La nota che segue è un articolo pubblicato il 15 marzo 1952 sul settimanale diocesano "Il Risveglio". Narra una vicenda che ha trovato il suo epilogo il suo giorno 14 del mese di febbraio 1952, qui, a due passi da noi, ma che è iniziata nei tragici anni di guerra nei pressi di Gorizia a Ranziano oggi in territorio sloveno col nome di Renče.
E' la storia di una bambina e della sua famiglia che, come dice il titolo dell'articolo, ha subito la violenza della guerra. La tragica morte della madre rimanda immediatamente alla epurazione violenta attuata dalle forze partigiane di Tito nei riguardi delle popolazioni istriane e dalmate di origine italiana.
Per queste vicende è stata fissata la ricorrenza del "Giorno del Ricordo" che si celebra il 10 febbraio.
Per queste vicende è stata fissata la ricorrenza del "Giorno del Ricordo" che si celebra il 10 febbraio.
Questa ricorrenza noi la vogliamo celebrare riproponendo questo testimone fragile.
"Ha conosciuto l'inferno di Tito l'angelo stroncato da un immenso dolore"
Anna Maria nacque a Gradischella di Ranziano (Gorizia) il 14 settembre 1938. Il babbo, Angelo Felloni, al servizio di S.A.R. Il Duca di Savoia, al Castello di Miramare, e la mamma, Galli Olga educarono il cuore della piccola ad una squisita bontà.
Quando, scoppiata la guerra (1940-45) il padre, seguendo il Duca d'Aosta rimase prigioniero in Africa, la mamma con la piccola Anna Maria trovò ospitalità presso i genitori. Ma sarà questa la prima grande tappa del suo doloroso Calvario. Le soldatesche di Tito invadono la zona; portano la strage tra quelle popolazioni e rimane vittima anche la Signora Olga Galli, barbaramente trucidata con la sorella ed i genitori. La piccola viene raccolta da anime pietose che amorosamente la assistono.
La notizia della strage giunse a conoscenza dei famigliari del Felloni soltanto dopo quattro mesi e subito partirono per rintracciare la bambina. Questa, intanto, era fatta peregrinare di casa in casa per timore che fosse scoperta dai soldati di Tito. Finalmente venne rintracciata con la sua vecchia cameriera, dalla quale abbiamo appreso le notizia riferite.
Venne così tra noi. Le cure premurose e come materne della zia Felloni Maria parvero farle dimenticare gli orrori vissuti. Suo grande desiderio e continua preoccupazione: rivedere l'amato padre e potergli raccontare -come raccontava a noi- la dolorosa e straziante scena di quella notte terribile che vide trucidata la mamma, “dopo averla fatto tanto piangere”.
Giunse finalmente quel gioioso ma straziante giorno; il 25 marzo 1946 tornò il suo papà. Se grande fu la gioia del padre nel riabbracciare la sua creatura -aveva ormai dieci anni-, altrettanto immenso fu lo strazio al sentire della morte della consorte. Strazio e dolore che sebbene sorretti dalla fede e confortati dalle parole e dalla vista della piccola Anna Maria, aprirono in lui ugualmente ed inesorabilmente una piaga insanabile. Minato nella salute dalla lunga prigionia e oppresso continuamente dalla considerazione della fine della sua Olga, il 26 febbraio 1949, doveva miseramente finire i suoi giorni.
Così Anna Maria era orfana del padre e della madre! Una forza veramente sovrumana parve allora reggere il suo piccolo cuore. Come era buona, serena, docile e gentile! La sua Delegata la ricorda una delle più assidue e generose fra le Beniamine prima e poi fra le Aspiranti di Azione Cattolica. Ma tanto dolore aveva inciso fortemente sulla sua salute.
Era appena, infatti, con immensa sua gioia, entrata nel Collegio di Vigheffio, che una terribile malattia stroncava la sua promettente vita. A nulla valsero le indefesse cure prodigatele. Il verdetto della scienza fu inesorabile. Ma anche sul letto del dolore -a testimonianza della zia e dei medici curanti- mai una parole di lamento per i suoi dolori. Anzi, amava, dotata di una bellissima voce, cantare gli inni imparati nella sua sezione Aspiranti commuovendo quanti la attorniavano! Conscia della sua fine, guardando il cielo ripeteva: “Così andrò con mamma e papà”; e richiamava la zia quando la sorprendeva a piangere.
Riportata nella sua casa di San Vittore, salutò tutti affabilmente e col sorriso sulle labbra spirò il 14 febbraio 1952.
Commovente e devoto omaggio alla sua bontà furono i funerali: fiori, tantissimi fiori ricoprivano il tenero corpicino, vittima innocente della cattiveria degli uomini!
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15 marzo 1952
"La Repubblica riconosce il 10 febbraio quale "Giorno del ricordo" al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale. .......................... " (legge 30 marzo 2004 n. 92) |
Ambrogio, a costo di sembrare sempre il bastian contrario delle situazioni, io vorrei ricordare che la barbarie dei titini era una conseguenza "normale" e fatale di quanto avevano perpetrato le nostre truppe in Slovenia e dei soprusi sofferti da quelle popolazioni sotto la Serenissima Repubblica di Venezia, per secoli. In Slovenia, le nostre truppe, a volte, erano peggio dei tedeschi, tant'è che questi ultimi erano intervenuti, presso gli alti comandi italiani locali, per invitarli ad una maggiore calma, per non innescare poi rappresaglie da parte dgli sloveni contro le truppe di occupazione. Noi non abbiamo mai consegnato i nostri generali criminali a Tito, ne abbiamo nascosto le gesta gloriose negli armadi della vergogna, e Tito se l'è legata al dito, giustamente. E' per questi motivi che non abbiamo mai osato pretendre troppo circa la restituzione dell'Istria e ci siamo accontentati di Trieste e dintorni. Voglio vedere se queste faccende verranno anche solo accennate,in Consiglio Comunale, sia dalla Destra che dalla Sinistra. Scommettiamo?
RispondiEliminaFranco tu sai che quel che dici non giustifica nulla, tu sai che chi aveva responsabilità e i così detti "regnicoli" se l'erano già svignata, tu sai chi rimase, fascisti non fascisti?, solo a quel punto dei civili, sai che molti eccidi avvennero a guerra finita, tu sai perché si ordinò l'espulsione degli italiani o la loro eliminazione. Ed allora perché parli di "Serenissima Repubblica di Venezia" e di un Tito che "se l'è legata al dito"?
RispondiEliminaHai conosciuto qualcuno che ha dovuto lasciare la sua terra? Erano forse peggiori di me e di te?
Da quanto sentii raccontare da una profuga istriana, 40 anni fa, a La Spezia, furono ben più infami, con gli esuli, i trinariciuti di allora, come a Bologna, dove impedirono agli istriani di scendere a prendere acqua. Comunque, Ambrogio, non ti manca certo la capacità di informarti sulle imprese criminali dei generali Orlando, Roatta, Robotti, Ambrosio e Grazioli. Chi rimase in Istria e a Trieste, pagò per loro, e nessuna Norimberga ci fu, qui da noi. Però, lunedì, in Consiglio Comunale, voglio vedere chi citerà i nostri criminali militari e quanto perpetrarono in Slovenia. Interverrebbero subito i CC, facenti parte, anche loro, delle forze armate, a proteggere il buon nome del nostro esercito, nei secoli non fedele, ma stragista, come nel Sud dell'Italia, dal 1861 al 1865, nel 1898 a Milano, in Libia, in Somalia, durante la rivolta dei Boxers in Cina, in Etiopia, con lanciafiamme ed yprite sulle faccette nere ed i loro uomini.
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