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Il ponte della memoria
LA STORIA DEL SOLDATO MARIO GORRERI
LA GAVETTA TORNATA DALLA RUSSIA 79 ANNI DOPO
La famiglia del Belgorod che lo salvò nel 1942 al fronte si è messa in contatto con l’Istituto Italiano di Cultura a Mosca. Dopo nove mesi di ricerche, il 4 febbraio parlerà per la prima volta con gli eredi del militare italiano.
Mario Gorreri poco più che trentenne nell’estate del 1942 viene mandato sul fronte russo assieme a centinaia di migliaia di altri italiani a combattere una guerra decisa a tavolino dal dittatore Benito Mussolini.
Gorreri è un fidentino appassionato di motori, che della Russia non sa niente. È un autiere esperto, capace di guidare per ore e ore nell’immensa pianura orientale seduto nella cabina di un camion carico di rifornimenti per i soldati dell’Armata Italiana in Russia.
Viaggio dopo viaggio nel cassone del suo mezzo pesante trovano posto armi, ricambi, cibo, uomini. La propaganda fascista dice che in Russia è in gioco il futuro dell’Europa, che la belva bolscevica sta per essere annientata e che l’Italia deve dare il proprio contributo allo sforzo tedesco. Dice anche che tutto finirà bene e che in pochi mesi la campagna orientale si concluderà con una vittoria clamorosa.
Nella polvere e nel fango delle immense pianure russe, a 3.000 km di distanza da Fidenza, Mario non immagina che un suo piccolo gesto di riconoscenza, 79 anni dopo quella tragica guerra, servirà a unire Italia e Russia, Fidenza e Mosca. A legare la sua famiglia fidentina con la famiglia russa che lo ha aiutato in circostanze drammatiche.
Il 21 maggio 2020 sulla scrivania del Sindaco di Fidenza Andrea Massari c’è una lettera che arriva da Mosca. L’ha inviata l’Istituto Italiano di Cultura della Federazione Russa.
Si domandano al Sindaco informazioni sul soldato Mario Gorreri.
Di lui non si sa nient’altro che la data di nascita, il reparto d’appartenenza e il nome di Fidenza inciso, assieme agli altri dati, su un gavettino militare che sembra uscito dalle nebbie della storia.
Un povero pezzo di alluminio che la famiglia Gavrik di Belgorod conserva da quando le fu donato proprio da Mario, in segno di gratitudine per essere stato sfamato nei giorni più neri della sua avventura di soldato in Russia.
Nella lettera si dice anche che la famiglia Gavrik vorrebbe conoscere quale sia stato il destino di Mario, e magari incontrare i suoi familiari per restituire loro quel pegno di gratitudine.
Il contributo essenziale alle ricerche arriva dall’Associazione Nazionale Alpini di Parma, con il presidente Roberto Cacialli, e dall’Associazione Nazionale Combattenti e Reduci, cui Mario era iscritto dal 1946.
Dal ruolino militare si apprende che è stato di leva nel ‘35 e poi richiamato nel novembre del ‘40. Sul fronte russo dal 15 luglio del 1942 al 30 novembre dello stesso anno. Pochi giorni prima che il settore italiano fosse sfondato, portando all'isolamento della sesta armata tedesca a Stalingrado. Mario è stato molto fortunato a lasciare la Russia prima della tragedia della ritirata, costata circa 84 mila soldati italiani tra morti, prigionieri e dispersi.
4 FEBBRAIO: L’INCONTRO TRA LA FAMIGLIA GAVRIK E GORRERI GRAZIE AL LAVORO DEL COMUNE E DELL’ISTITUTO ITALIANO DI CULTURA A MOSCA
Il 4 febbraio 2021 sarà una una giornata speciale. L’Istituto Italiano di Cultura ha organizzato un evento in diretta che collegherà Mosca con Fidenza. E soprattutto permetterà ai discendenti della famiglia Gavrik e ai familiari di Mario Gorreri di conoscersi. Dopodiché il gavettino di Mario Gorreri sarà affidato dalla famiglia Gavrik all’Ambasciata d'Italia per il rientro a Fidenza.
Alle ore 13.00 partirà una diretta facebook con traduzione simultanea sulle pagine del Comune di Fidenza e dell’Istituto, che potrà essere seguita da entrambe le comunità.
Da Mosca interverranno Daniela Rizzi, Direttrice dell’Istituto, il Generale Roberto Banacci (addetto militare dell’Ambasciata d’Italia).
Da Fidenza interverranno il Sindaco Massari e Ambrogio Ponzi (Presidente dell’Associazione Nazionale Combattenti e Reduci).
Da Parma saranno collegati il Prefetto Antonio Lucio Garufi e il Presidente dell’Ana, Roberto Cacialli e dall’Università di Chieti-Pescara prenderà la parola la docente Maria Teresa Giusti (professoressa di Storia contemporanea), Ma Soprattutto, si ritroveranno riuniti i sei nipoti diretti di Mario: Oreste, Ermes e Bruno Gorreri, Maria e Miria Valesi, Graziana Bonassera.
“E’ con viva emozione e partecipazione che l’Istituto Italiano di Cultura a Mosca – spiega la Direttrice Rizzi – si appresta ad ospitare la consegna di un cimelio bellico, lasciato in Russia dal soldato italiano Mario Gorreri, da parte dei discendenti della famiglia russa che l’ha aiutato nel lontano 1942 ai discendenti della famiglia d’origine. Testimoniamo, alla presenza (fisica e virtuale) di autorità civili e militari italiane, la memoria di una importante e commovente pagina di un passato doloroso comune all’Italia e alla Russia”.
E’ “profondamente emozionato” Oreste, uno dei nipoti di Mario, medico conosciutissimo a Fidenza. Il 4 febbraio rivolgerà a nome di tutti i suoi un messaggio ai Gavrik. “Siamo commossi e pieni di riconoscenza. La stessa riconoscenza di cui parlava Mario quando ricordava la gente russa che lo aveva generosamente aiutato”, dice.
“Questa è una storia incredibile e commovente – spiega il Sindaco Massari –. Sembra opera di un romanziere ma è invece il frutto di un seme di pace vecchio di 79 anni, che oggi è sbocciato. Una storia che dimostra quanto la solidarietà sia più forte di ogni conflitto e della distruzione che la guerra porta con sé. Un messaggio potente, venuto alla luce grazie alla nobiltà d’animo della famiglia Gavrik e alla passione e alla competenza dell’Istituto Italiano di Cultura a Mosca, ai quali dico grazie, di cuore, per questo dono, unitamente a tutti coloro che hanno reso possibili le ricerche, in particolar modo i presidenti Cacialli e Ponzi”.
Quella di Mario Gorreri è la storia di un reduce e Ambrogio Ponzi, che dell’Associazione dei Reduci è Presidente capace, distilla le parole, come si conviene alle occasioni importanti: “Gorreri era uno dei cinquanta e più fidentini che hanno vissuto l’esperienza bellica in terra di Russia. Siamo abituati a ricordare la storia attraverso gli episodi simbolici, le grandi battaglie, le grandi vittorie e sconfitte. Tendiamo a scordare che invece il mosaico della storia è composto dalle tessere delle singole vite e di episodi come quello accaduto al nostro concittadino Mario".
Io non ho mai capito come tante famiglie russe abbiano potuto generosamente salvare numerosi soldati italiani. Meno feroci dei tedeschi, certamente, ma pur sempre nemici invasori. Ciò sfidando le ire di Stalin per aver aiutato dei nemici. Molti nostri soldati rimasero in Russia e sposarono ragazze del luogo. Ci saranno là figli e nipoti Italo-russi, di cui nulla o quasi sappiamo, dopo 80 anni.
RispondiEliminaFranco Bifani, NON è rimasto nessun soldato italiano , in Russia !Lasciamo perdere le storie romanzate! Quelli che sono rimasti, o c'erano prima della campagna di Russia, e non erano dell'Armir, oppure erano collaborazionisti. Non esiste nessuna documentazione di nessun soldato dell'Armir rimasto la, anche perchè con il regime in corso, le famiglie ospitanti rischiavano il GULAG e la pena di morte. Sono tutte pubblicità inventate nel dopoguerra, anche per non dover riconoscere le pensioni alle famiglie dei dispersi.
EliminaRenzi, è vero, non ci sono documenti certi su chi fosse rimasto. Avevo letto,,roba degli anni ‘60, di qualcuno che era rimasto là, poca gente, per ragioni ideologiche, essendo comunisti o perché avevano disertato dall’ARMIR. Ci sono poi casi, pochi anche quelli, di prole Italo-russa. Bimbi poi sempre discriminati, insieme alle madri, che avevano avuto relazioni con soldati italiani. Comunque, non furono pochi quelli che vennero salvati da morte sicura, nella ritirata, da famiglie russe. Due di loro, milanesi, erano parenti di mio padre. Mi perdoni se ho scritto affermazioni storiche errate, mi assegni pure una penitenza, molto severa, mi raccomando.
EliminaMi scuso, Renza, non Renzi, per carità!
EliminaBella questa storia che sembra un film con il finale che fa scendere una lacrima. Seguiremo con passione lo svolgersi della trama.
RispondiEliminaRiprendo l'ultima frase di Ambrogio che sottolinea una verità: il senso di umanità presente in ogni persona che incontra il prossimo e che si manifesta in gesti di naturale aiuto e soccorso, di per sé tanto semplici quanto importanti.
RispondiEliminaIn fondo la Storia siamo tutti noi, piccoli o grandi che siamo, e ognuno scrive la sua parte dovendo ogni volta scegliere da che parte stare...
Mio padre,Luigi Negri, nato nel 1920 e morto nel 2010, era in Russia nel reparto cavalleria. Era molto restio a raccontare quelle vicende. Però mi ha sempre detto di essere stato salvato da una famiglia russa che aveva frequentato, e che lo aveva fornito di scarponi, guanti, cappello e indumenti adatti a quelle temperature.
RispondiEliminaAveva una grande stima del popolo russo.
Tutte le famiglie russe che hanno salvato o aiutato soldati italiani sono state forse fucilate o sono finte nei Gulag, compresa quella che ha aiutato Gorreri? Che cos’erano, masochista?
RispondiEliminaMio zio Lino invece è morto nel 42 in Russia e solo nel 1989 ci è stato comunicato che era stato sepolto in una fossa comune. Credo che un cuore lo abbia avuto anche la gente russa in quel periodo.
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