La sera del 14 gennaio del 1858 a Parigi vengono lanciate tre bombe contro la carrozza imperiale di Napoleone III.
La mente dell'attentato è Felice Orsini.
All’inizio del 1858 il primo ministro piemontese Camillo Benso conte di Cavour, dopo aver accresciuto enormemente il prestigio del Regno di Sardegna, sta cercando il decisivo appoggio francese in favore della causa nazionale italiana.
L’imperatore Napoleone III, tuttavia, continua ad essere titubante sull’assumere iniziative ardite. In questa situazione di impasse tra i due paesi è un evento eclatante a modificare il corso degli eventi.
La sera del 14 gennaio del 1858 a Parigi, verso le 20.30, mentre la vettura a cavalli dell’imperatore Napoleone III si arresta davanti all’Opéra, in Rue Lepeletier, si sentono all’improvviso tre forti esplosioni. I vetri della carrozza imperiale vanno in frantumi e si vedono uomini, donne e bambini cadere a terra. I presenti, in preda al panico, fuggono in ogni direzione, mentre a terra rimangono 12 morti e più di centocinquanta feriti.
L’imperatore deve la sua salvezza ad un caso fortuito: nell’istante in cui la vettura imbocca Rue Lepeletier sta parlando con un generale che gli siede di fronte.
Rimasti miracolosamente illesi, Napoleone III e l’imperatrice Eugenia sono accolti da acclamazioni entusiastiche nella sala dell’Opéra.
Poco prima dell’attentato la polizia francese ha arrestato un italiano ricercato da tempo, un toscano di nome Andrea Pieri, trovato con una bomba nascosta nel mantello.
La sua confessione consente quella notte stessa di arrestare gli autori dell’atto terroristico: il romagnolo e mazziniano Felice Orsini, il napoletano Antonio Gomez e il veneto Carlo De Rudio.
La mente dell’attentato è il trentanovenne Felice Orsini; quest’ultimo ha svolto importanti compiti durante la Repubblica romana del 1849 e precedentemente ha preso parte ad altre cospirazioni.
Nell’imperatore dei francesi Orsini vede il principale responsabile della sanguinosa fine della parentesi repubblicana a Roma e la sua morte costituisce per il patriota la premessa necessaria per una sollevazione generale dei popoli europei e di quello italiano.
Subito dopo l’arresto, Orsini si assume tutta la responsabilità della preparazione e dell’esecuzione del piano terroristico.
Alla fine del processo Gomez viene condannato ai lavori forzati; Orsini, Pieri e De Rudio alla pena capitale da eseguire tramite ghigliottina; per l’ultimo la pena verrà commutata ai lavori forzati.
Durante il processo Felice Orsini scrive una prima lettera a Napoleone III in cui chiede all’imperatore di fare qualcosa per la libertà e per l’indipendenza italiana, per evitare il ripetersi di altri gesti sovversivi.
Poco prima di salire sul patibolo Orsini indirizza a Napoleone III una seconda lettera nella quale si congeda dal mondo mostrando il suo pentimento per l’attentato che ha causato la morte di vittime innocenti.
MP
Nessun commento:
Posta un commento