Il pavimento della cattedrale fu rifatto attorno la metà del 1800 in modo molto discutibile inadatto al luogo. Non a caso coincide con altre modifiche di cattivo gusto quali la decorazione delle tre navate dovuta allo scenografo ed ornatista Gerolamo Magnani e il ripristino di una cappella a destra della crociera della Cripta. Ricordiamo comunque che interventi pesanti hanno interessato la cattedrale anche in anni relativamente recenti.
Della pavimentazione precedente in arenaria non si conserva nulla e probabilmente alcune parti sono state riutilizzate nella parte lastricata del sagrato del duomo. Quel che è stato riprodotto fedelmente nella nuova pavimentazione è invece l'intarsio marmoreo nella navata centrale.
Sul significato e la lettura di questi intarsi si è soffermato il compianto studioso concittadino Vito Ghizzoni in un saggio pubblicato nel 1976 su Conoscenza religiosa, una prestigiosa serie di quaderni curata da Elémire Zolla, con il titolo "Simboli e misteri nella cattedrale di S. Donnino". Si tratta di un approccio diverso da quelli puramente descrittivi cui siamo abituati. Lo riproponiamo nelle sue parti principali.
La rosa-croce pallavicinia
Un quinconce, ossia cinque quadrati disposti come in una scacchiera (stemma della famiglia obertengo-palavicinia) nella prima chiave di volta della navata maggiore, un intarsio marmoreo nel pavimento della medesima (a perpendicolo sotto il quinconce stesso) e un altro uguale intarsio, posto sotto la seconda chiave di volta. [Un terzo intarsio, che doveva trovarsi sotto la terza chiave di volta, è -con tutta probabilità- scomparso quando, nel 1568, fu allungato il presbiterio e lo scalone di accesso al presbiterio stesso debordò a tal punto da coprire l'ultima parte della pavimentazione nella navata centrale].
Elementi che sono stati considerati finora come puramente decorativi, ma si sono rivelati invece, ad una attenta considerazione, quasi una «summa» di significati esoterici: segno ed immagine della cultura ducentesca, che sapeva unire l'armonia aritmo-geometrica a quella artistica, mentre attribuiva ai simboli una sorta di potere magico evocativo.
Nella figurazione dell'intarsio noi possiamo, infatti, vedere: un quinconce palavicinio (stemma della famiglia regnante in Borgo quando fu costruita la cattedrale, e cioè in un arco di tempo che va, probabilmente, dalla fine del secolo XII alla seconda metà del secolo XIII), iscritto in una croce greca (che forma una sorta di X, quasi un moto rotorio a diagonale sugli assi dell'altra croce greca leggibile nel quinconce stesso), iscritta, a sua volta, in un ottagono irregolare; questo ha la proprietà di avere i lati minori coincidenti con quelli dei quadrati disposti a scacchiera intorno all'ottagono, la cui diagonale coincide, a sua volta, con i lati maggiori; gli assi del suddetto ottagono sono - alla stessa maniera di prima - disposti in moto rotatorio rispetto a quelli della croce greca.
E possiamo considerare: il ritmo ternario (per la triplice ripartizione orizzontale e verticale), espresso nel quinconce e nella croce sovrapposta, il ritmo quaternario nei quadrati inscriventi gli scacchi del quinconce, e i bracci della croce greca e i lati maggiori dell'ottagono.
Ma se per gli uomini del Medio Evo, secondo una tradizione pitagorica, il quadrato è simbolo di perfezione e di giustizia, il cinque di fecondità, l'otto di amore e di giustizia, ecco i primi significati attribuibili alla figurazione. Che sembra tuttavia esprimere la simbologia del cinque, ritenuto, fra i numeri cosiddetti «perfetti», uno dei più significativi.
Ora l'E può significare tanto «Tu sei» (cioè riconoscere la divinità) quanto «5», cioè il numero «nuziale », esprimente la quintessenza o «quinta essentia ». Sta in antitesi al «Tu sei» l'altro ammonimento: «Conosci te stesso », ma in modo che tra i due c'è consonanza: l'uno è una esclamazione rivolta con sgomento e riverenza al dio che esiste eternamente, l'altro è per il mortale un memento della sua natura e debolezza. « Quinta essentia », cioè: Aurum potabile, acqua permanens, vinum ardens, elixir vita e, solutio, coelum (Zolla). E quindi la possibilità dell'unione del pari con il dispari (2+3), dell'elemento maschile con il femminile, del finito con l'infinito, del pianeta con le stelle.
D'altra parte non mi sembra azzardato pensare che il quinconce sia disposto (e voglia esserlo) come una X (prima lettera del nome Cristo in lingua greca) e la X, nella tradizione platonico-cristiana, è simbolo del Verbo. Del Verbo e della Croce insieme, e, probabilmente, di quella «duplice Croce» cosmica di cui parla Jean Daniélou7 assai cara ad un'antica tradizione, se oltre al quinconce, si considera l'intera figurazione dell'intarsio.
Gli otto bracci della duplice croce e i lati dell'ottagono ricondurrebbero cosi alla simbologia del numero 8: numero delle Beatitudini Evangeliche e della Beatitudine, numero dell'armonia perfetta, numero sia degli elementi sia del corpo e degli stati d'animo secondo le Upanisad (v. Zolla).
Ma c'è di più: nelle cattedrali gotiche di Francia (come Reims, Chartres, Amiens) si trovano o si trovavano nei pavimenti i cosiddetti « Labirinti », ossia intarsi marmorei sui quali i fedeli si soffermavano a recitare speciali preghiere: simbolo non solo del pellegrinaggio terreno verso Gerusalemme, ma anche del pellegrinaggio spirituale verso la salvezza eterna.
Gli intarsi della cattedrale di Fidenza sembrano dunque analoghi a questi labirinti.
Ecco perché chiamerei Rosa-croce pallavicinia l'intarsio, date le sue analogie con altri simboli dei Rosa-Croce. Rosa perché è un fiore geometrico, Croce perché si unifica nella Croce e nella X simbolo di Cristo.
Vito Ghizzoni,
Simboli e misteri nella cattedrale di S. Donnino (I)
Conoscenza religiosa n° 4-1976-pp.117
Caro Ambrogio,
si dice che il primo quinconce del pavimento del duomo è posizionato a perpendicolo con la croce di volta e anche sul Risveglio è comparso l'anno scorso un altro articolo con la stessa affermazione.
Se per posizione a perpendicolo intendiamo qualcosa di approssimativo, con una imprecisione di 30-40 cm, allora sono d'accordo.
La foto mostra il primo quinconce del pavimento e sullo sfondo il pilastro, il cui asse centrale è esattamente allineato con la chiave di volta (per ovvii motivi costruttivi): si nota facilmente la non corrispondenza dell'asse del pilastro col centro del quinconce.
Un caro saluto da Pignolo
Caro prof. Ghizzoni! Mi seguì anche lui durante la stesura della mia tesi. Lo ricordo sempre con stima e affetto. Giusto il commento a seguire, mi pare
RispondiEliminaRicordo con molto piacere l'articolo - che non saprei comunque ripetere - e il sommo prof. Vito Ghizzoni, un pozzo di sapienza tradotta con grande umiltà, che ho avuto la fortuna e l'onore di conoscere.
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