Santa Margherita da Cortona
in una tela nella chiesa parrocchiale di Roncole Verdi
Alla regola di san Francesco, che celebra quest’anno il suo ottavo centenario, ci colleghiamo ancora idealmente con un quadro parrocchiale di Roncole Verdi, dipinto nel 1757 dal pittore bussetano Pietro Balestra (1711-1789). L’impronta francescana delle origini è data dalla presenza di sant’Antonio di Padova, santo popolarissimo anche dalle nostre parti, che san Francesco ammirava per la sua dottrina al punto di chiamarlo scherzosamente “mio vescovo”. Accanto a sant’Antonio, rappresentato come vuole la tradizione con il giglio della purezza e i lineamenti delicati quasi femminei, è facilmente riconoscibile santa Margherita da Cortona (1247-1297).
Lo sguardo della giovane santa è rivolto al cielo ove compare l’ Immacolata. Ai lati della Vergine, le figure di san Rocco (con la pellegrina, il bordone, la piaga sulla gamba, ma non il cane, forse perché ritenuto incompatibile con le nuvole del paradiso) e san Sebastiano (con la palma del martirio e le frecce) ripropongono lo stesso schema devozionale che ritroviamo negli affreschi cinquecenteschi della parete di fondo della navata di destra.
Sul piano, tra i due seguaci di san Francesco, si distende l’orizzonte piatto della campagna, ove spicca in bella evidenza la sobria architettura seicentesca della antica chiesa di Roncole. Come si può vedere, essa non ha subito da allora alcun sostanziale mutamento.
Chiesa parrocchiale di Roncole Verdi (Diocesi di Fidenza) |
Margherita indossa il saio marrone, cintato dal cordone a tre nodi, che richiama il suo status di terziaria francescana. Le tiene compagnia un piccolo spaniel, il fedele cagnolino costantemente ritratto nelle immagini della patrona di Cortona, figura di primissimo piano nella storia del francescanesimo. Se pensiamo a san Rocco, san Domenico, san Bernardo e ad altri santi agostani, ma anche a sant’Uberto e al nostro san Donnino, dobbiamo riconoscere che il cane compare spesso a fianco dei santi. Nel caso di Margherita, esso ricorda il drammatico epilogo di una travolgente passione amorosa e l’inizio della radicale conversione che ha portato la giovane donna alla gloria degli altari. Il suo confessore e primo biografo, fra Giunta Bevagnate, racconta di lei, ancora giovanissima, che abbandona la casa paterna; della lunga convivenza con Arsenio di Montepulciano e la tragica fine di quest’ultimo, probabilmente assassinato durante una battuta di caccia. Fu il cagnolino a condurre Margherita alla scoperta del cadavere dell’amato. Cacciata impietosamente dalla casa del convivente insieme al bambino nato dalla relazione con Arsenio, rifiutata dalla propria famiglia, Margherita pur trovandosi in grave difficoltà, provvede a crescere ed educare il figlio (che si farà poi francescano) e a dedicarsi al servizio del prossimo. Respinta in un primo tempo dal convento dei frati perché giudicata troppo bella e giovane, e ritenuta quindi incostante, verrà in seguito accolta fra i terziari dando vita, con l’aiuto di nobili famiglie cortonesi, ad un piccolo ospedale per assistere le partorienti e le donne bisognose. Ma è soprattutto, la sua straordinaria esperienza spirituale di convertita a rendere esemplare la figura di Margherita, definita “Terza luce dell’Ordine Francescano” da Gesù stesso che la privilegiava con visioni e frequenti dialoghi interiori: “…Francesco è la prima luce nell’Ordine dei Minori, Chiara la seconda luce nell’Ordine delle Monache, e tu la terza luce nell’Ordine dei Penitenti”.
L’immagine che ci fornisce Pietro Balestra è improntata a una grazia di luminosa dolcezza, frutto di effetti lampeggianti e ben calibrati. Ma al di la dell’affettato linguaggio tardo barocco e delle convenzioni simboliche, ciò che emerge dalla storia di Margherita è l’ estrema attualità di una testimonianza non estranea alle problematiche e agli stili di vita dei nostri giorni. Penitente per antonomasia, è ancora Gesù che, dopo averle concesso l’esperienza mistica, ma reale, della passione, le dice: “Io ti ho fatto specchio per i peccatori, anche se ostinati, perché per mezzo tuo conoscano quanto volentieri io concedo loro la mia misericordia perché si salvino”.
Definita come una seconda Maria Maddalena, condivide con essa il grande trasporto amoroso verso il crocifisso, per cui spesso, come nella vicina chiesa dei frati di Busseto, è effigiata in atteggiamento devoto con la croce in mano.
Elegantissimo, ma decisamente irreale nel suo procedere quasi a passo di danza, è invece l’Arcangelo san Michele, patrono della chiesa di Roncole, che lo stesso Balestra ha rappresentato nel quadro del coro, nell’atto di calpestare il demonio. Anche quest’opera, datata 1741, si impone per l’inconfondibile stile guizzante e vaporoso, sapientemente distillato dal fidentino Giovanbattista Tagliasacchi e dal nordico Ignazio Stern, di cui il pittore bussetano era ritenuto convinto ammiratore.
Guglielmo Ponzi
(Dal settimanale diocesano il Risveglio)
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