Lunedì 18 dicembre ’44, in una mattina fredda e visitata dalla neve, lungo la via Emilia all’altezza di Coduro nei pressi di Fidenza, giaceva il corpo senza vita di Renato Guatelli. Era da poco finito il breve combattimento innescato da una imboscata di un gruppo di partigiani del Distaccamento Barabaschi della 31ª Brigata Garibaldi Forni ad un convoglio germanico di autocarri proveniente da Parma.
Renato aveva poco più di vent’anni e voglia di vivere, tanta da contagiare chi lo conosceva, amava la sua terra e la sua famiglia, il suo nome di battaglia era Buff. Le circostanze della sua morte violenta emergono incerte dai racconti dei compagni. Il risultato dell’azione ed i danni effettivamente arrecati al nemico non sono determinabili con certezza, ma questo è normale quando l’attacco si conclude con una più o meno rapida ritirata.
Rocco Melegari nel suo libro “Vite ritrovate” ha raccolto lacerti di memorie e ricostruito, per quanto possibile, i fatti di quella notte. Ha descritto il contesto storico di quegli anni e ha cercato di darci l’immagine più fedele possibile di un ragazzo di 20 anni ucciso quel lunedì di dicembre una settimana prima del Natale. Un triste, tristissimo natale per tutti quello del 1944!
Non è il caso di riassumere il libro o di recensirlo, meglio suggerirne la lettura. Vi assicuro che la scorrevole prosa sfoglierà per voi le pagine.
Vorrei solo lasciare qualche annotazione che suoni come semplice sottolineatura, non di più. Nel libro si documentano i fatti senza nascondere la lacunosità dei racconti e le evidenti contraddizioni dei testimoni. Una cosa è evidente: l’improvvisazione strategica e l’impreparazione tattica dell’azione.
Quegli interrogativi che ci accompagnano da più di settant’anni sono ancora senza risposta ed il libro giustamente non trae incerte conclusioni da aggiungere alle altre accumulate nel tempo.
Pietà vuole che il nome dell’imboscato con la “ballerina”, l’arma che avrebbe fatto la differenza, non sia scritto; come d’altra parte comprensione dobbiamo avere per le accennate contraddizioni dei compagni di Buff.
Resta tutta l’amarezza di un sacrificio che non ha trovato che modesto ristoro dalla concessione della Medaglia d’Oro al Valore che porta la seguente motivazione:
"Entrava nelle formazioni partigiane operanti nella zona portandovi il suo giovanile entusiasmo ed elevata fede, riveIando nelle numerose azioni cui partecipava preclari qualità di combattente, di capo e di animatore. Nel corso di un ardito attacco contro un'autocolonna nemica in transito da lui effettuato al comando di una squadra, teneva bravamente testa a preponderanti forze avversarie, infliggendo loro notevoli perdite. Rimasto gravemente ferito dalla reazione avversaria, ai commilitoni accorsi per soccorrerlo porgeva la sua arma dicendo loro di porla al sicuro e poi di pensare a lui. Colpito da un’altra raffica immolava la sua giovane esistenza alla causa della libertà della Patria." (Decreto Presidenziale del 13 ottobre 1969)
Quel giorno di dicembre un altro nostro concittadino Don Stringhini, parroco di Coduro, accorso in fretta fu l’ultimo a vederlo riverso ai lati della strada e poté benedirne il corpo. Rischiò per questo, ma lo farà anche in un’altra tragica occasione tre mesi dopo.
Ambrogio Ponzi
La proposta per la concessione della Medaglia d'Oro |
Renato Guatelli "Buff"
(Borgo San Donnino, 3 gennaio 1923 – Coduro di Fidenza, 18 dicembre 1944)
Dopo la licenza di Avviamento professionale, Renato Guatelli venne chiamato alle armi, costretto a partire dal famoso bando Graziani dell'8 marzo 1944 e assegnato al deposito del 12º Reggimento bersaglieri di Reggio Emilia. Il giorno dell'arruolamento, insieme ad altri giovani, sfilò per protesta nella piazza principale di Fidenza, suonando al clarinetto Bandiera rossa e L'Internazionale, coinvolgendo i cittadini senza che i fascisti potessero intervenire.[1]
Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, si diede alla macchia entrando tra le file della resistenza operando con i partigiani della 31ª Brigata Garibaldi "Forni" nel territorio parmense della Val Ceno.
Fece parte del distaccamento "Barabaschi" che agiva principalmente sulla Via Emilia, arteria di comunicazione e rifornimento della Linea gotica, e grazie al valore dimostrato venne nominato comandante di squadra. Il 18 dicembre 1944 partecipò con la "Barabaschi" all'attacco di un'autocolonna nemica in transito nelle vicinanze di Fidenza. Gravemente ferito nell'azione, prima di morire colpito da un'ultima raffica tedesca, consegnò il Bren ai compagni chiedendo che lo mettessero al sicuro prima di aiutare lui.
Gli fu conferita la Medaglia d'oro al valor militare alla memoria con Decreto Presidenziale del 13 ottobre 1969.
Il libro
"Vite ritrovate - Renato Guatelli"di Rocco Melegari
Ambrogio, è importante ricordare e far sapere ai più giovani che "Guatelli" non è solo il nome della nostra bella piscina, ma è quello di un ragazzo coraggioso che è morto, ucciso, a vent'anni.
RispondiEliminaIn tutti quelli che l'hanno conosciuto ha lasciato un segno. Tutti i suoi compagni e amici lo hanno ricordato sempre: anche dopo tanti anni dalla sua morte parlavano di lui come fosse ancora presente fra loro. Il comandante Farfallino citava quella notte maledetta con un celato rimorso, si sentiva responsabile, diceva che non sarebbe dovuto succedere. In famiglia, una famiglia allargata, si parlava di lui quotidianamente. Ricordo che i miei nonni, il cui dolore non si attenuò mai, dicevano che è meglio un figlio vivo che un eroe morto.
RispondiEliminaGrazie.
RispondiEliminaAvevo letto la sua storia: Salvate il Bren! Gridato ai suoi compagni!
RispondiEliminaUn eroe fidentino!
Quelle différance!
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