Questa epigrafe in pietra arenaria, databile alla prima metà del XVI secolo, è stata rinvenuta nei primi anni Ottanta, in largo Cremonini, nel corso di normali lavori di manutenzione stradale. Il prezioso reperto, segnalato a suo tempo da Italia Nostra, è attualmente custodito in un ripostiglio del Museo del Risorgimento.
La lastra, di forma squadrata (cm.60x60x15 circa), spezzata in due parti ma ricomponibile quasi per intero, reca incisa con bellissimi caratteri rinascimentali l’iscrizione frammentaria: (M)ONS OLIVET(ORVM).
Di facile lettura nonostante lacune e abrasioni è pure la parte in rilievo: tre colli sormontati al centro da una croce e ai lati da rami di ulivo, anch’essa riconducibile come simbologia alla Congregazione di Monte Uliveto, l’illustre famiglia religiosa fondata da San Bernardo de Tolomei a Siena nel 1319 e tuttora attiva in Italia e in vari Paesi del mondo.
Sulla presenza dei padri Olivetani nel territorio fidentino si hanno notizie a partire dal 1485, anno in cui i monaci dall’abito bianco, chiamati dall’abate commendatario, il nobile milanese Daniele Birago, subentrarono ai benedettini di Castione nel governo dell’antica abbazia pallavicina.
A Castione essi rimasero fino al 1764 quando la comunità venne soppressa e i beni affidati al vescovo di Parma.
All’impegno profuso nel corso dei secoli dai monaci olivetani per il rinnovamento architettonico e liturgico dell’antico complesso benedettino, rimandano chiaramente gli stemmi con l’emblema dell’Ordine, scolpiti nei capitelli dell’ala superstite del chiostro tardo quattrocentesco e all’interno della chiesa, in particolare nella base del fonte battesimale datato 1588, nella cimasa della fastosa cornice settecentesca della pala dell’altare maggiore e in quelle degli altari laterali e in alcuni mobili della sagrestia.
Agli stessi religiosi si devono inoltre l’ampliamento del santuario, effettuato tra la fine del Cinque e gli inizi del Seicento, con il conseguente abbattimento dell’abside romanica, e la grande tela in fondo al coro: una vivace e colorita rappresentazione dell’Assunzione di Maria attribuita al tardo-manierista napoletano Fabrizio Santafede (Napoli 1560-1634), di cui esiste una replica, segnalata a suo tempo da G. Godi, nella sagrestia della famosa chiesa olivetana di Sant’Anna dei Lombardi a Napoli.
Sempre in ambito figurativo non va dimenticata la pala seicentesca raffigurante Santa Francesca Romana, ceduta nel 1950 ai benedettini di Parma e da allora esposta nella chiesa di San Giovanni Evangelista. Si tratta di un classico esempio di iconografia olivetana, comune a molte chiese dell’Ordine, dove santa Francesca è venerata per le sue straordinarie virtù e in quanto patrona e fondatrice della Congregazione delle Oblate.
A questa grande santa, spesso rappresentata con accanto il suo angelo custode, era originariamente dedicato l’altare situato in fondo alla navata di destra.
Tornando al reperto lapideo, non sappiamo quando e in che modo l’iscrizione cinquecentesca sia giunta a Fidenza: forse con il pietrame ricavato dalle demolizioni ottocentesche del complesso monastico di Castione, anche se non è da escludere una provenienza più prossima alla città. Come, ad esempio, un edificio dipendente dal convento, situato in località Carretto, ad occidente di Borgo, ove l’antica abbazia disponeva di vasti possedimenti.
Un’altra spiegazione più o meno suggestiva è che la pietra fosse in origine il coperchio che sigillava l’ossario dei monaci, rimosso e poi disperso con i resti di altre antiche sepolture nel corso dell’Ottocento o in seguito agli importanti restauri effettuati nella metà del secolo scorso.
Guglielmo Ponzi
Grazie, Prof Mino Ponzi. Tutto molto interessante.
RispondiEliminaSempre qualcosa da scoprire, tanti tasselli di storia e di arte della comunità borghigiana.
RispondiEliminaMolto interessante !
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