domenica 1 gennaio 2023

Piazzette: tra storia e curiosità di una “fidentina“per caso

Piazzette: tra storia e curiosità di una “fidentina“per caso
di Marisa Guidorzi

Vagare fra i borghi e cercare di rispondere alle domande che sorgono in chi come me si è trovata un bel giorno in questa città, di cui solo sapeva che era stata Borgo San Donnino, significa aprirsi a tante curiosità.

Vi è una posizione da cui è possibile scoprire e godere uno degli scorci più belli sull’abside del Duomo: la piazzetta della “pompa”. Tutti possono riconoscerla, dal momento che il congegno domina l'incrocio delle vie, probabilmente installato dove prima vi era un pozzo. Qualche perplessità si apre sulla definizione di “piazza”. Da alcuni anni, infatti, lo slargo, già modificato nella ricostruzione post-bellica, risulta notevolmente ridotto, senza che se ne comprenda lo scopo, se non per impedire il parcheggio.


Nelle cronache del passato la piazza era definita dal nome di un'osteria: “Spagna”.
La storia si fa più interessante quando spunta una precedente indicazione: Piazzetta Troia, nome che di primo avviso appare estraneo al luogo. Nelle “Vecchie Cronache di Fidenza” di Paolo Cassi (pag. 150) si legge che il termine corrispondeva ad “un arnese di guerra, che lanciava sassi a distanza “, ma in un vecchio vocabolario del 1850 circa, il Trinchera, testualmente si legge “gioco equestre degli antichi romani”. Se risulta chiaro il rapporto con l'esercizio militare, altrettanto non è la relazione tra Troia e Roma, finché spunta il riferimento ai “caroselli equestri” e la risposta si trova nientemeno che nell' Eneide di Virgilio (70-19 a.C.), al Libro V- vv. 772-844.

Il prode Enea, fuggito da Troia, preservato e guidato dagli dei che per la sua stirpe hanno previsto un futuro in terra latina, dopo essersi fermato a Cartagine presso Didone che , abbandonata si immola al fuoco della pira, riprende il mare e con il favore dei venti approda sulle coste della Sicilia dove sa di trovare gente amica. 
Non solo, l'isola accoglie le ceneri del vecchio padre Anchise, per il quale egli indice i giochi rituali di commemorazione. Alla fine c'è un fuori programma, il “ludus troianus”in cui si sfideranno tre “duci “giovanetti: Ascanio- Julo, il nipote di Priamo e Ati, seguiti ognuno da un gruppo di dodici compagni. 
Scatta la mischia che Virgilio paragona al groviglio del labirinto “che si dice in Creta”. Il poeta aggiunge: “questi torniamenti e queste giostre rinnovò poscia Ascanio, allor ch'eresse Alba la lunga...e d'Alba a Roma fur trasportati, e vi son oggi; e come e l'uso e Roma e i giuochi derivati son da' Troiani, hanno or di Troia il nome”.

Sembra che tali giochi fossero stati dopo secoli recuperati e indetti da Giulio Cesare (100-44 a.C.), ma resi consuetudine da Ottaviano (63 a.C.- 14 d.C.).
Possiamo credo ritrovarne ancora tracce nei tornei e nelle “giostre” del Medio Evo tornate di attualità nelle feste di rievocazione storica di varie città
Tutto questo, però, non dà spiegazione della piazzetta fidentina, a meno che si faccia un gioco tra storia e immaginazione e si “veda “la Fidentia Julia di duemila anni fa con l'ingresso occidentale della via Emilia e luogo di transito di merci e di legioni che dalle Gallie e dalla penisola iberica raggiungevano Roma.

È possibile pensare a nuclei di armigeri preposti al controllo del ponte romano e in seguito della porta San Donnino?
È possibile altresì immaginare in prossimità della porta la presenza di un campo, di uno spazio per le esercitazioni militari di cui si sia perso il ricordo, ma non il nome, appunto “troia “?
Fidentia, poi Borgo San Donnino, ha visto sempre nei secoli la presenza di contingenti armati, per essa la storia non è mai stata pacifica...



L'assetto urbano di Fidenza nella sua parte più antica, o meglio, in quello che del passato è rimasto, ha visto sovrapporsi modifiche e “aggiustamenti”, che spesso ne hanno stravolto la primitiva struttura.

Sembra il caso della piazzetta Omati, collocata tra edifici che parlano di interventi in tempi molto diversi. Un palazzo esprime il linguaggio della fortezza per un solido basamento, un cortile interno ed una certa austerità nobiliare: risale alla famiglia Omati, presente a Borgo già dal Cinquecento, proveniente dalla Brianza, che dà il nome allo slargo.

Girando lo sguardo ci si accorge di un edificio, tipicamente scolastico, che parla di tempi molto recenti. A breve distanza, uno spuntone di muro è ciò che resta del vecchio seminario; le bombe nel 1944 hanno devastato questo angolo della città e gli edifici che sulle rovine sono stati ricostruiti parlano in uno stile lineare, pratico e moderno. A completare il contorno di questa piazzetta un edificio dalle caratteristiche tipicamente religiose, sopravvissuto nei secoli ad ogni devastazione, lo vidi la prima volta come magazzino dalle porte sbarrate con tavole di legno...era il 1976.

Si tratta di un vecchio oratorio dedicato a San Giorgio, come altri ve ne erano fin dal Medio Evo, con annesso un “ospitale”, per accogliere i pellegrini diretti a Roma ed in Terrasanta e per assistere coloro che abbisognavano di cure. Erano istituiti da ordini religiosi, protetti e sostenuti da nobili famiglie con lasciti e donazioni e spesso retti da confraternite.

La chiesa e l’ospedale, come risulta dal documento- testamento di Alissia Del Fante, erano già esistenti nel 1367. “La dama lasciò le sue cinture d'argento da trasformare in calici, volle che le fossero celebrate delle messe cantate in tutte le chiese, compresa quella di San Giorgio”. (Aimi- Copelli- Storia di Fidenza- Battei- 1982- pag. 79-80).

Per Borgo era un periodo di pace, di buoni rapporti con i Visconti, soprattutto con Bernabò. La comunità assisteva al fervore con cui si costruiva, si decoravano palazzi, si erigevano le mura a protezione della città con due uniche porte, una ad ovest ed una ad est, per un maggior controllo dei passaggi lungo la via Emilia. Anche la chiesa di San Giorgio veniva decorata con affreschi probabilmente dalle mani di Ioanòlo Caminata, soprannominato Mangiaterra (dalla rapidità con cui eseguiva i suoi lavori).

Dopo circa due secoli, con l'avvento dei Farnese, i duchi Ottavio e Alessandro costruirono una nuova cerchia di mura a sette bastioni, ognuno con il nome di una chiesa. San Giorgio, purtroppo, perse la parte della chiesa verso l'ospedale.

Alla nota 171, pag. 152 del testo sopra citato si riportano le osservazioni a tale proposito del Trecasali che, nella “Cronaca delle cose accadute in B. S. Donnino dall'anno 1574 al 1617” così scriveva:“ Nota come adi (oggi) nelli altri paesi si fabricavano chiese; a casa nostra si gittano giù e questo fu quella di santo Georgio che la mittà verso l'hospitale la gittarono giù “. Neppure le nuove mura ebbero lunga vita, Ranuccio I dovette demolirle... (chinare il capo per “ragion di Stato”, conveniva!)

Queste vicende danno alcune note per comprendere l’aspetto attuale dell'oratorio che nel tempo era caduto nell'abbandono e solo nella seconda metà del secolo scorso divenne oggetto di attenzione. Dalle pagine dell'organo diocesano “Il Risveglio” e della “Gazzetta di Parma''" tra gli anni Settanta ed Ottanta ripetutamente furono inviate sollecitazioni agli amministratori affinché il luogo non fosse lasciato al degrado e all’incuria.

Ora lo possiamo vedere nel rispetto dovuto ad un edificio che fa parte della storia religiosa e civile della città e abbiamo spiegazione di certi “segni”. Gli addentellati di mattoni non sono indicazione di lavori interrotti, ma sono il segno di un troncamento subito dall'edificio nei primi tempi del ducato farnesiano, quando andò perduta l'abside e fu modificato il primitivo orientamento est -ovest, Nel restauro una piccola area ciottolosa, antistante il portale d'ingresso, è circoscritta da un contorno ben evidenziato. Essa non solo rappresenta il sagrato odierno del piccolo tempio, seppur sconsacrato, ma è la traccia della pianta dell’antica abside ora ad ovest.

La scoperta più importante dei volonterosi appassionati che negli anni Settanta si prestarono al recupero dell’edificio resta l'affresco che rappresenta San Giorgio e il drago, testimonianza della bellezza degli affreschi che decoravano l'oratorio e che sono andati perduti. Per alcuni secoli questa importante opera, risalente al tempo di Bernabó Visconti, è rimasta esposta all'azione del tempo, ma ora, dopo la rimozione, è conservata nel Museo Diocesano.
Il ricordo della sua collocazione permane sul lato sud del campanile dove sono ancora visibili tracce di colore...

Sono tanti i “documenti” che, muti, ci circondano. Ogni giorno li sfioriamo con noncuranza, eppure fanno parte della storia cittadina. È il caso di un portale ad arco in cotto di piazza Pontida, che solo l’inconsapevolezza ha permesso fosse “violato” dalla sovrapposizione di cavi elettrici.

Occorre andare a ritroso nella Storia, al 1700, alla fine del ducato dei Farnese per mancanza di discendenti maschili e al successivo ducato dei Borbone.
Dietro quel portale si sviluppava la scuderia ducale per Borgo San Donnino in grado di accogliere cavalli e persone in viaggio, nonché merci in arrivo ed in partenza. Era infatti conosciuta come “la posta” ossia sosta, fermata.


“Capace di quaranta cavalli con Fenile, di Sopra capace di Cento Carra di Fieno, e Rimesse capaci di otto gran Legni (nome generale di qualsiasi cocchio o carro) , con Sopra vari Comodi per Serviggio della medesima”.Così si legge nella planimetria del complesso conservata presso l'Archivio di Stato di Parma.
Si trattava di una importante struttura di valore per il territorio, un “quid” di forza per la parte centrale della città: rocca, piazza grande, municipio, piazza e convento di San Giovanni di cui è ancora riconoscibile una parte del chiostro, come da certe posizioni si può individuare tra i tetti la parte centrale della scuderia, più elevata.
Marisa Guidorzi

29 dicembre 2022



5 commenti:

  1. Bravissima! Grazie.
    Buon Anno a lei ed a tutti.

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  2. È bello che queste notizie vengano divulgate, che il nostro passato venga divulgato.

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  3. Grazie anche per le notizie sul molino di Chierici. A questo proposito sa se ci sono notizie sul canale degli Otto Mulini e sui corsi d'acqua che traversavano Fidenza come Venzola e Bergnola o la lambivano come La Bionda?

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    1. Per il Canale Otto Mulini si ha l'ottimo studio di Vittorio Chiapponi su Quaderni Fidentini - Buragh Du -, Per il resto articoli sporadici pubblicati da "il Risveglio" in annate ormai lontane. Nessun lavoro organico quindi.

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