noto finora solo grazie ad una piccola, ma deliziosa, immagine di Santa Maria Maddalena penitente (1752), di proprietà privata, pubblicata da Augusta Ghidiglia Quintavalle nel lontano 1956, Grisante rivela una pennellata sciolta e un’indubbia abilità compositiva. Il pittore fidentino   riesce a fondere, in un’unica scena, due distinti temi della classica iconografia antoniana: la famosa apparizione del Santo Bambino, descritta dal “Liber Miraculorum”, ove si sottolinea la speciale devozione di sant’Antonio verso la natività del Signore, e il suffragio dei defunti, motivo legato invece alla  sua fama di potente intercessore.

  Per adeguarsi al duplice soggetto, il pittore  fa svolgere l’estasi del santo sui gradini di  una massiccia  scala in pietra (ma la struttura ricorda anche l’arcata di un ponte) che attraversa diagonalmente la parte inferiore del quadro e sale, fino a confondersi con  le nuvole del cielo, mentre  al di sotto, come in una oscura fornace sotterranea, divampano le fiamme che avvolgono uomini e donne: sono le anime purganti sulle quali si estende la protezione del santo, come egli stesso suggerisce con l’ampio gesto della mano. Ad esse però si rivolge pietoso anche un angelo dai folti capelli neri che regge il giglio, classico attributo di sant’Antonio. L’incantevole essere alato sembra voler rassicurare, col suo slancio affettuoso, le povere anime che attendono di essere condotte al refrigerio e alla gioia del Paradiso.

  Ma è principalmente attraverso il ricorso alla simbologia della scala che emerge il significato profondo di questa originale sacra rappresentazione; la scala, che richiama la celeberrima visione di Giacobbe, fa pensare anche all’impianto Purgatorio dantesco, “dove l’umano spirito si purga e di salir al ciel diventa degno” Pg. I, 5-6, all’erto cammino scavato nella roccia, che nella seconda cantica evidenzia il passaggio dal peccato allo stato di grazia. Un percorso di purificazione che conduce gradualmente alla visio Dei, come, d’altra parte, attestano le esperienze di numerosi mistici: non un luogo fisico, come puntualizzano i teologi, ma una condizione spirituale, per cui la scelta del Casana di ricorrere all’ allegoria architettonica dimostra di essere ben meditata, avendo come riferimento ultimo la beatitudine evangelica dei puri di cuore.

L’enfasi celestiale, con cui il pittore fidentino descrive l’incontro tra Gesù Bambino ed il popolarissimo seguace di  san Francesco, è  sostenuta da un solido disegno e da una insistita  ricercatezza formale, che ingentilisce i gesti e le espressioni dei volti: da quello estasiato ma del tutto autentico del santo, all’atteggiamento spontaneo e confidenziale del divino Infante, che accarezza benevolo il giovane frate; dalla rigidità delle pose delle anime in pena, alla leggerezza e vivacità con cui il grande angelo, dalle ali dischiuse, si libra sulle nubi, insieme ad altri vispi, biondi angioletti, che non nascondono l’emozione per l’inatteso incontro alle soglie del Regno, in netto contrappunto con l’espressione assorta del cherubino-cariatide che fa da sgabello e si lascia docilmente calpestare dal piccolo Gesù.     

Allo stesso modo, il fumo, che esce dal Purgatorio, sembra quasi confondersi nella stessa grande nube vaporosa, dove siede il Dio Bambino che accoglie il testimone della “perfetta castità”, l’umile  frate, che ha come emblema il bianco giglio simbolo della purezza , ma il cui significato include anche la grandezza d’animo, la bellezza ineguagliabile, la grazia raggiunta dopo la remissione dei peccati, la rinascita dopo la morte, la luce, la conoscenza, la creatività e l’aspirazione alla perfezione.

Sul piano prettamente stilistico, l’innegabile eleganza  della piccola pala d’altare sembra riecheggiare, sia pur in maniera assai filtrata (dal padre Luca), la splendida  lezione del Tagliasacchi (1696-1737), dal quale Grisante Casana ha probabilmente attinto attraverso i disegni visti nello studio paterno: una chiara citazione tagliasacchiana del quadro piacentino della  Gloria di sant’Ignazio di Loyola, è indubbiamente il dorso dell’uomo barbuto, in primo piano a sinistra; echi del Tagliasacchi si avvertono  anche  nell’unico volto femminile, tra le anime  del Purgatorio, nei panneggi, nelle movenze graziose degli angeli e nella luce radente del saio di sant’Antonio. 

Come scrive Vito Ghizzoni in un indimenticabile saggio monografico, apparso su “Parma nell’arte” nel 1970,  il Settecento fidentino  non cessa di riservare continue sorprese: ne è buon esempio questa piccola pala d’altare, che, nella chiesa di Santa Margherita, ci segnala con discrezione l’insospettata presenza di un altro ragguardevole protagonista della nostra stagione  tardo barocca. 

Guglielmo Ponzi 


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