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lunedì 1 febbraio 2021

Gogna mediatica sulle toghe o dovere di informare?



vedi anche precedente articolo:

Vi ricordate i fatti di Bibbiano? L’inchiesta “Angeli e Demoni”?
Quella che portò alla luce una serie di affidi illegali di minorenni sottratti (secondo le accuse) alle legittime famiglie? Quell’inchiesta sfociata in una lunga serie di rinvii a giudizio per amministratori, assistenti sociali e responsabili dei servizi all’infanzia? Quell’inchiesta che non smette mai di riservare sorprese, ultima in ordine di tempo, un avviso di garanzia a un ex giudice onorario del Tribunale dei minori di Bologna?

Ebbene a questa vicenda, è stato dedicato un capitolo (e non poteva essere diversamente) nella relazione del Presidente Vicario della Corte di Appello di Bologna, Roberto Aponte, in occasione dell’apertura dell’anno giudiziario in Emilia- Romagna.
Una pagina su Angeli e Demoni” per dire cosa? Magari per chiedere scusa se qualcosa nel sistema della giustizia minorile ha fatto cilecca? O piuttosto per dire cari signori, anche se c’è stata una piccola falla, la nave non affonda perché tutto il resto è sano?

No, niente di tutto questo.

Quarantaquattro righe per dire sostanzialmente che “il lavoro di tutti i magistrati dell’Ufficio (Tribunale dei minori – ndr) è stato fortemente e negativamente condizionato in termini di delegittimazione dai riflessi riverberati dalle deprecabili fughe di notizie… nonché da una vera e propria strumentalizzazione, ad opera di gran parte dei media, dell’inchiesta”.

Insomma cari colleghi, voi che avete passato notti in bianco per spulciare le carte di questa terribile vicenda, voi che vi siete letta e riletta la Carta di Treviso tenendo a mente che “in tutte le azioni riguardanti i minori deve costituire oggetto di primaria considerazione il maggiore interesse del bambino e che perciò tutti gli altri interessi devono essere a questo sacrificati”, cari colleghi dunque il problema non è che in Val d’Enza qualcosa non abbia funzionato. Il problema sta invece, secondo quanto si legge nella relazione, nella “deprecabile fuga di notizie”.

Ancora una volta sembra di assistere alla solita vecchia storia: “quando non sai a chi sparare prendi la mira su un giornalista che tanto nessuno si lamenta”.
Ma siamo proprio sicuri che la causa di tutti i mali siano alcuni giornalisti che hanno narrato gli episodi di brutalità contro ragazzini inermi? Ma quale giornalista venuto a conoscenza dei fatti di Bibbiano avrebbe potuto tacere la notizia?

Tre procure, non i giornalisti, hanno aperto i procedimenti. Cosa avremmo dovuto fare: non dire nulla, contravvenendo così ai principi fondamentali della nostra professione?
Una tirata d’orecchie che la nostra categoria in questo caso non merita proprio, anche perché non bisogna confondere la polemica politica che è scaturita su Bibbiano con i fatti rigorosi di cronaca riportati dai colleghi: nessuna notizia di questa vicenda è stata ad oggi rettificata.

Queste notizie mai smentite, riportate dai media, avrebbero potuto costituire l’occasione per aprire un serio confronto tra tutti gli attori coinvolti: politica, istituzioni, magistratura, servizi sociali. Un confronto aperto che l’OdG dell’Emilia- Romagna auspica si possa tenere come momento di crescita culturale e professionale per tutta la categoria.

Alla luce di quanto è accaduto non sarebbe dunque forse meglio per la Magistratura
“dotarsi di un bagaglio sempre più approfondito di conoscenze non solo di natura strettamente giuridica, perché solo la capacità di valutazione acquisita mediante una formazione multidisciplinare può evitare il sospetto di un appiattimento della giurisdizione su valutazioni esterne dei servizi o degli ausiliari… per combattere il messaggio volto a dipingere il Tribunale per i Minorenni come uno strumento cieco, condizionato da chi vuole solo togliere i figli ai genitori”.
E questo non è il suggerimento di un giornalista, ma lo afferma lo stesso Presidente Vicario della Corte di Appello di Bologna. Su questo punto siamo d’accordo. E allora ognuno cerchi di migliorare, con umiltà, nella propria professione.

Antonio Boschi
(1 febbraio 2021)




1 commento:

  1. Io non ho nessuna fiducia nella nostra magistratura, avrei un terrore profondo a dover entrare in un aula. di tribunale, specie da innocente. Ricordo ancora, dopo decenni, le parole di Platon Karataev, in Guerra e pace: Dove è un tribunale, ivi è l’ingiustizia.
    E anche la scena finale di La libertà, del Verga, dove i paesani di Bronte attendono la loro sentenza, da una schiera di giudici algidi dietro le gelide lenti dei loro occhiali.
    Chi ragiono solo a colpi di leggi e leggine, manca di ogni senso di umanità. Ci fu uno condannato per furto con scasso, perché aveva aperto un sacchetto di pane, per mettersene uno in tasca. Aveva solo fame.

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